Forum Comunista Internazionalista

Luigi Repossi, 1882-1957

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Bèla Kun
view post Posted on 2/9/2009, 18:30




Luigi Repossi, militante della sinistra comunista e dirigente rivoluzionario

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Il 2 marzo di 50 anni fa, dopo alcuni mesi di ricovero all’Istituto Palazzolo di Milano, moriva Luigi Repossi. Il suo nome è legato a mezzo secolo di attività comunista rivoluzionaria.
Nato a Milano il 2 marzo 1882, il contesto dell’infanzia di Luigino è quello di una miseria nera, sua e del quartiere in cui vive, Porta Ticinese, in via Scaldasole, il che lo spinge ad affacciarsi precocemente “per istinto alla vita politica” 1; Repossi partecipa ai moti del 1898, repressi dalle cannonate di Bava Beccaris, che lasceranno il segno nella sua futura formazione politica. Operaio tornitore, si getta nell’impegno per l’emancipazione proletaria con abnegazione e non risparmiandosi, nonostante il fisico minato dalla TBC; nei comizi, nelle discussioni con gli operai interviene con schiettezza ed efficacia, non disdegnando affatto di parlare in dialetto milanese.
Nominato membro del direttivo del PSI milanese, Repossi si trova accanto un compagno con cui inizia un percorso comune, che porterà entrambi a condividere moltissime battaglie: Bruno Fortichiari. Il congresso di Ancona del 1914 è l’occasione per i due di conoscere da vicino il giovane socialista napoletano Amadeo Bordiga. “Il leone della tribuna, con noi, al tavolo di caffè, si trasformò in un cordiale, allegro, esuberante compagno. Il duetto del napoletano col meneghino di Repossi fu spassoso. Il nostro Gin de Porta Cica (Luigino di Porta Ticinese) conquistò per sempre il sensibile – sotto scorza ruvida – Amadeo.2 Nella federazione milanese, ai due si affianca Mario Lanfranchi, originario di Stradella, altro militante che si caratterizzerà nel sostenere le posizioni della sinistra comunista.
Quando scoppia la prima guerra imperialista Repossi è tra i più attivi nel fronteggiare gli interventisti; dopo gli scontri con questi ultimi nel maggio 1915, denuncia con vigore la politica ambigua e rinunciataria del PSI.
Gli anni del dopoguerra sono tra i più difficili per Repossi, Fortichiari e gli altri compagni rivoluzionari del PSI, stretti come in una morsa; da un lato ci sono i riformisti, sempre pronti a spegnere i fuochi della lotta di classe e naturalmente inclini al tradimento, come dimostreranno nel 1920 con l’occupazione delle fabbriche; dall’altro gli anarchici, di cui a Milano prevale la tendenza individualista, con alcuni di essi che non disdegnano la via degli attentati dinamitardi. I rivoluzionari si trovano fianco a fianco agli anarchici nelle manifestazioni di piazza, e da essi vengono spesso “scavalcati a sinistra”: Repossi, dirigente della FIOM e della Camera del Lavoro milanese, dovrà confrontarsi a più riprese con la combattiva USI.
Nel 1920, quando esplode il movimento dell’occupazione delle fabbriche ed i picchetti di operai armati presidiano gli stabilimenti, Fortichiari, che si trova in Sanatorio in Valtellina, rientra a Milano e trova un Repossi infaticabile (lo descriverà capace di manovrare macchine ed affrontare la forza pubblica, di confondere bellimbusti della Federazione Industriale e di marciare con la «banda del Tron de Dio» di Porta Cica fingendo di suonare la tromba); ma il movimento è “senza testa”, diversamente che in Russia i rivoluzionari non riescono a prendere il sopravvento sui riformisti nella direzione delle masse.
Nel gennaio 1921, al congresso socialista di Livorno, Repossi è tra gli artefici della scissione, passando col PCdI ed entrando nel Comitato Esecutivo (di cui è responsabile del lavoro sindacale) assieme a Bordiga, Greco, Terracini e Fortichiari. Eletto deputato, poi confermato, nel 1924 firma, assieme a Bordiga, Greco e Fortichiari, le tesi della sinistra del PCdI da presentare alla conferenza clandestina che si tiene sulle montagne del comasco il 18 maggio. Nello schema di tesi della sinistra viene analizzata la situazione italiana, dall’affermazione del fascismo alla nascita del Partito, ribadendo la necessità dell’indipendenza politica e di un’azione autonoma di autodifesa proletaria, opponendosi all’equivoca politica dell’IC favorevole al fronte unico con i massimalisti, ribadendo la necessità di escludere i “terzini” dagli organi direttivi del Partito e di lottare contro il fascismo con tutti i mezzi possibili, evitando alleanze ed intese con i partiti borghesi e socialdemocratici. La sinistra, già estromessa dal CC in quanto in disaccordo con Mosca, esce vincente dalle votazioni della conferenza, ma l’azione del centro di Gramsci e Togliatti contro i rivoluzionari va inasprendosi. Dopo l’assassinio di Matteotti, mentre gli altri partiti attuano l’inconcludente tattica dell’Aventino (con l’ambigua posizione di mano tesa del centro del PCdI), Repossi viene inviato il 12 novembre dal Partito a fronteggiare i fascisti alla Camera, solo contro deputati fascisti armati che lo circondano, lo insultano, lo strattonano, lo minacciano mentre legge un coraggioso discorso di accusa al fascismo.
Nell’aprile 1925 a Milano Repossi promuove il Comitato d’Intesa della sinistra con Damen, Fortichiari, Girone, Gullo, Carlo Venegoni, Perrone, Manfredi (Ramazzotti), Lanfranchi, Francesca Grossi; l’8 giugno vi aderirà anche Bordiga. Il tentativo è quello di creare un argine alla degenerazione del Partito. La Centrale risponde accusando la sinistra di frazionismo, applicando misure disciplinari alle federazioni che si non si allineano e minacciando i sinistri di espulsione. A tutto ciò Repossi risponde con una lettera sdegnata a Zinoviev. “Il 20 gennaio 1924 [..] manifestavo il desiderio di non essere ripresentato candidato motivando appunto il mio rifiuto sul fatto che sentivo non essermi possibile ubbidire ad una disciplina che mi portava a compiere atti d’opportunismo di pessima lega e aggiungevo: io sono operaio, la mia cultura è limitata, ma parmi di intravedere che l’Internazionale va troppo a destra; non quindi da ora data il mio dissenso con voi [..] il partito non è altro che un forte gruppo di operai chiedenti una linea precisa d’azione a cui non si dice mai, diretto da una caterva di funzionari preoccupati di ubbidire ai superiori per paura di cadere in disgrazia, non più azioni d’insieme non cervelli pensanti, non passione, non linea, nulla di tutto ciò ma burocrazia e spionaggio fra i compagni e disistima, insinuazioni, ecco cos’è il partito italiano.3 Un solido rapporto con l’avanguardia di classe è l’unica garanzia contro la degenerazione burocratica, sempre in agguato nelle organizzazioni comuniste, ieri (nella controrivoluzione staliniana) come oggi.
Dopo lo scioglimento del Comitato d’Intesa, Repossi viene arrestato, detenuto a San Vittore ed inviato al confino, dove nel 1929 lo raggiunge il provvedimento disciplinare di espulsione dal Partito, ormai saldamente in mano al centro di Gramsci e Togliatti che tre anni prima aveva prevalso al congresso di Lione. La sinistra del Partito è liquidata.
Durante la seconda guerra mondiale l’influenza di Repossi, Fortichiari e Lanfranchi si fa sentire sul giornale «Il Lavoratore» dei fratelli Venegoni, diffuso nell’altomilanese, critico verso la politica del PCI staliniano dopo la svolta di Salerno. Il gruppo legato al giornale, attivissimo nella lotta partigiana, come noto verrà riassorbito dal PCI, che successivamente creerà le condizioni per isolare Mauro Venegoni, fermo su posizioni di sinistra inconciliabili con quelle del PCI, permettendone l’arresto, la tortura e l’uccisione da parte dei fascisti.
Per capire cosa è stato seminato in vent’anni di attacchi e calunnie del centro staliniano contro la sinistra comunista, basti dire che quando Fortichiari e Repossi si mettono “a disposizione anche per andare eventualmente in montagna”, i dirigenti del PCI rispondono loro che non è consigliabile perché “i compagni che sono sulle montagne vi considerano dei traditori. Quando si parla di Bordiga, di Fortichiari e di Repossi rispondono che sono gente da fucilare”.4 Difficile pensare ad uno scrupolo nei loro riguardi (negli stessi mesi gli stalinisti non esitano ad eliminare i due “sinistri” Temistocle Vaccarella e Fausto Atti), quanto piuttosto ad evitarne l’influenza sulle bande partigiane.
Finita la guerra, Repossi e Fortichiari continuano a chiedere ripetutamente di essere ammessi nel PCI reputando di potervi svolgere un lavoro rivoluzionario; le loro richieste vengono ripetutamente esaminate e rinviate; nel frattempo Repossi viene avvicinato da Lelio Basso, socialista, già fondatore del Movimento di Unità Proletaria, che lo convince ad aderire al PSIUP. Forse Fortichiari, che ha resistito alle pressioni di Basso ed a breve verrà riammesso nel PCI, non se l’aspettava. A partire da questo momento l’attività di Repossi entra un poco nell’ombra, gli articoli pubblicati con la sua firma hanno un taglio prettamente sindacale. I suoi ultimi anni di vita li trascorre nell’indigenza.
Scrive Fortichiari dopo la sua morte: “Uomo d’azione, convinto che il proletariato aveva grandi possibilità d’imporsi, egli voleva essere presente. Ostile per natura al frigido burocratismo che s’è imposto al vertice dei partiti, egli si trovava disorientato e ne pativa. La prima paralisi l’ha colto nel momento forse più triste della sua esistenza. La sua fibra aveva esaurito tute le risorse. Un bravo, un generoso rivoluzionario chiudeva in dignitosa povertà una vita di sacrifici durante la quale tutto il meglio di sé aveva donato per la causa della sua classe”.5
L’ultimo saluto a Luigino lo portano i compagni di base comunisti e socialisti, i militanti di Azione Comunista, Battaglia Comunista, Programma Comunista.
Assenti, e non poteva che essere così, i burocrati del PCI.

Alessandro Pellegatta



1. Bruno Fortichiari, Ricordando Luigi Repossi, «Azione Comunista» n. 11, 15.2.1957.

2. Bruno Fortichiari, Antologia di scritti,Reprint Giovane Talpa, pag. 256.

3. Lettera di Repossi a Zinoviev, in La liquidazione della sinistra del PCdI (1925), Edizioni L’Internazionale, pagg. 155-156.

4. Bruno Fortichiari, Comunismo e revisionismo in Italia - Testimonianza di un militante rivoluzionario - Tenerello editore, pagg.176-177

5. Bruno Fortichiari, Ricordando Luigi Repossi, «Azione Comunista» n. 11, 15.2.1957.


fonte: http://www.paginemarxiste.it
 
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