Forum Comunista Internazionalista

Falsità, deformazioni dei preti odierni di Stalin, Sulla nascita del PCd'I 1921

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Bèla Kun
view post Posted on 28/1/2010, 01:18




21 gennaio 1921: nasce il Partito Comunista d’Italia!

Sono trascorsi 89 anni da quel 21 gennaio 1921, nel quale a Livorno i comunisti e gli elementi di avanguardia della classe operaia italiana fondarono il Partito Comunista d'Italia, Sezione dell'Internazionale comunista.
La fondazione del Partito avvenne nel corso della situazione rivoluzionaria creata in Europa dalla prima guerra mondiale e dalla rivoluzione proletaria in Russia, che in Italia dettero origine - nel biennio 1919-20 - a una serie di dure lotte operaie e popolari culminate nell'occupazione delle fabbriche: una situazione che trova ancor oggi il suo miglior commento in alcune pagine scritte, cinque anni dopo, da Antonio Gramsci sul quotidiano del partito, «l’Unità».
«L'occupazione delle fabbriche non è stata dimenticata dalle masse. […] Essa è stata la prova generale della classe rivoluzionaria. […] Se il movimento è fallito, la responsabilità non può essere addossata alla classe operaia come tale, ma al Partito socialista, che venne meno ai suoi doveri, che era incapace e inetto, che era alla coda della classe operaia e non alla sua testa. […] Come classe, gli operai italiani che occuparono le fabbriche si dimostrarono all'altezza dei loro compiti e delle loro funzioni. […] Non furono occupate le ferrovie e la flotta. […] Non furono occupati gli istituti di credito e le aziende commerciali. Non poterono risolvere i grandi problemi nazionali e internazionali, perché non conquistarono il potere di Stato. Questi problemi avrebbero dovuto essere affrontati dal Partito socialista e dai sindacati, che invece capitolarono vergognosamente, pretestando l'immaturità delle masse; in realtà i dirigenti erano immaturi e incapaci, non la classe. Perciò avvenne la rottura di Livorno e si creò un nuovo partito, il Partito comunista» («l'Unità», 1° ottobre 1926).
«Il proletariato era troppo forte nel 1919-20 per assoggettarsi più oltre passivamente all'oppressione capitalistica. Ma le sue forze organizzate erano incerte, titubanti, deboli interiormente, perché il Partito socialista non era che un amalgama di almeno tre partiti» («l'Unità», 26 settembre 1926).
Non è un discorso di ieri. E' un discorso che riguarda direttamente la classe operaia italiana di oggi, una parte della quale continua a identificarsi politicamente e organizzativamente in partiti come Rifondazione Comunista e il PdCI, la cui progettata Federazione è appunto un confuso amalgama di posizioni ideologiche e politiche che nulla hanno a che vedere col marxismo rivoluzionario e col leninismo, ma vanno dal più classico riformismo della socialdemocrazia di destra al massimalismo centrista tipico della socialdemocrazia «di sinistra» europea. E' quest'ultimo che semina oggi le peggiori illusioni: lotta di classe sì, anche dura se necessario, ma nessuna prospettiva di rottura rivoluzionaria con il sistema istituzionale dello Stato borghese e con la sua falsa democrazia parlamentare, che viene accettata dal centrismo massimalista come il terreno stesso nel quale dovrà compiersi l'emancipazione della classe operaia.
Il Gramsci di ieri è più attuale che mai: «Che cosa ci sta a fare il massimalismo, questo terzo incomodo? O di là o di qua; o con la socialdemocrazia o col comunismo. […] Finché la borghesia esiste è naturale e inevitabile che essa, attraverso i propri agenti più svariati, introduca di continuo nella classe operaia la propria ideologia a contaminare e a deviare l'ideologia proletaria. La scissione risoluta e netta da tale ideologia è inevitabile e assolutamente necessaria. Prima dividersi, ossia dividere l'ideologia rivoluzionaria dalle ideologie borghesi (socialdemocrazia di ogni gradazione); poi unirsi, ossia unificare la classe operaia intorno all'ideologia rivoluzionaria» («L'Unità», 9 gennaio 1926).
I partiti comunisti, negli anni ’20 del secolo scorso, nacquero in aperta rottura col revisionismo di quel periodo storico; e la lotta del marxismo internazionalista e rivoluzionario contro di esso venne così delineata, con efficace sintesi, da Antonio Gramsci:
«Prima fase. Socialismo utopistico, con impronta nazionale in ogni paese, che esprime la rivolta istintiva delle prime formazioni proletarie. […] Seconda fase. Socialismo proletario di Marx ed Engels o comunismo. Esso reagisce contro i vari socialismi nazionali e utopistici e riesce vittorioso. Ma nella II Internazionale queste tendenze rinascono sotto la bandiera del marxismo come revisionismo delle dottrine marxiste. […] Terza fase. Da una parte il leninismo, che rinnova in una mutata situazione storica, più complessa e più ricca, la lotta di Marx ed Engels, restaura e allarga la dottrina marxista. Dall’altra un ulteriore sviluppo dei revisionismi nazionali («l’Unità», 22 ottobre 1926).
La stessa dialettica abbiamo visto riprodursi negli anni ’50 del Novecento con lo sviluppo del revisionismo moderno sotto l’aspetto di nuove forme di revisionismi nazionali, i quali – con l’attacco a Stalin – rinnegavano la sostanza rivoluzionaria e internazionalista del leninismo dietro un formale e del tutto mistificatorio richiamo a Lenin. Se, in Italia, il moderno revisionismo nazionale ebbe la sua forma principale nel togliattismo, esso non è scomparso e, dopo l’autoliquidazione del PCI togliattiano, ha assunto – in altri partiti e formazioni politiche - molteplici forme, caratterizzate dall’eclettica combinazione di alcuni innocui «residui» di marxismo con ideologie ad esso estranee, come il vecchio operaismo, l’anarchismo, le tendenze piccolo-borghesi interne ai movimenti ambientalisti, femministi e pacifisti, fino alla sua ultima incarnazione opportunista, il cosiddetto «socialismo e comunismo del XXI secolo».
Nel 1921, al momento della nascita del Partito Comunista d’Italia, l’omogeneità ideologica dei suoi dirigenti e militanti non era ancora completa. Ma, sotto la guida della Terza Internazionale e attraverso quello che fu allora chiamato il processo di «bolscevizzazione», l’assimilazione del leninismo fu sostanzialmente raggiunta fra il 1924 e il 1927, e il Partito – con le tesi del suo Terzo Congresso – poté darsi alfine una piattaforma conseguentemente internazionalista e rivoluzionaria.
Oggi in Italia gli autentici comunisti, attraverso il confronto, il dibattito aperto, la critica e l’autocritica, debbono lottare per raggiungere la loro unità ideologica e politica sulla base del marxismo-leninismo e dell'internazionalismo proletario. Assieme al legame sempre più stretto con gli elementi più coscienti ed avanzati della classe operaia e con le loro lotte, è questo – dal punto di vista strategico – il compito fondamentale per la ricostruzione del Partito comunista nel nostro paese.

21 gennaio 2010 Piattaforma Comunista

www.piattaformacomunista.com


CITAZIONE
una situazione che trova ancor oggi il suo miglior commento in alcune pagine scritte, cinque anni dopo

chissà perchè dopo la breve contestualizzazione della nascita del Partito in cui si cita il biennio 1919-1920, improvvisamente la descrizione dei fatti riguardanti la fondazione del PCd'I sbalza in avanti nel 1926...

viene in parte spiegato dopo, guardandosi bene dal nominare i protagonisti del percorso che portò alla scissione coi riformisti:

CITAZIONE
Nel 1921, al momento della nascita del Partito Comunista d’Italia, l’omogeneità ideologica dei suoi dirigenti e militanti non era ancora completa. Ma, sotto la guida della Terza Internazionale e attraverso quello che fu allora chiamato il processo di «bolscevizzazione», l’assimilazione del leninismo fu sostanzialmente raggiunta fra il 1924 e il 1927

"non era ancora completa"...sì non era ancora completa, per togliersi dalle palle i rivoluzionari ce n'è voluto, e non fu facile proprio perchè era grazie a loro che avvenne la scissione e il Partito potè nascere. I traditori ci riuscirono nel 1926 al Congresso di Lione dove la sinistra del partito venne definitivamente messa fuori gioco. E "l'assimilazione" fu compiuta alla grande: a fanculo la rivoluzione proletaria, avanti con l'egemonia e le tessere elettorali.
Ecco il modo di far politica dei preti di stalin e varie mummie impotenti, nascondere, omettere deformare la realtà a proprio piacimento per suffragare le loro menzogne.
Il Partito a Livorno fu fondato grazie alla sinistra che faceva riferimento a Bordiga, nella cui linea si riconosceva lo stesso Gramsci, ma tant'è che gli amici fritz questo non se lo ricordano mai, chissaperché è sempre andato poco di moda il Gramsci dei primi anni di vita del Partito.
Si possono discutere tesi, linee, idee, politiche contrastanti ma sulla puzza di menzogna c'è poco da discutere questo l'abbiamo "assimilato" bene..

Edited by Bèla Kun - 29/1/2010, 01:38
 
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Stato Underground
view post Posted on 28/1/2010, 02:07




direi che questa va spostata in "Discussioni teoriche"
 
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cucchiaroni82
view post Posted on 29/1/2010, 11:22




CITAZIONE
Ecco il modo di far politica dei preti di stalin e varie mummie impotenti

guarda a questo livello fanno solo ridere...Pagheranno il conto prima o poi
 
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2 replies since 28/1/2010, 01:18   169 views
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