Credo di poter confermare quanto scritto da Raes e, in precedenza, da Bela Kun.
Al congresso clandestino di Lione (1926), quindi prima dell’affermazione dello stalinismo, la mozione di Gramsci ebbe il 90,2% (o 90,8%) se non ricordo. Solo il restante andò a Bordiga, che si opponeva alla “bolscevizzazione”.
I contrasti fra il dirigente napoletano e la III Internazionale erano emersi chiaramente. A parte le critiche di Lenin in “L’estremismo”, non occorre qui ricordare come vi fossero stati “scontri”duri fra Lenin e Bordiga già al congresso del 1920.
http://www.quinterna.org/archivio/1911_192...amentarismo.htmhttp://www.quinterna.org/archivio/inerenti..._parlamento.htmhttp://www.quinterna.org/archivio/1911_192...ordigalenin.htmComunque, poco dopo il congresso di Lione, entrambi furono arrestati e confinati ad Ustica. I rapporti personali rimasero molto buoni. Insieme ad altri, organizzarono corsi di studio per confinati.
In quanto ingegnere, Bordiga si occupava fra l’altro delle discipline scientifiche.
Quando Gramsci venne trasferito al carcere di Turi, rimasero comunque in corrispondenza, per questioni di libri da spedire, eccetera.
Vi sono almeno cinque lettere risalenti a quel tempo(io le ho trovate sul vecchio libro su Gramsci che l’Unità pubblicò verso il 1987 ) di Bordiga a Gramsci, che mostrano comunque cordialità e stima reciproca fra i due. Non credo che si considerassero “traditori” l’uno con l’altro.
Mi pare però francamente esagerato quanto leggo qui
http://it.wikipedia.org/wiki/Amadeo_Bordigaal paragrafo “Il rapporto con Gramsci”.
Non conosco Gramsci tanto bene da darne un giudizio definitivo, ma descriverlo come un bravo ragazzo un po’lento a maturare, cui Bordiga, con affetto paterno, cercasse pazientemente di far capire cosa fosse il marxismo mi pare un po’caricaturale.
Certo in Gramsci vi era un approccio antidogmatico e non “ortodosso” e questo io non posso non considerarlo un pregio…
A mio avviso, Gramsci era soprattutto un intellettuale (nel senso migliore del termine), pertanto non poteva non avere un’onesta apertura nella riflessione e nello studio, anche a costo di “saltare steccati”.
Del resto, il pragmatismo e, talvolta, la spregiudicatezza sono doti che ogni politico, riformista o rivoluzionario che sia, dovrebbe avere. Lenin direi che ne sia stato un paradigma.
Naturalmente, questa è solo una mia riflessione (da modestissimo conoscitore) su Gramsci. Non vuole esservi alcuna critica implicita agli altri partecipanti alla discussione. Se mai avrò tempo di leggere meglio alcuni testi,magari aggiungerò qualcosa nel merito delle posizioni gramsciane.