Forum Comunista Internazionalista

Kronstadt e Trotsky.

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Sai89
view post Posted on 29/6/2011, 11:49




La questione di Kronštadt
di Lev Trotsky (1938)

UN NUOVO «FRONTE POPOLARE»

La campagna sulla questione di Kronštadt si sviluppa con vigore in certi ambienti, al punto da far credere che la rivolta di Kronštadt non si sia verificata diciassette anni fa, ma appena ieri. Partecipano alla campagna, con egual zelo e con lo stesso slogan, anarchici, menscevichi russi, socialdemocratici di sinistra del Bureau di Londra, singoli confusionari, il giornale di Miljukov e, per l'occasione, la stampa del grande capitale. Un fronte popolare di nuovo tipo!
Ieri mi č capitato di leggere quanto segue in un settimanale messicano dall'orientamento ad un tempo cattolico, reazionario e «democratico»: «Trotskij ordinň la fucilazione di 1.500 [?] marinai di Kronštadt, il fior fiore della flotta. La sua politica, quando era al potere, non si differenziava dall'attuale politica di Stalin». Č noto che gli anarchici di sinistra giungono alle stesse conclusioni. Quando per la prima volta nella stampa ho risposto brevemente alle domande di Wendelin Thomas, membro della Commissione d'inchiesta di New York, il giornale dei menscevichi russi č immediatamente sceso in campo in difesa dei marinai di Kronštadt e... di Wendelin Thomas (1)
Con lo stesso spirito si č unito alla campagna il giornale di Miljukov, mentre gli anarchici mi attaccano con crescente vigore. Tutti questi proclamano ad alta voce che la mia risposta era assolutamente inadeguata e questa unanimitŕ č tanto piů notevole in quanto gli anarchici difendono, nel simbolo di Kronštadt, un vero comunismo anti-Stato, mentre i menscevichi, al tempo della sollevazione di Kronštadt, erano apertamente per la restaurazione del capitalismo, e Miljukov ancor oggi č un sostenitore del capitalismo.
Come č possibile che la sollevazione di Kronštadt possa provocare una tale ondata di rancore spasmodico fra anarchici, menscevichi e controrivoluzionari «liberali» ad un tempo? La risposta č semplice: tutti questi raggruppamenti hanno interesse a compromettere la sola corrente veramente rivoluzionaria che non ha mai ripudiato la propria bandiera, non č mai scesa a compromessi con il nemico ed č la sola a rappresentare il futuro. Proprio per questo tra i tardivi denunciatori del mio «crimine» di Kronštadt ci sono tanti ex rivoluzionari o mezzi rivoluzionari, gente che ha perso programma e principi e che ritiene necessario stornare l'attenzione dalla degradazione della Seconda Internazionale o dalla perfidia degli anarchici spagnoli. Gli stalinisti invece non possono partecipare apertamente alla campagna su Kronštadt, ma ovviamente si fregano le mani con piacere, poiché i colpi sono diretti contro il «trotskismo», contro il marxismo rivoluzionario, contro la Quarta Internazionale!
Perché questa variegata fraternitŕ si č buttata proprio sulla questione di Kronštadt? Durante gli anni della rivoluzione non poche volte ci siamo scontrati con i cosacchi, con i contadini e anche con certi settori di operai (certi gruppi di operai degli Urali avevano organizzato un reggimento di volontari che faceva parte dell'esercito di Kolčak). Alla radice di questi conflitti in sostanza c'era l'antagonismo fra gli operai, considerati in quanto consumatori, e i contadini, presi come produttori e venditori di prodotti alimentari. Sotto la pressione del bisogno e delle privazioni, gli stessi operai di volta in volta erano divisi in campi ostili, a seconda della forza o della debolezza dei legami che conservavano con le campagne.
L'Armata rossa si č trovata anch'essa sotto l'influenza delle campagne. Durante gli anni della guerra civile piů d'una volta č stato necessario disarmare reggimenti in cui serpeggiava il malcontento. L'introduzione della NEP (nuova politica economica) attenuň le frizioni ma era ben lungi dall'eliminarle. Al contrario, questa politica spianň la strada alla rinascita dei contadini ricchi e condusse, all'inizio del decennio, alla ripresa della guerra civile nelle campagne. La sollevazione di Kronštadt non č stato che un episodio della storia dei rapporti fra proletariato urbano e piccola borghesia delle campagne. Č possibile comprendere questo episodio solo se lo si inquadra nella linea generale di sviluppo della lotta di classe nel corso della rivoluzione.
Kronštadt differiva da tutta una serie di movimenti e di sollevazioni piccolo borghesi solo per il fatto che ebbe grande risonanza all'esterno. In questo caso era in ballo una fortezza della marina sotto la stessa Pietrogrado. Durante la sollevazione furono diramati proclami e furono fatte trasmissioni radio. I socialrivoluzionari e gli anarchici, accorrendo da Pietrogrado, abbellivano l’episodio con frasi e gesti «nobili». Tutto ciň lasciava tracce profonde. Con l'aiuto di questo materiale «documentario» (vale a dire false etichette) non č difficile costruire una leggenda a proposito di Kronštadt, tanto piů esaltante in quanto nel 1917 il nome di Kronštadt era circondato da un alone rivoluzionario. Non a sproposito il settimanale messicano di cui ho parlato chiama ironicamente i marinai di Kronštadt «il fior fiore della flotta».
Lo sfruttamento dell'autoritŕ rivoluzionaria di Kronštadt costituisce una delle caratteristiche di questa campagna da ciarlatani. Anarchici, menscevichi, liberali, reazionari cercano di presentare la questione come se all'inizio del 1921 i bolscevichi avessero volto le armi su quegli stessi marinai di Kronštadt che avevano garantito la vittoria dell'insurrezione di ottobre. Č questo il punto di partenza per tutte le successive falsificazioni. Chiunque desideri mettere a nudo queste menzogne deve innanzi tutto leggere l'articolo del compagno J. G. Wright pubblicato da «The New International» del febbraio 1938. In questa sede voglio limitarmi a descrivere la fisionomia della sollevazione di Kronštadt da un punto di vista piů generale.
Continua.

Trotsky - Ancora su Kronstadt (1938)

Nel mio articolo recente su Kronštadt ho cercato di porre la questione sul piano politico. Vedo ora che molti si interessano al problema della «responsabilitŕ» personale. Souvarine, che da marxista indolente č diventato sicofante esaltato, asserisce nel suo libro su Stalin che nella mia autobiografia ho mantenuto deliberatamente il silenzio sulla ribellione di Kronštadt; si tratta di avvenimenti - dice ironicamente - di cui non ci si vanta. Ciliga, nel suo libro Il paese della menzogna e dell’enigma, riferisce che nella soppressione di Kronštadt io avrei fucilato «piů di diecimila marinai» (dubito che a quei tempi ce ne fossero tanti in tutta la flotta del Baltico). Altri critici si esprimono in questo modo: Sě, obiettivamente la ribellione aveva un carattere controrivoluzionario, ma perché Trotskij ha lanciato una tale spietata repressione nel corso della pacificazione (e - ?) anche dopo?
Non ho mai toccato questa questione e non perché abbia qualche cosa da nascondere ma, al contrario, proprio perché non avevo nulla da dire. La veritŕ č che io personalmente non ho partecipato minimamente alla soppressione della ribellione di Kronštadt, e neanche alla repressione che ha seguito questa soppressione. Ai miei occhi questo fatto non ha nessun significato politico. Facevo parte del governo, e consideravo la soppressione della ribellione come necessaria e quindi ne porto la responsabilitŕ. Solo entro questi limiti ho risposto finora ai miei critici, ma quando i moralisti cominciano ad attaccarmi personalmente, accusandomi di crudeltŕ esacerbata non richiesta dalle circostanze, penso di avere il diritto di dire: «Signori moralisti, voi state mentendo un po'».
La ribellione scoppiň durante il mio soggiorno negli Urali. Venni direttamente a Mosca per il X Congresso del partito. La decisione di sopprimere la ribellione adoperando la forza - se non si fosse riusciti a indurre la fortezza ad arrendersi prima mediante trattative di pace e poi tramite un ultimatum - questa decisione di carattere generale fu presa senza la mia partecipazione diretta; dopo che fu presa questa decisione continuai a restare a Mosca e non presi parte, sia direttamente sia indirettamente, alle operazioni militari. Per ciň che riguarda le repressioni che hanno seguito queste operazioni, erano una cosa che riguardava direttamente la Čeka.
Come mai non andai di persona a Kronštadt? La ragione era di carattere politico. La ribellione era scoppiata durante la discussione sulla cosiddetta questione «dei sindacati». Il lavoro politico a Kronštadt era interamente nelle mani del Comitato di Pietrogrado, alla testa del quale era Zinov'ev. Lo stesso Zinov'ev era il leader instancabile e appassionato nella lotta che nel corso della discussione si era scatenata contro di me. Prima della mia partenza per gli Urali mi trovai a Pietrogrado e parlai a una riunione di marinai comunisti. Lo spirito in generale di questa riunione mi diede una impressione estremamente sfavorevole. Marinai eleganti e ben nutriti, comunisti solamente di nome, mi diedero l'impressione di parassiti rispetto agli operai e agli uomini dell' Armata rossa di quel tempo. Da parte del Comitato di Pietrogrado la campagna era condotta in modo estremamente demagogico. Il personale di comando della flotta era isolato e terrorizzato. La risoluzione di Zinov'ev ricevette forse il 90% dei voti. Ricordo di aver detto a Zinov'ev in quell'occasione: «Tutto va bene qui, fino a che non andrŕ male».
Dopo Zinov'ev venne con me negli Urali e qui ricevette un messaggio urgente che lo informava che a Kronštadt le cose «stavano andando assai male». La stragrande maggioranza dei marinai «comunisti» che appoggiarono la risoluzione di Zinov'ev presero parte alla ribellione. Io ritenni - e l'Ufficio politico non fece obiezioni - che le trattative con i marinai e, in caso di necessitŕ, la loro pacificazione, dovessero essere affidate a quei dirigenti che fino a ieri avevano goduto della fiducia politica di questi stessi marinai, altrimenti i kronštadtiani avrebbero preso la questione come se io avessi voluto «vendicarmi» di loro per il voto che avevano dato contro di me durante la discussione di partito.
Giuste o no, in ogni caso erano esattamente queste le considerazioni che determinarono il mio atteggiamento, e quindi mi estraniai completamente e ostentatamente da questa questione. Per ciň che riguarda la repressione, per quanto ricordi era Dzeržinskij che ne era incaricato personalmente e un tipo come lui non poteva tollerare interferenze da chicchessia nelle sue funzioni, « e aveva assolutamente ragione».
Che ci siano o non ci siano state vittime innocenti, questo non lo so. A tale proposito mi fido di Dzeržinskij piů di quanto possa fidarmi dei suoi critici tardivi. Per mancanza di dati non posso ora decidere, a posteriori, chi avrebbe dovuto essere punito e come. Le conclusioni di Victor Serge a tale proposito - conclusioni di terza mano - non hanno alcun valore per me. Sono perň pronto a riconoscere che la guerra civile non č una scuola di umanesimo. Gli idealisti e i pacifisti hanno sempre accusato di «eccessi», ma il punto principale č che gli «eccessi» scaturiscono dalla natura stessa della rivolu¬zione, che in sé non č altro che un «eccesso» della storia. Chi vuole puň su questa base rifiutare (scrivendo qualche articolo) la rivoluzione in generale. Io non lo faccio. In questo senso mi assumo piena e completa responsabilitŕ per la soppressione della ribellione di Kronštadt.
Coyoacan, 6 luglio 1938.
L. Trotskij

Kronstadt: Trotsky aveva ragione! di A. Kramer.
Per molti anni la stampa capitalista, eruditi professori e analisti borghesi hanno parlato dei “segreti negli archivi sovietici”. Si speculava molto dei “terribili segreti del regime comunista” che alla fine avrebbero confermato il “carattere maligno” del comunismo.
Dopo gli eventi degli ultimi anni ottanta e primi anni novanta, gli storici finalmente hanno potuto accedere agli archivi sovietici. Ci si aspetterebbe un flusso ininterrotto di fatti terribili. In realtŕ i risultati per gli storici borghesi sono stati veramente deludenti. Ovviamente hanno trovato un gran numero di prove che confermano i terribili crimini dello stalinismo. Ma noi non abbiamo mai avuto dubbi su questo. Trotskij e i suoi sostenitori condannarono questi crimini molto prima che qualsiasi archivio fosse accessibile. I sostenitori di Trotskij nell’Unione Sovietica negli anni venti e trenta si sono fatto esperienza personalmente di quei crimini poiché furono i primi a pagare le conseguenze della degenerazione stalinista. Migliaia di loro morirono per mano degli scagnozzi di Stalin.

Quello che gli storici borghesi speravano di trovare era una quantitŕ di prove che essi potevano usare per dimostrare che non c’era differenza tra lo stalinismo e il regime sano di Lenin e Trotskij nel primo periodo dopo la rivoluzione. Ma hanno incontrato seri problemi nel rintracciare documenti che potessero essere usati per screditare i leader della rivoluzione russa, Lenin e Trotskij. La cosa piů difficile da trovare prima erano i documenti riguardanti i leaders dell’opposizione di sinistra. Ora č chiaro a qualsiasi storico il perché. Gli archivi mostrano che questi leaders ebbero un ruolo fondamentale nella rivoluzione russa e nell’instaurazione dello stato sovietico. Durante gli ultimi dieci anni sono state pubblicate parecchie interessanti notizie sui momenti critici della rivoluzione russa. Tra questi ci sono due libri che parlano dei piů tragici atti della rivoluzione russa: la cosiddetta rivolta di Kronstadt.

Non č necessario descrivere ora tutti i dettagli di questo avvenimento conosciuto ai piů. All’inizio di marzo del 1921, in uno dei periodi piů critici dell’esistenza della repubblica sovietica, nella base navale di Kronstadt, vicino Pietrogrado, ci fu un tentativo di golpe militare ai danni del governo sovietico. Il momento critico che l’Unione Sovietica stava attraversando in quel momento obbligň Lenin e Trotskij a risolvere tempestivamente la questione. Dopo aver rifiutato l’ultimatum del governo alla capitolazione, Kronstadt fu invasa e catturata in un secondo attacco. I leaders ribelli fuggirono in Finlandia.

Alla fine degli anni trenta un gruppo di ex trotskisti, incluso Victor Serge, Max Eastman, Souvarine e qualche altro, attaccarono Trotskij per il suo comportamento durante la ribellione. (Ciň facendo Serge contraddisse il suo stesso punto di vista espresso durante la ribellione). Descrissero gli eventi di Kronstadt come la ribellione dei lavoratori e dei marinai contro la “dittatura bolscevica”, e videro l’annientamento dei ribelli come il primo passo verso lo stalinismo. Da allora, questa critica fu ripresa da altri ideologi e propagandisti anticomunisti. Trotskij rispose a queste persone nel suo articolo “Grido d’allarme su Kronstadt” dove analizzň la natura piccolo-borghese del golpe.

Non c’č bisogno di ripetere le ragioni di Trotskij, ognuno (che conosca l’inglese) puň leggere l’articolo. Quel che io voglio fare qui č mettere in risalto alcune delle nuove informazioni pubblicate in questi recenti documenti, una vera e propria raccolta di materiale su Kronstadt.
Continua.
 
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MA07
view post Posted on 19/12/2011, 14:05




Consiglio questo documento scritto dai nostri compagni inglesi della CWO.

http://www.leftcom.org/it/articles/2002-06...ntrorivoluzione
 
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Sai89
view post Posted on 29/1/2012, 11:41




Di Antonio Moscato:

Postilla. Una precisazione sull’uso politico del mito di Kronštadt

Nel gennaio 2004, nel suo intervento al convegno di Venezia sulle Foibe, Bertinotti ha parlato abbastanza a lungo di Kronštadt, usando due volte il termine “massacra-re”, e mettendo sullo stesso piano due vicende e due momenti tra i quali ha fatto un amalgama che non aiuta a capire cosa era successo. Con lui ho polemizzato subito, e da uno dei testi di quel periodo ho stralciato parte di questa nota.
Distinguiamo dunque le due fasi che Bertinotti confonde.

Fase 1: quando al X Congresso del partito comunista russo, riunito tra l’8 e il 16 marzo 1921 per prendere decisioni importantissime come la NEP (Nuova Politica Economica) arrivň la notizia della rivolta dei marinai di Kronštadt, tutti i dirigenti furono presi dal panico.
Contrariamente alla leggenda anarchica (ma ripresa a man bassa da “nuova sini-stra” e nostalgici dello stalinismo) quei marinai non erano gli stessi del 1917, che erano andati a formare il nerbo dell’armata rossa. Erano in maggioranza giovani reclute orgogliose del prestigio del nome delle loro navi, ma che non avevano combattuto la guerra civile, che si combatté lontano da quel forte che controllava l’accesso a Pietrogrado, e non avevano una formazione politica o tradizioni rivolu-zionarie.
La molla che fece scattare l’attacco alla fortezza fu la convinzione che la rivolta fosse diretta da ufficiali legati ai bianchi, che dai porti scandinavi dove stavano navi russe sottratte al governo sovietico avevano vantato la loro influenza su quella guarnigione e preannunciato sui loro giornali una prossima insurrezione. Io ho scritto giŕ molti anni fa che fu il panico a far credere a quello che scrivevano i fuorusciti bianchi sui loro giornali: lo stesso Lenin aveva ironizzato pochi mesi prima su di loro, che avevano annunciato decine di volte la sua morte. Fu dunque un errore credere alle millanterie dei controrivoluzionari appena sconfitti nella durissima guerra civile, che era costata milioni di morti al paese, ma se fosse stato vero?
Se veramente i controrivoluzionari avessero costituito una testa di ponte alle porte di Pietrogrado, bisognava lasciarli fare? Cosě il congresso sospese i suoi lavori per consentire ai delegati di partecipare all’attacco al forte, che era urgente perché il prossimo disgelo avrebbe consentito a navi nemiche di raggiungere Kronštadt.
Non fu comunque un massacro di una forza preponderante contro inermi assediati, ma una durissima battaglia che costň piů cara agli assalitori che a chi li colpiva con i cannoni delle navi e di un sistema poderoso di fortezze. Nel corso di essa morirono anche molti delegati al congresso.
Un errore di valutazione dunque impose i tempi. Probabilmente al panico contribui-rono anche le notizie su una vasta insurrezione contadina nel governatorato di Tambov, non meno allarmante anche se non si trovava in una posizione strategica simile alla fortezza di Kronštadt.
Se si fosse atteso qualche settimana, la notizia dell’introduzione della NEP decisa dal congresso avrebbe potuto forse disinnescare la protesta che, anche se condita con la richiesta difficilmente accettabile di “soviet senza comunisti”, aveva come contenuto fondamentale la richiesta di una liberalizzazione dei mercati contadini analoga a quella che stava per essere decisa dal congresso indipendentemente dalle loro richieste (anzi Trotskij aveva chiesto analoghe misure fin dal febbraio 1920). Secondo Robert Service c’era “un altro aspetto della rivolta di Kronštadt che Lenin volse a proprio vantaggio. La NEP non era affatto popolare tra i bolscevichi. L’ammutinamento li distolse dal dibattito sulla questione. Sebbene fosse ben determinato a reprimere i rivoltosi, Lenin intendeva introdurre le concessioni in materia di fisco e di libero commercio che aveva fatto approvare a febbraio dal Politbjuro. Il fatto che la guarnigione di Kronštadt si ribellasse proprio in quei giorni consentě a Lenin di perseguire i propri scopi all’interno del partito”. (Voce Kronštadt nel piů che discutibile Dizionario del comunismo nel XX secolo, Einaudi, Torino, 2006, pp. 488-489).

Fase 2: Nei mesi successivi, senza che fosse minimamente necessario dato che il pericolo era cessato e il legame con i bianchi era risultato immaginario, e senza nessuna decisione formale del gruppo dirigente, nelle carceri di Pietrogrado ci furono ondate successive di fucilazioni di marinai detenuti. Questi sě che si pos-sono definire “massacri”, ma sono non la conseguenza di una scelta politica, bensě la testimonianza della sempre maggiore autonomizzazione di quegli organi repres-sivi che avrebbero successivamente spazzato via la grande maggioranza dei diri-genti bolscevichi. Che la repressione successiva alla riconquista della fortezza sia stata sproporzionata, tra l’altro, l’avevo scritto a chiare lettere giŕ nella prima edi-zione del 1986 del mio libro Intellettuali e potere in URSS (Milella, Lecce, 1986, pp. 162-163). Su questo, Trotskij nelle due lettere si era pronunciato con una formula prudente: “Che ci siano o non ci siano state vittime innocenti, questo non lo so. A tale proposito mi fido di Dzeržinskij piů di quanto possa fidarmi dei suoi critici tardivi. Per mancanza di dati non posso ora decidere, a posteriori, chi avrebbe dovuto essere punito e come.” E poco prima aveva detto: “Per ciň che riguarda le repressioni che hanno seguito queste operazioni, erano una cosa che riguardava direttamente la Čeka.” Nel 1938, se si fidava ancora di quel che poteva aver fatto Dzeržinskij (che pure era morto il 20 luglio 1926 pronunciando nel comitato centrale un duro attacco alla nascente Opposizione di Sinistra e schierandosi quindi con Stalin e Bucharin), č evidente che qualche dubbio sulla Čeka del 1921, che sarebbe diventata di lě a poco il KGB, poteva averlo…

Perché si rievoca periodicamente Kronštadt?

Perché si tira in ballo cosě spesso Kronstadt, senza conoscerne bene la vicenda? Non vorrei che fosse un riflesso della intramontabile leggenda che attribuisce la repressione a Trotskij, una leggenda che viene sempre riproposta perché tende ad avallare la tesi che se Stalin fosse stato rimosso come proponeva il testamento di Lenin ,Trotskij avrebbe fatto lo stesso o peggio. Cioč serve a evitare di confrontarsi con le proposte di quei comunisti che fin dagli anni Venti avevano capito dove andava l’URSS.
Questa calunnia ha continuato a circolare, condita da dettagli completamente in-ventati che all’organizzatore dell’Armata Rossa attribuiscono particolari efferatezze durante la repressione della rivolta di Kronštadt, continuando a ignorare il piccolo particolare che Trotskij nel marzo 1921 non fu nemmeno presente a Kronštadt: Negli anni Trenta, in due lettere irritate contro il connubio tra stalinisti e anarchici, afferma di aver condiviso allora la scelta del congresso di riconquistare la fortezza, ma spiega che non vi si recň personalmente, dato che un anno prima, durante il dibattito sui sindacati, era andato nella fortezza insieme a Zinov’ev per esporre la sua posizione sui sindacati, ed era stato fortemente contestato. Per questo il coordinamento delle operazioni fu affidato proprio a Zinov’ev, che aveva da tempo una forte influenza su quei marinai e in genere a Pietrogrado.
Ma l’accusa, fatta circolare presto sottobanco anche da Stalin, viene ripresa testardamente dagli anarchici e magari anche da chi ha giustificato ben altre repressioni, dal Grande Terrore degli anni Trenta in URSS a piazza Tien Anmen. Me la sono sentita riproporre in centinaia di dibattiti, a volte dalle stesse persone a cui avevo pazientemente spiegato mesi o anni prima come erano andate le cose. Ca-lunnia, calunnia, qualcosa resterŕ…
 
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Sai89
view post Posted on 14/4/2012, 18:33




Da Trotsky: The Sword of the Revolution 1917-1923 di T. Cliff (1990)
Capitolo 11: War Communism at an impasse

Kronstadt takes up arms



These strikes in Petrograd aroused the sailors of neighbouring Kronstadt to armed insurrection.

In July 1917 the island fortress of Kronstadt had earned Trotsky’s accolade as ‘the pride and glory of the revolution’. However, the Kronstadters had changed considerably since then. Being out of the battle area of the civil war, Kronstadt had been emptied of its original sailors, who were mobilised to the most difficult fronts and replaced by a new intake. The bulk of the Kronstadt sailors in 1921 were not those of 1917. By 1921, according to official figures, more than three-quarters of the sailors were of peasant origin, a substantially higher proportion than in 1917, when industrial workers from the Petrograd area had made up a sizeable part of the fleet. [71] In addition, three-quarters of the garrison were natives of the Ukraine, some of who had served with the anti-Bolshevik forces in the south before joining the Soviet navy. [72] This was why they were particularly influenced by the mood of the people in the rural areas.

The widespread unrest affected even party members among the sailors. In January 1921 alone some 5000 Baltic seamen left the Communist Party. Between August 1920 and March 1921 the Kronstadt party organisation lost half its 4,000 members. [73] The main reason was War Communism. The Kronstadters charged the government alone with responsibility for all the ills afflicting the country. They neglected the effects of the chaos and destruction of the civil war itself, the inescapable ravages of contending armies, the allied intervention and blockade, the unavoidable scarcity of fuel and raw materials, or the difficulties of feeding the hungry and healing the sick in a situation of famine and epidemic. All the suffering and hardship was laid at the door of the Bolshevik regime.

A degree of anti-semitic feeling was mixed with hatred of the Communist Party. The worst venom was directed at Trotsky and Zinoviev. Prejudice against Jews was widespread among the Baltic sailors, many of who came from the Ukraine and western borderlands, regions of traditionally virulent anti-semitism in Russia. For men of this peasant and working-class background the Jews had been the customary scapegoat in times of hardship and distress. For instance when Vershinin, a member of Kronstadt’s revolutionary committee, came out on the ice on 8 March to parley with a Soviet detachment, he appealed: ‘Enough of your “hurrahs”, and join us to beat the Jews. It is their cursed domination that we workers and peasants have had to endure.’ [74]

The Communist Party almost disintegrated in Kronstadt during the fortnight of the rebellion (1-17 March 1921). Trotsky estimated that 30 per cent of the Kronstadt Communists participated actively in the revolt, while 40 per cent took a ‘neutral position’. [75] As has been mentioned, party membership in Kronstadt declined from 4,000 in August 1920 to 2,000 in March 1921, and some 500 members and 300 candidates now resigned from the party, while the remainder were badly demoralised. [76]

The slogan of the Kronstadt rising, ‘Soviets without Communists’, sounds very democratic. Actually it was immediately seized upon not only by the Social Revolutionaries but also by the bourgeois liberals. The Kadet leader, Professor Miliukov, understood that to free the soviets from the leadership of the Bolsheviks would have meant to demolish the soviets themselves in a short time. The Kronstadt uprising had objectively a counter-revolutionary character. That this was so became clear from the fact that the most severe opponents of the uprising were the adherents of the Workers’ Opposition: they volunteered practically to a man and woman to participate in the assault on Kronstadt.

Trotsky himself did not participate in the suppression of Kronstadt. When the rebellion broke out he was away in the Urals. From there he went directly to Moscow for the Tenth Congress of the party. He did not go to Kronstadt because at the time he was involved in the debate on the trade union question. One of his bitterest opponents in this debate was Zinoviev, who headed the Petrograd committee – in whose hands lay the political work in Kronstadt. Thus the anarchists’ story of Trotsky’s role in suppressing the Kronstadt rebellion is pure myth.

‘The Kronstadt events’, Lenin said, ‘were like a flash of lightning which threw more glare upon reality than anything else.’ [77]
 
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3 replies since 29/6/2011, 11:49   628 views
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