Forum Comunista Internazionalista

Lettera di Stalin al compagno Ivanov, riguardante il socialismo in un solo paese

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Bèla Kun
view post Posted on 6/2/2009, 00:36




la rivoluzione non è un pranzo di gala, ok chi dice il contrario? perchè se un compagno mette in discussione il mito dell'Unione Sovietica deve essere per forza una specie non meglio identificata di sinistra "bianca", idealista, nonviolenta, umanista e altre amenità?

Quando dici che se si mette in discussione questo mito, allora si è succubi dell'ideologia borghese, non pensi all'ipotesi contraria? o la escludi a priori? sulla base di cosa? dei sacri testi staliniani? dei rapporti dei congressi del PCUS?

Per quanto mi riguarda poi di critiche all'operato di Lenin non mi sogno di farne.

Comunque penso che l'unica modalità per sincerarsi delle proprie posizioni e confrontarsi con le altre sia anche studiare di propria lena fonti, saggi e scritti.

Tra di noi possiamo anche discutere per mesi ma si finisce sempre per dire quello che abbiamo imparato a far valere nel caso qualcuno attacchi la "nostra" concezione. Ilmio non è soggettivismo.

Un compagno qualche anno fa mi ricordava cosa disse Marx in occasione di una polemica con i componenti del POF (Partito Operai Francese): se quei signori sono marxisti, io non sono marxista".

Se quelli che ammazzarono tanti compagni erano comunisti, io nel mio piccolo, non sono comunista.
 
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|Inverno|
view post Posted on 6/2/2009, 11:45




CITAZIONE (matteo.morganti @ 5/2/2009, 23:58)
Peccato non riporti mai la lettera segreta di Bucharin nota come il suo testamento politico in cui si è detto costretto a fare quelle dichiarazioni per circostanze politiche che sarebbe troppo complicato riproporre in un breve messaggio, e "casualmente" Kruschev non lo ho mai proposto, pur essendo a sua disposizione perchè in quel testo Bucharin faceva delle pesanti affermazioni (di stampo leninista) sul processo rivoluzionario che stava degenerando, e sempre "casualmente" l'unico a non essere stato riabilitato tra i purgati è stato proprio Bucharin.
Veniamo al dunque: dobbiamo parlare del socialismo in un solo paese? Così sia. Lascio da parte le sciocchezze sui processi farsa perchè lo stile Travaglio che spiattella documenti processuali senza conoscere le motivazioni politiche (la lotta di classe!) si schernisce da solo. Quanto alla baggianata sul piccolo numero degli esponenti dell'avanguardia ... unisciti pure al carrozzone che crede nei partitoni massa, non è una posizione marxista e prendo atto anche di questo tuo ennesimo allontanamento dal materialismo.
Il dibattito sulla natura sociale dell'URSS è vivo negli anni '20 e fino a metà degli anni '30; il contesto economico era cambiato, il PCUS aveva deciso di svoltare e avviare una politica di pianificazione. Si contrapponeva 2 tesi: i genetisti (che poi vennero sconfitti in sede di comitato centrale) secondo cui il piano doveva solo stabilire una direzione per l'industrializzazione; ed i teleologici (tra cui Bucharin e Leontiev) secondo cui un piano senza scopi sarebbe stato un non-sense, come un piano senza piano. Questa non è la sede di riportare le conseguenze di entrambe le tesi, ma se ci sarà tempo e modo lo faremo. Il 1° piano quinquennale fu rivisto più volte al ribasso perchè risultò essere un volontarismo insensato ed eccessivo, il 2° idem perchè i conti non tornavano. Insegna Marx che nell'operazione 2+2=4 non serve guardare oltre l'uguale, ma occorre analizzare il processo (il 2+2) che porta al risultato. Bene. I piani (pur nello sforzo teorico enorme: basti solo ricordare che molti dei dibattiti sono ripresi inconsapevolmente ancora oggi nelle aziende in sede di programmazione dei costi ..., ed a Leontiev si devono dei tentativi di elaborare un calcolo economico sulla base del socialismo, tentativi ripresi ad esempio da Bettelheim). Qui sta il nodo: era possibile il calcolo economico? Secondo l'analisi marxiana (non marxista!) il calcolo economico è possibile a livello di azienda, spingendosi ad un livello di concentrazione-centralizzazione del capitale ancora maggiore, è possibile anche a livello di settore, ma in sè (in quanto tale) il capitale è anarchico e i piani delle aziende (o settori) si contrapporranno producendo collisioni (questo perchè il capitale senza il molteplice, senza altri capitali, è un assurdo). Già questo basta per vedere che solo in una società in cui realmente siano stati socializzati i mezzi di produzione (almeno quelli dominanti) è possibile una pianificazione controllata, altrove è pregna di contraddizioni. Se vogliamo affermare che l'URSS degli anni 20-30 lo era: cadiamo nello scherno; non essendolo lo sviluppo economico accelerato non dimostrava l'esistenza del socialismo, ma esattamente il contrario: una società ancora capitalistica in cui una dirigenza rivoluzionaria (anche se in via di corruzione) direzionava quello sviluppo avendo come obiettivo la resistenza in attesa della rivoluzione europea (almeno). Lo sviluppo era realmente accelerato? Confrontato coi ritmi occidentali, senza dubbio, ma così si confrontano mele e pere, i dati devono essere depurati del fattore "base socio-economico di partenza" (altrimenti si arriverebbe all'assurdo che il socialismo si può sviluppare solo partendo dall'era del bronzo perchè in quel caso il saggio di crescita sarebbe esponenziale), depurando il dato, questo viene tagliato in modo vertiginoso, ma tutto sommato rimane accettabile. Anche risolto il problema del confonto, rimane un errore clamoroso da parte dei pianificatori sovietici che testimonia della loro mancanza teorica, un errore da dilettanti (anche se è comprensibile data la novità dell'esperienza): la produttività viene misurata in termini fisici! Proprio in un sistema basato sul valore di scambio come il capitalismo, si tiene conto del valore d'uso! Si deve sempre ragionare in termini di valore, e questo non è neppure facile perchè nel mercato non si contrappongono MAI valori, ma prezzi (di costo e/o di mercato), il valore pur essendo un'astrazione concreta è comunque ideale, basti pensare che il saggio generale di profitto (capitali di uguale grandezza ottengono profitti uguali indipendentemente dalla composizione organica rispettiva, dal tempo di rotazione ...) già in sè presuppone prezzi di costo che divergono dai valori (la determinazione del valore della merce in base al tempo socialmente necessario alla sua produzione); anche questo è comunque un errore evitabile e di poco conto se vogliamo (oltretutto occorre non confondere la produttività occidentale, che spesso cela solo una maggiore intensità nell'uso della forza-lavoro, con la reale produttività, che è solo la produzione di maggiore plusvalore relativo nello stesso tempo e con la stessa tensione della forza-lavoro, insomma la produttività è solo quella del lavoro, e di quello sociale poi, non del singolo operaio!). Detto questo. Una delle fandonie pazzesche è stata la seguente: il saggio di profitto in URSS non cadeva alla stessa velocità che ne paesi occidentali, quindi è sintomo di socialismo! D'abord: questo è paradossalmente il sintomo dell'arretratezza del sistema sovietico: macchinari obsoleti che non venivano sostituiti velocemente e che quindi non facevano crescere il capitale costante (in valore ma anche in massa) rispetto al capitale variabile, è un sintomo di futura certa stagnazione (che comincerà infatti prestissimo a manifestarsi); è sintomo del fatto che l'industrializzazione procedeva in senso estensivo e mai intensivo, ed effettivamente si può parlare di sviluppo solo quando si passa alla qualità dopo aver negato positivamente la quantità e così via in un circolo senza fine (quantità-qualità-quantità ....). Non si deve poi dimenticare che se è vero (come è vero) che legge assoluta è la caduta del saggio di profitto, è pur sempre una tendenza, e quindi di necessità agiscono controtendenze, altrimenti il capitalismo sarebbe collassato su stesso da solo senza bisogno di rivoluzioni; oltrettutto il saggio di profitto può cadere senza che cada la massa (che anzi necessariamente cresce). L'economia sovietica insomma non presentava i caratteri occidentali perchè la si vedeva ideologicamente, era talmente arretrata che le leggi scoperte da Marx operavano molto lentamente (e già sono lente come i tempi della storia), e ideologicamente si vedeva in questo un superamento di tali leggi, quindi il socialismo! Un caso per tutti: il capitale reagisce alla caduta tendenziale del saggio di profitto aumentando la sua già presente tendenza alla concentrazione (cercando di compensare proprio la caduta del saggio con l'aumento della massa di profitto), in questo riesce contraddittoriamente però: aumenta proprio la caduta del saggio; in URSS questa controtendenza operava lentamente, perchè al di là dell'ideologia della proprietà statale dei mezzi di produzione, le unità operative erano frammentate e quindi poco concentrate! E' un altro sintomo della tragedia a cui andava incontro l'URSS (non per colpa di Stalin, ma per "colpa" delle ferree leggi economiche che impedivano a quel paese straccione di dominare il mercato mondiale del capitale, e quindi di vedersi imporre prezzi di mercato - quindi concorrenza - insostenibili per la propria arretrata struttura economica); allora avrebbe dovuto collassare subito? Qui sta l'errore dei faciloni, la proprietà giuridica(pur non essendo il socialismo) incide sui meccanismi economici, così occorre tenere conto non tanto delle unità operative (le fabbriche), ma delle unità di capitale (i trust statali accentrati anche se solo giuridicamente): un escamotage che però non può reggere a lungo.
Questo è il terreno su cui giudicare lo stalinismo!

Eccolo qui il nocciolo dello stalinismo, ecco "scoperta" l'enorme farsa della propaganda stalinista! In verità non c'era nulla da scoprire, basta sforzarsi di guardare alle questioni con l'occhio del materialista e non dell'avvocato del potere repressore: perchè si parla di stalinismo quando si parla della distorsione a-materialista, quindi puramente ideologica, della teoria economica socialista così come spiegata da marx e engels. Si piega la scienza alla propaganda, pratica abominevole di cui è esperta la borghesia: e lo stalinismo è pura propaganda, non è mai di socialismo scientifico che parla, ma di processi, di dubbi argomenti (a coprire la mancanza di contenuti, come dice matteo) atti a screditare l'avversario spia, traditore, ecc. Cosa sono queste se non le solite armi propagandistiche di un potere che deve mascherare il suo dominio di classe sulle masse?
Da ciò non può che derivare il soggettivismo infantile su cui cadono di continuo questi lacchè, che anche quando si sforzano di mascherare il proprio culto del capo, come argomenti contro gli avversari non riescono a far altro (di argomenti scientifici non ne hanno!) che tirare in ballo le storie personali, i presunti tradimenti, carte di processi farsa!
Mi associo ancora al compagno matteo: l'importante è sapere da che parte stiamo.
 
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Psychedelic_Alexi
view post Posted on 6/2/2009, 16:43




CITAZIONE
la rivoluzione non è un pranzo di gala, ok chi dice il contrario? perchè se un compagno mette in discussione il mito dell'Unione Sovietica deve essere per forza una specie non meglio identificata di sinistra "bianca", idealista, nonviolenta, umanista e altre amenità?

Quando dici che se si mette in discussione questo mito, allora si è succubi dell'ideologia borghese, non pensi all'ipotesi contraria? o la escludi a priori? sulla base di cosa? dei sacri testi staliniani? dei rapporti dei congressi del PCUS?

Per quanto mi riguarda poi di critiche all'operato di Lenin non mi sogno di farne.

Comunque penso che l'unica modalità per sincerarsi delle proprie posizioni e confrontarsi con le altre sia anche studiare di propria lena fonti, saggi e scritti.

Tra di noi possiamo anche discutere per mesi ma si finisce sempre per dire quello che abbiamo imparato a far valere nel caso qualcuno attacchi la "nostra" concezione. Ilmio non è soggettivismo.

Un compagno qualche anno fa mi ricordava cosa disse Marx in occasione di una polemica con i componenti del POF (Partito Operai Francese): se quei signori sono marxisti, io non sono marxista".

Se quelli che ammazzarono tanti compagni erano comunisti, io nel mio piccolo, non sono comunista.

Ma quale mito e mito! Le critiche sono dovute e necessarie, ma in un contesto storico preciso. Inoltre scusatemi ma sinceramente critiche del tipo "stato oppressore di ogni dissenso", "assassino di autentici rivoluzionari" e chi più ne ha più ne metta sono critiche non marxiste, roba che lascio ai borghesi e agli anticomunisti e ai fan di wikipedia. Ho postato varie citazioni di persone non comuniste, ma per voi saranno degli indottrinati, invece i vocioni che gridano alla scandalo e alla dittatura sanguinaria, loro no, loro non sono indottrinati, sono persone sincere, grandi uomini. Sentite, devo dire che mi state abbastanza simpatici tutto sommato, ma mi dispiace, non riesco a tollerare certe affermazioni in stile libronerodelcomunismo, ma siete "liberi" di crederci, ma rimangono vostre opinioni, non fatti.
Appena uno mette in dubbio le "verità assolute" che l'URSS era una dittatura sanguinaria, oppressore di ogni dissenso e chi più ne ha più ne metta, si viene tacciati di "stalinismo", che tra l'altro non esiste e se esiste è solo nei peggiori sogni della borghesia.
Dici giustamente: "Se quelli che ammazzarono tanti compagni erano comunisti, io nel mio piccolo, non sono comunista"
Per prima cosa è da vedere quanti e quali erano questi veri compagni, ovvio poi che per la propaganda occidentale ogni controrivoluzionario, ogni sabotatore, ogni assassino, ogni delinquente diventava un compagno, un'innocente. Non c'era migliore mossa del Divide et Impera per pararsi il culo dal bolscevismo. Ripeto che sicuramente ci furono degli errori, tra l'altro molti finti compagni riuscirono a far condannare veri compagni, ma questi furono ammessi dallo stesso Stalin! Ovviamente la borghesia e gli anticomunisti si cibarono dei probabili errori e fecero un buon minestrone da far sorbire alle masse occidentali e a quanto pare ci riuscirono egregiamente, poi ci tocca vedere soggetti ossessionati dallo stalinismo e dalla sua propaganda, perchè ovviamente siamo in un paese sovietico secondo lui (non mi riferisco a te Belà), non lo so, non saprei e a questo punto non mi interessa saperlo.
Provate a negare la teoria della lotta di classe che in URSS si faceva sempre più acuta. Non si può, perchè lo stato sovietico a quel tempo aveva tutto il mondo contro, c'era l'accerchiamento capitalista, ma questo ovviamente non conta, ormai tutti erano
comunisti,invece gli infiltrati, i sabotatori, gli assassini di operai, i controrivoluzionari... tutta propaganda stalinista!
Al di là di tutto, non vedo il motivo di continuare, ho portato già abbastanza prove a supporto delle mie tesi. Anzi per finire volevo mettere un estratto dal libro "Mosca 1937" di Lion Feuchtwanger, che fu presente ad alcuni processi, e a riguardo è interessante il settimo capitolo di quest'opera, sempre per chi è interessato, lo metto fra spoiler:

SPOILER (click to view)
CHIAREZZE E OSCURITÀ DEI PROCESSI TROTZKISTI

D'ALTRA parte, Stalin si decise infine di portare ancora una volta in tribunale questi suoi nemici, i trotzkisti, accusandoli di alto tradimento, spionaggio, sabotaggio ed altre attività disfattiste, come pure della preparazione di atti terroristici. In processi che sollevarono il mondo contro la Unione Sovietica per la loro "primitività ed arbitrarietà", i nemici trotzkisti di Stalin furono umiliati fino all'impossibile. Vennero condannati e fucilati.

È puerile attribuire questi processi, quello di Zinoviev e quello di Radek, semplicemente alla sete di dominio e di vendetta di Stalin. Giuseppe Stalin, che ha compiuto un enorme lavoro contro la resistenza di tutto il mondo, quale la ricostruzione economica dell'Unione Sovietica, il marxista Stalin non pregiudica la politica estera del suo Paese, ed insieme ad essa una parte importante del suo lavoro, per motivi personali.

Conosco il processo contro Zinoviev e Kamenev dai rapporti della stampa e dai racconti di testimoni oculari; ho assistito personalmente al processo contro Pjatalcov e Radek. Ho quindi partecipato, nell'atmosfera dell'Europa occidentale, al primo processo, ed in quella di Mosca, al secondo.

La differenza fra l'Unione Sovietica ed Occidente diventa comprensibile quando si assiste ad uno dei processi nell'aria europea ed all'altro nell'aria moscovita. Parecchi miei amici, persone nient'affatto stupide, trovano questi processi, dal principio alla fine, per contenuto e forma, tragicomici, barbarici, in mala fede e mostruosi. Tutta una serie di uomini che prima erano amici della Unione Sovietica sono diventati suoi nemici in seguito a questi processi. Alcuni, che nell'ordinamento della società dell'Unione avevano visto l'ideale dell'umanesimo socialista, erano come annichiliti; le pallottole che avevano colpito Zinoviev e Kamenev non avevano ucciso soltanto questi, ma anche tutto il nuovo mondo. Anche a me, fin che rimasi nell'Europa occidentale, le accuse del processo di Zinoviev mi sembrarono fondamentalmente estorte con mezzi misteriosi, tutto il procedimento mi parve una commedia messa in scena con arte consumata, strana ed orrenda.

Quando a Mosca assistetti al secondo processo, quando vidi ed udii Pjatakov, Radek ed i suoi amici, l'impressione di quanto questi accusati dissero ed il modo con cui lo dissero fece sciogliere questi miei sospetti come la neve al sole. Se quello che dissero è falso o predisposto, allora non so più che cosa è la verità. Presi quindi i verbali del processo, meditai su quanto avevo visto e sentito, e considerai, ancora una volta, il pro e il contro della veridicità dell'accusa.

In fondo, i processi si rivolgevano in primo luogo contro il grande accusato assente, Trotzki, e l'obbiezione principale consisteva nella presunta falsità di quanto affermava l'accusa a Trotzki. "Questo Trotzki" si indispettirono gli oppositori, " uno dei fondatori dello Stato sovietico, amico di Lenin, avrebbe dato egli stesso direttive per sabotare la ricostruzione dello Stato alla cui fondazione egli ha contribuito, per scatenare la guerra contro di esso, per prepararne la sconfitta nella prossima guerra?

E’ mai possibile pensare una cosa simile?" Piano. Da un esame approfondito risulta che il contegno di cui Trotzki è accusato non solo non è falso e inverosimile, ma è anche l'unico che corrisponde alla sua situazione interna. Ricordiamoci che questo Trotzki, condannato all'inattività, era costretto a stare a vedere oziosamente come il grandioso esperimento iniziato da lui e Lenin si trasformasse in una specie di gigantesco orticello piccolo-borghese.

Poiché a lui, che voleva compenetrare il mondo di socialismo, lo "Stato staliniano" parve, come disse e scrisse, una puerile caricacatura di quanto originariamente aveva ideato. Si aggiunga a questo la sua profonda e personale antipatia per Stalin, che gli aveva costantemente guastato tutto e finalmente lo aveva scacciato. Trotzki ha espresso innumerevoli volte il suo odio sconfinato ed il suo disprezzo per Stalin. Quello che fece con la parola e lo scritto non può anche averlo fatto con l'azione? È proprio tanto "impossibile", che egli, che si riteneva il solo uomo adatto quale capo della rivoluzione, non adoperasse qualsiasi mezzo per far precipitare dal trono usurpato il "falso Messia" con piccole menzogne? A me sembra possibilissimo.E mi sembra possibile che un uomo accecato dall'odio, che si rifiutò di riconoscere quello che tutti riconobbero, cioè la compiuta ricostruzione economica dell'Unione e la potenza del suo esercito, sia passato sopra all'inadeguatezza dei mezzi ed abbia scelto una via notoriamente falsa. Trotzki è coraggioso ed impulsivo, un grande giocatore, tutta la sua vita è una catena di avventure, di imprese pazzesche che spesso gli riuscirono a meraviglia. L'ottimista Trotzki credette sempre dì poter utilizzare la mala sorte per i suoi scopi e di poterla eliminare o rendere innocua. Se Alcibiade passò dalla parte dei Persiani, perché Trotzki non poteva passare da quella dei fascisti? Trotzki non è mai stato un patriota russo, lo "Stato staliniano" gli era odioso, egli si preoccupava della rivoluzione mondiale. Raccogliendo quanto l'esiliato Trotzki ha fatto contro Stalin ed il suo Stato, si ottiene un volume pieno di odio, rabbia, ironia e disprezzo. Se fece tutto questo durante gli anni d'esilio, quale deve essere ora lo scopo principale di Trotzki? Ritornare nel Paese ad ogni costo, per riavere il potere.

Il Coriolano di Shakespeare, quando si reca dai Volsci, nemici di Roma, parla dei falsi amici che lo hanno piantato in asso. "Essi tolleravano " egli dice ai nemici di Roma, "di vedermi fischiato fuori di Roma dagli schiavi. Questa scelleratezza mi conduce al vostro focolare. L'odio per i miei nemici mi conduce qui." In questo modo, Shakespeare giudica la possibilità che Trotzki abbia patteggiato con i fascisti. Ed Emil Ludwig riferisce una conversazione avuta con Trotzki nell'isola Prinkipo presso Costantinopoli, poco tempo dopo il suo esilio. Emil Ludwig ha pubblicato questa conversazione nel 1931 nel suo libro Doni dclla vita e ciò che fin da allora Trotzki ha detto, nel 1931, dovrebbe far meditare tutti coloro che trovarono sciocca ed assurda l'accusa contro di lui. " Trotzki dice" riferisce Ludwig e cito testualmente, " che il suo partito è disperso ovunque e la sua forza è quindi difficilmente calcolabile. " " E quando potrebbe unirsi?" "In seguito, ad esempio, ad una guerra o ad un nuovo intervento dell'Europa, che potrebbe prendere coraggio dalla debolezza del Governo." "Ma allora non converrebbe partire, anche se vi lasciassero rientrare in Russia "Pausa di disprezzo. " Oh, ma si troverebbero ben altre vie! "Ora anche la signora Trotzki sorride. Cosi giudica Trotzki sulla possibilità di aver patteggiato con i fascisti. Per quanto riguarda gli uomini implicati in questo secondo processo, e cioè Pjatakov, Sokolnikov e Radek, si giudica improbabile che uomini della loro posizione ed influenza abbiano potuto sabotare lo Stato, al quale dovevano le loro posizioni e la loro attività, od aderito ai piani posti a loro carico dall'accusa. A me sembra errato non veder altro in queste persone che uomini di posizione ed influenti. Pjatakov e Sokolnikov non erano soltanto alti funzionari e Radek non solo redattore capo delle Izvestia ed uno dei consiglieri intimi di Stalin. La maggior parte dègli accusati erano in primo luogo cospiratori e rivoluzionari; per tutta la vita erano stati sovversivi appassionati ed oppositori, erano nati per questo. Tutto quanto avevano ottenuto, era stato raggiunto contro le predizioni degli "intelligenti", con coraggio, amore per l'avventura ed ottimismo. In pari tempo credevano in Trotzki la cui forza suggestiva non può mai essere valutata abbastanza; insieme al loro maestro vedevano nello "Stato staliniano" una caricatura di quanto avevano voluto creare ed il loro scopo principale era quello di correggere questa caricatura nello Stato da loro desiderato.

Non si dimentichino nemmeno gl'interessi personali che gli accusati potevano avere in un rivolgimento. L'ambizione e la sete di potere di nessuno dì questi uomini era stata soddisfatta, avevano posizioni ed onori, ma nessuno di loro aveva uno di quei posti che essi credevano spettasse loro, nessuno aveva un posto nell' "Ufficio Politico".

Erano ritornati in grazia, ma erano pur sempre stati processati come trotzkisti, e non avevano più nessuna prospettiva di occupare i primi posti. In un certo senso erano tutti degradati e nessuno "è più pericoloso dell'ufficiale, al quale siano state strappate le spalline" dice Radek, e lo deve sapere.

Non meno violentemente dell'accusa viene attaccato lo svolgimento del processo. Se c'erano documenti e testimoni, chiedono dubbiosi, perché i documenti furono tenuti nel cassetto, i testimoni dietro le quinte e ci si accontentò di confessioni incredibili?

Giusto, rispondono i Sovietici, nel processo principale abbiamo mostrato in un certo senso soltanto il distillato, il risultato preparato dall'istruttoria. Il materiale dimostrativo è stato espletato prima e presentato agli accusati, nel processo principale ci siamo accontentati delle loro confessioni. Chi se ne scandalizza deve pensare che il processo venne celebrato davanti ad un tribunale militare, e che in primo luogo era un processo politico. Si trattava della purificazione dell'atmosfera politica interna. "A noi interessava che tutti, da Minsk a Vladivostok, capissero che cosa era accaduto. Perciò abbiamo reso tutto il più semplice e trasparente possibile. Indizi particolareggiati, documenti, testimoni possono interessare i giuristi, i criminalisti, gli storici; i nostri cittadini sovietici si sarebbero soltanto confusi.

Essi vengono meglio illuminati dalle chiare confessioni che non dagli indizi,,anche se messi insieme nel modo più ingegnoso. Abbiamo fatto questo processo non per i penalisti stranieri, ma per il nostro popolo." Siccome l'efficacia delle confessioni, la loro precisione e completezza non può essere negata, i dubbiosi adducono le ipotesi più assurde sui metodi con i quali le confessioni possono essere state estorte. La prima e più semplice supposizione è naturalmente quella che le confessioni siano state ottenute dagli accusati mediante torture e la minaccia di torture ancora più terribili. Ma questa accusa venne confutata dalla manifesta freschezza e vitalità degli accusati, dal loro aspetto fisico e morale. Gli scettici dovettero quindi cercare altre motivazioni per spiegare le confessioni "impossibili". Essi annunciarono che agli accusati erano stati somministrati veleni di ogni specie, che erano stati ipnotizzati e che ad essi erano state somministrate anche delle droghe. Ora nessuno è inora riuscito a produrre un veleno tanto efficace e quello scienziato che ci fosse riuscito non si sarebbe accontentato di essere la mano misteriosa degli organi di polizia, egli avrebbe applicato i suoi metodi probabilmente per aumentare il suo prestigio scientifico. Ma gli oppositori del procedimento si attenevano più volentieri alle ipotesi inverosimili piuttosto che arrendersi all'evidenza: cioè che gli accusati fossero convinti e che le loro confessioni si fondassero sulla verità.

Se si parla ai Sovietici di tali ipotesi, essi si stringono nelle spalle. Perché, dicono, se volessimo falsare la verità, dovremmo ricorrere a mezzi cosi difficili e pericolosi quali sono le confessioni falsificate?

Non sarebbe allora più semplice falsificare dei documenti? Non credete che potremmo, invece di lasciare fare da Trotzki discorsi di alto tradimento attraverso Pjatakov e Radek, produrre lettere di alto tradimento, documenti che provino molto più direttamente le sue relazioni col fascismo e Avete visto e sentito gli accusati: avete avuto l'impressione che le loro confessioni siano state estorte?

Non posso dire di aver ricevuto questa impressione. Gli uomini processati non erano affatto persone torturate e disperate davanti al loro boia. Non bisogna, naturalmente, pensare che questo processo abbia avuto qualche cosa di fittizio, di artificioso od anche soltanto di solenne o patetico. L'aula in cui ebbe luogo il processo non era molto vasta, poteva contenere circa trecentocinquanta persone. I giudici, l'avvocato dello Stato, gli accusati ed i difensori sedevano su una bassa tribuna con scale per salirvi, non vi erano barriere fra tribunale e pubblico. E nemmeno c'era qualche cosa che ricordasse il banco degli accusati; la barriera che separava gli accusati dal pubblico sembrava piuttosto il parapetto di un palco.

Gli accusati erano persone ben curate e ben vestite, dai gesti disinvolti e naturali, bevevano tè, avevano giornali in tasca e guardavano molto il pubblico. Tutto l'insieme non faceva l'impressione di un penosissimo processo, ma piuttosto di una discussione, condotta su un tono di conversazione, da uomini colti, che si occupavano di stabilire la verità e di giudicare quanto era successo.

Si aveva, anzi, l'impressione che accusati, pubblico ministero e giudici avessero lo stesso interesse, starei per dire, puramente sportivo di chiarire perfettamente gli avvenimenti. Se un regista avesse dovuto disporre queste scene del processo sarebbero occorse prove annose, per far si che gli accusati arrivassero a correggersi vicendevolmente in particolari e che la loro commozione si esprimesse in modo tanto perfetto. In breve, gli ipnotizzatori, i propinatorì di veleni ed i funzionari della giustizia, che prepararono gli accusati, astrazion fatta dalle loro stupefacenti capacità, avrebbero dovuto essere anche degli ottimi registi e psicologi.

L'obbiettività e la nudità con la quale questi uomini spiegavano ed esponevano le loro azioni, immediatamente prima di una morte quasi sicura, erano irreali e paurose. Peccato che le leggi dell'Unione Sovietica proibiscano di fare fotografie ed incidere dischi nelle sale dei tribunali. Se si fosse potuto presentare all'opinione pubblica mondiale non solo quello che hanno detto gli accusati, ma anche il modo con cui è stato detto, il tono di voce, i loro visi, credo che gli increduli sarebbero pochi.

Tutti confessarono, ma ognuno lo fece in modo diverso:

l'uno con tono di voce cinico, il secondo con onestà militare, il terzo con resistenza interna, torcendosi, il quarto come uno scolaro che si pente, il quinto con fare cattedratico.

Ognuno però col tono, l'espressione ed il gesto della verità. Non dimenticherò mai in che modo Giorgio Pjatakov stava davanti al microfono; era un signore di media altezza ed età, un pò calvo, con una barbetta a punta biondo rossiccia fuori moda. Tranquillo e diligente, egli spiegava come aveva fatto a sabotare le industrie da lui dipendenti. Esponendo ed indicando col dito, faceva l'impressione di un insegnante universtario, un professore di storia, che tiene una conferenza sulla vita e le gesta di un uomo morto da molto tempo, di nome Pjatakov, e che ha interesse a spiegare tutto fin nei minimi particolari, affinché i suoi ascoltatori e studenti capiscano bene.

Mi sarà difficile dimenticare anche lo scrittore Carlo Radek. Lo ricorderò per il modo come era seduto con la sua giacca marrone, il viso brutto e scarno inquadrato in una barba castana fuori moda, per il modo come guardava il pubblico, a lui noto in gran parte, o come guardava gli altri accusati, spesso con un sorriso pacato, spesso volutamente ironico, oppure per il modo con cui cingeva le spalle di altri accusati che entravano, con gesto leggero e affettuoso; parlando posava volentieri, prendeva un pò in giro gli altri accusati e metteva in evidenza la sua superiorkà artificiosa, era arrogante, scettico e letterario. Con un gesto brusco sospinse Pjatakov dal microfono per prendere il suo posto; batteva spesso con i giornali sulla balaustra, oppure, prendendo il suo bicchiere dì tè, vi gettava una fetta di limone, lo mescolava e, mentre diceva le cose più mostruose, beveva a piccoli sorsi. Ma non posava più quando fece la sua arringa finale nella quale disse la ragione per cui aveva confessato e questa confessione, per quanto fatta con disinvoltura e nonostante la sua forma perfetta, fece l'effetto della rivelazione di un uomo in pericolo, e fu commovente. Il gesto più spaventoso ed anche quello più difficilmente spiegabile di Radek fu quello con cui abbandonò la sala. Erano circa le quattro del mattino e tutti, giudici, accusati e pubblico, erano estenuati. Dei diciassette accusati, tredici, fra i quali anche intimi amici di Radek, erano stati condannati a morte, mentre egli ed altri tre erano stati condannati soltanto alla prigione. Il giudice aveva letto la sentenza, noi tutti l'avevamo ascoltata in piedi, accusati e pubblico, immobili, in profondo silenzio e, subito dopo la lettura, i giudici si erano ritirati. Vennero i soldati e si diressero prima ai quattro che non erano stati condannati a morte. Uno dei soldati pose la mano sulla spalla di Radek, ordinandogli evidentemente di seguirlo. E Radek lo seguì. Si voltò, alzò la mano per salutare, alzò impercettibilmente le spalle, ammiccò agli altri, ai condannati a morte, i suoi amici, e sorrise. Sì, sorrise.

Sarà anche difficile dimenticare la particolareggiata e faticosa esposizione dell'ingegnere Stroilov, nella quale spiegò come divenne membro dell'organizzazione trotzkista, come si agitò e cercò di uscirne; ma fu trattenuto per quello che aveva fatto un tempo e non riusci più a districarsi.

Indimenticabile, inoltre, quel calzolaio ebreo con la barba da rabbino, Drobnis, distintosi durante la guerra civile, il quale, dopo sei anni di prigionia zarista, fu condannato tre volte a morte dalle guardie bianche, sfuggì come per miracolo a tre fucilazioni ed ora annaspava davanti al tribunale e si torceva quando doveva confessare che mediante esplosioni dolose non aveva soltanto provocato scientemente danni materiali, ma anche la morte di operai. Terribile fu anche l'ingegnere Norkin, il quale con la sua " ultima parola" maledisse Trotzki, gli gridò il suo " disprezzo smisurato ed il suo odio"; era pallido di eccitazione e subito dopo dovette abbandonare la sala perché si era sentito male. Questa fu la prima ed ultima volta durante tutto il processo che si parlò ad alta voce; del resto, tutti: giudici, pubblico ministero ed accusati parlarono sempre tranquillamente, senza enfasi e mai nessuno alzò la voce.

Dato che gli scettici non si vogliono assolutamente adattare all'ipotesi che l'accusa possa fondarsi sulla verità, essi si basano, astrazion fatta dalle obbiezioni già citate, sul fatto che il comportamento degli accusati davanti ai giudici non può essere spiegato psicologicamente. Perché, si chiedono essi, gli accusati gareggiano in confessioni invece di contestare la loro colpa? E che specie di confessioni! Essi si dipingono come infami traditori. Perché, anche se sono trascinati, non tentano di addurre circostanze attenuanti, ma si caricano sempre più di colpe? Perché, dato che credono tuttora alle teorie di Troztki, non si confessano seguaci del loro capo e delle sue teorie? Perché ora non si vantano, dato che parlano per l'ultima volta alle masse, di queste loro azioni, che pur dovettero trovare degne di lode? Si può anche pensare che su diciassette persone una si umilii, o due od anche quattro. Ma tutti?

I Sovietici rispondono che la confessione è dovuta ad una ragione molto semplice. Perché durante l'istruttoria sono stati convinti con testimonianze e documenti che negare era inutile. Che tutti abbiano confessato si spiega col fatto che non tutti i trotzkisti implicati nel complotto erano stati arrestati, ma soltanto quelli che erano maggiormente convinti. Che le confessioni suonino patetiche è per lo più dovuto alla traduzione. L'accento russo è difficile da cogliere; il russo, tradotto, fa un'impressione superlativa, sentimentale e strana. (Questò è vero. Ho sentito un vigile dire al mio autista:

" Vogliate avere la compiacenza, compagno, di rispettare i regolamenti". Un simile modo di esprimersi è strano. E meno strano se si traduce il senso e non la lettera della frase:

" Stai attento ai regolamenti". Le traduzioni dei verbali del processo assomigliano però più al " rispettare i regolamenti "che allo " Stai attento ").

Devo confessare che, sebbene il processo mi avesse convinto della colpa degli accusati, il loro comportamento davanti al tribunale, nonostante gli argomenti dei Sovietici non mi era del tutto chiaro. Subito dopo il processo esposi, in una dichiarazione per la stampa sovietica, la mia impressione: " Le cause ultime di ciò che hanno fatto gli accusati, specialmente il loro comportamento davanti al tribunale, non sono del tutto chiari per gli occidentali. Le azioni della maggior parte di costoro possono aver meritato la morte: ma con invettive e ribellioni, per quanto comprensibili, non si spiega il carattere di questi uomini. Spiegare la loro colpa ed espiazione a degli occidentali, sarebbe compito di un grande poeta sovietico". Ciò non vuol naturalmente dire che possa dubitare del processo e dei suoi risultati. Quando mi si chiede la mia opinione, posso, sull'esempio dello scrittore Ernst Bloch, citare Socrate, il quale, interrogato su alcune oscurità di Eraclito, rispose: " Quello che ho capito è eccellente. Da ciò deduco che anche quello che non ho capito, sia pure eccellente ".

I Sovietici non concepiscono una simile incomprensione. Dopo la fine del processo, riferendosi alla mia dichiarazione sopra citata, uno scrittore moscovita disse dutante una riunione: "Feuchtwanger non capisce le ragioni per cui gli accusati hanno confessato. I 250.000 operai che fanno una dimostrazione sulla Piazza Rossa le capiscono". A me sembra, tuttavia, di essermi occupato ad ottenere maggior comprensione per il processo della maggior parte dei critici occidentali e siccome il poeta sovietico che potrebbe chiarire le cause delle confessioni ancora non esiste, voglio tentare di descrivere come mi immagino il processo psicologico della confessioni.



Il tribunale davanti al quale ebbe luogo il processo può essere considerato opportunamente una specie di tribunale del partito. Gli accusati erano fin dalla giovinezza iscritti al partito. Parecchi fra di loro appartenevano ai dirigenti di esso. E quindi un errore poter pensare che un uomo citato davanti ad un tribunale di partito possa comportarsi come un uomo davanti ad un comune tribunale occidentale. Era più di un semplice lapsus quando Radek si rivolse ai giudici con le parole: " Compagni giudici" sicché il presidente dovette invitarlo a dire: " Cittadini giudici". Anche l'accusato si sente ancora legato al partito e non è quindi un caso che il processo sin dall'inizio avesse carattere di discussione, cosa strana per gli occidentali. Giudici, pubblico ministero ed accusati non sembravano soltanto, ma erano effettivamente legati da uno scopo comune. Erano come ingegneri intenti a provare una nuova macchina complicata. Alcuni hanno rovinato un pezzo della macchina, non per malvagità, ma perché volevano ostinatamente provare le proprie teorie sul suo miglioramento. I loro metodi si sono dimostrati falsi, ma la macchina non sta loro meno a cuore degli altri e per questa ragione discutono di comune accordo i loro errori. Ciò che lega è l'interesse per la macchina, l'amore per essa. È questo sentimento fondamentale che permette a giudice ed accusato di collaborare così concordemente, qualcosa di analogo a quanto esiste in Inghilterra fra Governo ed opposizione, per cui il capo dell'opposizione riceve dallo Stato uno stipendio di duemila sterline.

Gli accusati erano seguaci di Trotzki; anche dopo la sua caduta credevano ancora in lui Ma essi vivevano nell'Unione Sovietica e quello che per l'esiliato Trotzki erano cifre lontane e statistiche, per loro era una cosa viva. Di fronte a questa viva contemplazione, il principio di Ttotzki che l'istituzione dell'economia socialista in un solo Paese era impossibile, non poteva reggere a lungo andare. Durante il 1935, in base alla crescente prosperità dell'Unione Sovietica, gli accusati dovettero riconoscere che il trotzkismo aveva fatto bancarotta: " Essi perdettero " dichiarò Radek, " la fede nella concezione di Trotzki". In queste circostanze è logico che le confessioni suonino come un inno forzato al regime staliniano. Gli accusati assomigliano in questo caso al profeta pagano Balaam della Bibbia che se ne va per maledire, ma che, contro la sua volontà, deve benedire.

L'accusato Muralov negò per ben otto mesi prima di risolversi a confessare, il 5 dicembre. " Sebbene " disse al processo, " non ritenessi giuste le direttive di Trotzki riguardo al terrorismo ed al sabotaggio, mi sembrava moralmente inammissibile tradire Trotzki. Ma quando infine gli altri gli voltarono le spalle, chi onestamente e chi falsamente, mi dissi:

mi sono battuto attivamente in tre rivoluzioni per l'Unione Sovietica e dozzine di volte la mia vita è stata in pericolo. Non devo ora subordinarmi ai suoi interessi? Oppure devo rimanere con Trotzki e battermi ulteriormente per la sua causa perduta? Allora il mio nome diventerà una bandiera per coloro che ancora militano nelle file della controrivoluzione. Gli altri, che abbandonino onestamente o meno Trotzki, non apparterranno mai agli araldi della controrivoluzione. Solo io devo rimanere un santo? Ciò fu decisivo per me e mi dissi: benissimo, ora me ne vado e proclamo tutta la verità." La deposizione di Radek su questo punto, in forma molto più attenuata, dice in sostanza la stessa cosa. Le dichiarazioni dei due uomini mi sembrano psicologicamente interessanti, astraendo dal processo. Esse dimostrano, ad esempio, fino a che punto gli uomini possono seguire un altro uomo nella cui superiore intelligenza di capo e nella cui geniale concezione credono e dove è il punto in cui lo abbandonano. I mezzi da avventuriero e da disperato in cui un Trotzki fu costretto a servirsi, dopo che la sua concezione fondamentale si era dirnostrata errata, dovettero spaventare i suoi partigiani. Essi cominciarono a considerare pazzeschi i suoi metodi. Non disertarono prima perché non sapevano come farlo tecnicamente. " Ci saremmo recati dalla polizia" dichiarò Radek, "se questa non fosse venuta prima da noi ", e ciò è probabile. Alcuni amici degli accusati si erano realmente recati dalla polizia e per questa ragione il complotto venne scoperto.



Le obbiezioni degli scettici sono di per sé giuste. Gente che ha fede nella propria causa, anche se questa è quasi perduta, non tradisce all'ultima ora. Coglie invece l'ultima grande possibilità di parlare in pubblico e l'utilizza per far propaganda per la propria causa. Davanti ai tribunali hitleriani i rivoluzionari dichiarano a centinaia: "Si, ho fatto quello per cui vengo accusato. Mi potete uccidere, ma sono orgoglioso di quanto ho fatto". Gli scettici hanno quindi il diritto di chiedere: perché nessuno dei troztkisti ha parlato in questo modo e perché nessuno dei trotzkisti ha detto: " Si, il vostro Stato staliniano è errato. Trotzki ha ragione. Quello che ho fatto è stato bene. Uccidetemi, ma mi assumo la responsabilità di ciò che ho fatto "?

A questa obiezione è però possibile dare una risposta decisiva. Questi trotzkisti non hanno parlato in questo modo, per il semplice fatto che non credono più in Trotzki, perché intimamente non potevano più rispondere di quanto avevano fatto, perché la loro convinzione trotzkista era stata confutata dai fatti, di modo che uomini con gli occhi aperti non potevano più credere ad essi. Che cosa rimaneva loro quindi da fare dopo essersi posti dalla parte sbagliata? Proprio perché erano socialisti convinti, prima della morte non rimaneva loro altro che confessare: il socialismo non può essere realizzato in base alle teorie di Trotzki, ma soltanto seguendo quelle di Stalin.

Ma, anche astraendo dai motivi ideologici e prendendo in considerazione soltanto le circostanze esteriori, gli accusati erano quasi obbligati a confessare. Che cosa avrebbero dovuto fare, dopo essere stati convinti da una schiacciante quantità di prove? Erano perduti, con o senza confessione. Confessando, potevano avere un barlume di speranza nella clemenza. In parole povere: non confessando erano perduti al cento per cento e, confessando, al novantanove per cento. Siccome non vi erano ragioni intime che si opponevano alla confessione, perché non farla? Dalle loro parole risulta che questo fatto ebbe un certo peso. Dei diciassette accusati, dodici pregarono i giudici di considerare la loro confessione una circostanza attenuante al momento di pronunciare la sentenza.

Questa richiesta fu formulata da tutti nella stessa forma e questo fatto faceva in ultimo un effetto terribile e tragicomico. Alla fine, cioè quando parlarono gli ultimi accusati, si aspettava nervosamente questa domanda e quando veniva effettivamente fatta e necessariamente nella stessa forma monotona, gli ascoltatori potevano a mala pena soffocare il riso.

Forse ancora più difficile che rispondere alla domanda:

"Quali furono i moventi degli accusati?" è rispondere a quest 'altra: quali ragioni spinsero il Governo a dare tanta pubblicità a questo processo e ad invitarvi la stampa e l'opinione pubblica mondiale? Che cosa se ne riprometteva? Non doveva la manifestazione avere conseguenze penose piuttosto che favorevoli? Il processo Zinoviev aveva fatto una cattivissima impressione all'estero; esso aveva fornito ai nemici un gradito materiale propagandistico e fatto tentennare molti amici. Aveva suscitato dubbi sulla stabilità del regime alla quale prima avevano creduto persino i nemici. Perché danneggiare, con un secondo processo analogo, cosi sventatamente il proprio prestigio?

La ragione, affermano i nemici, consiste nel selvaggio dispostismo di Stalin e nella sua gioia di spargere il terrore. È chiaro: questo Stalin, conscio della sua inferiorità, della sua sete di potere e smisurata sete di vendetta, vuole vendicarsi di tutti coloro che in qualche modo lo offesero ed inoltre di tutti coloro che in un qualche modo possono diventare pericolosi. Simili chiacchiere dimostrano ignoranza dell'anima umana e mancanza di senso critico. Si legga un libro, un discorso di Stalin e si guardi una sua fotografia o si ricordi una disposizione qualsiasi che egli abbia presa per la ricostruzione. Subito risulta chiaramente che questo uomo superiore non può assolutamente aver commesso l'errore di rappresentare una simile commedia con l'aiuto di innumerevoli collaboratori unicamente allo scopo di celebrare una vendetta, la sconfitta dei nemici, con illuminazione di bengala.

Io credo che la soluzione del problema sia più semplice ed in pari tempo più complicata. Si pensi alla risolutezza dell'Unione Sovietica, di proseguire sulla via della democrazia e si pensi, soprattutto, a quella mentalità militare che ho già messo in evidenza parecchie volte.

La crescente democratizzazione, specialmente il progetto della nuova Costituzione, dovette dare ai trotzkisti nuovo vigore, dovette dare loro delle speranze di poter agire più liberamente e di poter condurre la loro agitazione più efficacemente. Il Governo era ben deciso a reprimere sul nascere ogni attività trotzkista. In primo luogo fu l'incombente minaccia di guerra a decidere i dirigenti dell'Unione Sovietica a dare tanta pubblicità a questo processo Prima i trotzkisti erano meno pericolosi, si poteva graziarli e nel peggiore dei casi esiliarli. L'esilio non è però una misura molto efficace; Stalin stesso, esiliato per sei volte e sei volte rttornato, lo sà benissimo. Ora, appena prima della guerra, non era più possibile usare tanta clemenza. Una scissione, una presa di posizione, senza importanza in tcmpo di pace, può diventare un pericolo incommensurabile in guerra. Dopo l'assassinio di Kirov, nell'Unione Sovietica i trotzkisti vengono giudicati dai tribunali militari. Era un tribunale militare davanti al quale questi uomini comparvero ed era un tribunale militare che li giudicò.

L'Unione Sovietica ha due aspetti. L'aspetto dell'Unione combattente si manifesta con la rigida severità con la quale reprime ogni opposizione. L'aspetto dell'Unione ricostruttrice si manifesta nella democrazia contenuta nella nuova Costituzione. Il fatto che il Congresso in sessione straordinaria abbia votato la nuova Costituzione fra i due processi trotzkisti quello di Zinoviev e quello di Radek, agisce come un simbolo.


Non ho altro da dire, o meglio ne avrei eccome, ma vedo che tanto è inutile continuare.
 
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matteo.morganti
view post Posted on 6/2/2009, 17:08




Prendo atto che continui a produrti in critiche sovrastrutturali (in questo caso della specie peggiore perchè ideologiche, e l'ideologia non ha storia perchè segue - con ovvio sfasamento temporale - il cammino degli affari). Non vuoi scendere nel merito dell'analisi materialistica della struttura economica sovietica di quegli anni ('20-'30). Bene. Lascio da parte questa discussione che ricalca quelle pessime apparse sui quotidiani borghesi e socialriformisti dell'epoca ed odierni. Continuerò con altri compagni il confronto (e perchè no scontro) in merito all'analisi strutturale di quella importante esperienza: Hic Rhodus! Hic Salta! Il movimento operaio rivoluzionario deve uscire dalla morta gora caratterizzata da questo genere di dibattiti per calarsi nella scienza: scienza della rivoluzione in quanto analisi delle contraddizioni immanenti al modo capitalistico di produzione, solo così possiamo pensare di ricostruire un nucleo di teste pensanti adeguato ai tempi che ci attendono.
P. S. Parallelamente al tema della natura sociale dell'URSS (o meglio della società di transizione) occorre affrontare altri 2 temi strettamente correlati: a) l'analisi della moderna fase dell'imperialismo monopolistico finanziario transnazionale; b) l'elaborazione di un programma minimo in una fase non rivoluzionaria come momento di crescita teorica (in questo senso occorre riprendere il metodo dell'inchiesta operaia di Marx, ma di questo parlerò in un prossimo messaggio)
Buon lavoro a tutti, tutti sono invitati a partecipare perchè l'unità tra comunisti si ottiene solo con il confronto continuo, non con l'appiattimento su di un metodo (foss'anche quello materialista, che peraltro viene vivificato solo traendo conclusioni scientifiche dall'analisi del seno fecondo della praxis).
Saluti leninisti.
 
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Il Quarto Stato
view post Posted on 6/2/2009, 19:22




Io credo che se il movimento comunista non è capace di scrollarsi di dosso lo stalinismo, indubbiamente farà gli stessi errori di questo secolo e della caduta degli "stalinismi" nel mondo, dopo la crisi.
Le analisi di Marx, Engels e Lenin, vengono puntalmente ridicolizzate e storpiate dagli stalinisti, che vedono il socialismo come una forma di governo del Partito Comunista, e non come riappropriazione dei mezzi di produzione da parte della classe operaia.
Non credo sia produttivo continuare tale discussione con chi è sordo e cieco.
Con tutto il rispetto per il compagno Alexi che stimo, ma che ahimè si è lasciato strumentalizzare dalle opere di "stalinizzazione" che costantemente tutti gli ex '68 di stampo stalinista cercano di operare su internet.
Per il resto concordo con il compagno Matteo e con Inverno.
 
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Psychedelic_Alexi
view post Posted on 6/2/2009, 21:46




CITAZIONE
Non vuoi scendere nel merito dell'analisi materialistica della struttura economica sovietica di quegli anni ('20-'30).

Bene, illuminami tu allora. Ah però aggiungi anche gli anni 40' e 50', se possibile senza tutti questi giri di parole per deviare dalle mie critiche fatte. Visto che tu sai veramente come funzionava allora, fatti sentire chiaramente, perchè finora di quello che avete detto non c'è niente di nuovo, però se questa è la vostra critica sono soddisfatto lo stesso.


CITAZIONE
Io credo che se il movimento comunista non è capace di scrollarsi di dosso lo stalinismo, indubbiamente farà gli stessi errori di questo secolo e della caduta degli "stalinismi" nel mondo, dopo la crisi.

Senti compagno Quarto Stato, anch'io ti stimo, ma non condivido affatto certe tue prese di posizione, ma questo l'avrai capito :P
Parlare di stalinismo come una minaccia moderna mi sembra una cosa puerile, al massimo si può parlare come fase storica, cioè la cosidetta "Era di Stalin", ma non è un'ideologia. Mentre Lenin ha dato sia un apporto pratico che teorico al comunismo, Stalin l'ha dato prevalentemente sul punto pratico basandosi su ciò che aveva creato Lenin (anche se so che non condividete affatto questa affermazione), quindi dal punto di vista teorico non c'era molto da aggiungere e difatti venne seguita la linea leninista (so che non condividete nemmeno questo). Se cercate di dire che invece esisteva lo "stalinismo" per via della teoria del "socialismo in un solo paese", risparmiatevelo perchè non ha senso, poi si discute già abbastanza di questo.
Inoltre non penso che Gorbaciov sarebbe contento dell'etichetta "stalinista", se pensate ciò, non state messi tanto bene. Se si etichettano i successori di Stalin, come "stalinisti, allora si devono etichettare i successori di Lenin come leninisti. Ma mi pare ovvio che sia una stupida analisi antimarxista.


CITAZIONE
opere di "stalinizzazione" che costantemente tutti gli ex '68 di stampo stalinista cercano di operare su internet.

Non si è capito a chi ti riferisci guarda :lol:
 
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matteo.morganti
view post Posted on 6/2/2009, 21:59




E' talmente poco nuova la mia critica che non ti degni neppure di controbattere, fin'ora ho parlato solo io, quindi avrei gradito un contraddittorio, chiedo troppo? Fai un'analisi della struttura economica sovietica, gli anni sceglili pure a tuo piacimento, riportando non solo sterili numeri ma anche tue considerazioni personali che non siano le solite baggianate sull'era Stalin, l'era Lenin ... Riporta le tue opinioni in merito alla struttura dell'economia sovietica del periodo, questo chiedo, è molto semplice; controbatti alle mie tesi sulla caduta del saggio di profitto, sul modello di pianificazione scelto, sulla teoria sottostante questa scelta (il socialismo in un solo paese e la mobilitazione di massa per l'industrializzazione forzata ...)
Grazie
 
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Il Quarto Stato
view post Posted on 6/2/2009, 22:13




Bordiga definì il capitalismo di Stato nel periodo di Lenin come "industrialismo di Stato", qualche bordighista può esplicitarmi questa sua teoria?

Riporto alcuni scritti di Lenin in cui dice esplicitamente che si stava costruendo il Capitalismo di Stato in Russia.
Lenin nel 1921 affermò (La tattica del Partito Comunista Russo - Lenin):"Ci troviamo qui di fronte al problema più difficile. L'imposta in natura significa, s'intende, libertà di commercio. Il contadino, dopo aver pagato l'imposta in natura, ha il diritto di scambiare liberamente quel che gli rimane del suo grano. Questa libertà di scambio significa libertà per il capitalismo. Noi lo diciamo francamente e lo sottolineiamo. Non lo nascondiamo affatto. Le nostre cose andrebbero male se pensassimo di nasconderlo. Libertà di commercio significa libertà per il capitalismo, ma significa al tempo stesso una nuova forma di capitalismo. Vale a dire che noi, in una certa misura, ricreiamo il capitalismo. E lo facciamo del tutto apertamente. Si tratta del capitalismo di Stato. Ma capitalismo di Stato in una società in cui il potere appartiene al capitale, e capitalismo di Stato in uno Stato proletario sono due concetti diversi. In uno Stato capitalistico, capitalismo di Stato significa capitalismo riconosciuto e controllato dallo Stato a vantaggio della borghesia e contro il proletariato. Nello Stato proletario, vien fatta la stessa cosa a vantaggio della classe operaia e allo scopo di resistere alla borghesia ancora forte e di lottare contro di essa. È ovvio che dovremo cedere molte cose alla borghesia e al capitale straniero."
 
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Psychedelic_Alexi
view post Posted on 6/2/2009, 22:25




CITAZIONE (matteo.morganti @ 6/2/2009, 21:59)
E' talmente poco nuova la mia critica che non ti degni neppure di controbattere, fin'ora ho parlato solo io, quindi avrei gradito un contraddittorio, chiedo troppo? Fai un'analisi della struttura economica sovietica, gli anni sceglili pure a tuo piacimento, riportando non solo sterili numeri ma anche tue considerazioni personali che non siano le solite baggianate sull'era Stalin, l'era Lenin ... Riporta le tue opinioni in merito alla struttura dell'economia sovietica del periodo, questo chiedo, è molto semplice; controbatti alle mie tesi sulla caduta del saggio di profitto, sul modello di pianificazione scelto, sulla teoria sottostante questa scelta (il socialismo in un solo paese e la mobilitazione di massa per l'industrializzazione forzata ...)
Grazie

Mi pare di averti quasi sempre risposto. Inoltre scusami, ma in quale messaggio hai parlato di queste cose?
Se vuoi arrivare a dire che la condizione del proletariato peggiorava sempre di più è pura falsità, non so poi cosa tu abbia contro la pianificazione e l'industrializzazione.
 
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Il Quarto Stato
view post Posted on 6/2/2009, 22:29




Guarda Alexi che il compagno sta mettendo in discussione l'industrializzazione forzata, ne hai mai sentito parlare dei milioni di contadini spostati in massa, o meglio fatti spostare da Stalin, per industrializzare le zone della Russia? Oppure delle quattro modernizzazioni cinesi?
Altra cosa che sta contestando è il socialismo in un solo paese, peculiarità del non-marxismo e non-internazionalismo di Stalin.

"19. Questa rivoluzione potrà verificarsi soltanto in un singolo paese?

No. La grande industria, già per il fatto di aver creato il mercato mondiale, ha collegato tutti i popoli della terra, e specialmente quelli civili, a tal punto che ogni popolo dipende da quello che accade presso un altro. Inoltre, essa ha livellato lo svolgimento della società in tutti i paesi civili al punto che in tutti questi paesi borghesia e proletariato sono diventati le due classi decisive della società, e la lotta fra queste due classi è diventata la lotta principale dei nostri giorni. La rivoluzione comunista non sarà quindi una rivoluzione soltanto nazionale, sarà una rivoluzione che avverrà contemporaneamente in tutti i paesi civili, cioè per lo meno in Inghilterra, America, Francia e Germania. Si svilupperà più rapidamente o più lentamente in ognuno di questi paesi, a seconda che l'uno o l'altro di essi possiede una industria più o meno perfezionata, una ricchezza maggiore o minore, una massa di forze produttive più o meno importante. In Germania quindi l'attuazione della rivoluzione è lentissima e difficilissima, in Inghilterra rapidissima e facilissima. E anche negli altri paesi del mondo essa farà sentire un'importante ripercussione, e trasformerà completamente il tipo seguito fino ad ora dal loro svolgimento e lo accelererà di molto. E' una rivoluzione universale e avrà perciò anche un terreno universale." F. Engels
 
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matteo.morganti
view post Posted on 6/2/2009, 22:40




Veniamo al dunque: dobbiamo parlare del socialismo in un solo paese? Così sia. Lascio da parte le sciocchezze sui processi farsa perchè lo stile Travaglio che spiattella documenti processuali senza conoscere le motivazioni politiche (la lotta di classe!) si schernisce da solo. Quanto alla baggianata sul piccolo numero degli esponenti dell'avanguardia ... unisciti pure al carrozzone che crede nei partitoni massa, non è una posizione marxista e prendo atto anche di questo tuo ennesimo allontanamento dal materialismo.
Il dibattito sulla natura sociale dell'URSS è vivo negli anni '20 e fino a metà degli anni '30; il contesto economico era cambiato, il PCUS aveva deciso di svoltare e avviare una politica di pianificazione. Si contrapponeva 2 tesi: i genetisti (che poi vennero sconfitti in sede di comitato centrale) secondo cui il piano doveva solo stabilire una direzione per l'industrializzazione; ed i teleologici (tra cui Bucharin e Leontiev) secondo cui un piano senza scopi sarebbe stato un non-sense, come un piano senza piano. Questa non è la sede di riportare le conseguenze di entrambe le tesi, ma se ci sarà tempo e modo lo faremo. Il 1° piano quinquennale fu rivisto più volte al ribasso perchè risultò essere un volontarismo insensato ed eccessivo, il 2° idem perchè i conti non tornavano. Insegna Marx che nell'operazione 2+2=4 non serve guardare oltre l'uguale, ma occorre analizzare il processo (il 2+2) che porta al risultato. Bene. I piani (pur nello sforzo teorico enorme: basti solo ricordare che molti dei dibattiti sono ripresi inconsapevolmente ancora oggi nelle aziende in sede di programmazione dei costi ..., ed a Leontiev si devono dei tentativi di elaborare un calcolo economico sulla base del socialismo, tentativi ripresi ad esempio da Bettelheim). Qui sta il nodo: era possibile il calcolo economico? Secondo l'analisi marxiana (non marxista!) il calcolo economico è possibile a livello di azienda, spingendosi ad un livello di concentrazione-centralizzazione del capitale ancora maggiore, è possibile anche a livello di settore, ma in sè (in quanto tale) il capitale è anarchico e i piani delle aziende (o settori) si contrapporranno producendo collisioni (questo perchè il capitale senza il molteplice, senza altri capitali, è un assurdo). Già questo basta per vedere che solo in una società in cui realmente siano stati socializzati i mezzi di produzione (almeno quelli dominanti) è possibile una pianificazione controllata, altrove è pregna di contraddizioni. Se vogliamo affermare che l'URSS degli anni 20-30 lo era: cadiamo nello scherno; non essendolo lo sviluppo economico accelerato non dimostrava l'esistenza del socialismo, ma esattamente il contrario: una società ancora capitalistica in cui una dirigenza rivoluzionaria (anche se in via di corruzione) direzionava quello sviluppo avendo come obiettivo la resistenza in attesa della rivoluzione europea (almeno). Lo sviluppo era realmente accelerato? Confrontato coi ritmi occidentali, senza dubbio, ma così si confrontano mele e pere, i dati devono essere depurati del fattore "base socio-economico di partenza" (altrimenti si arriverebbe all'assurdo che il socialismo si può sviluppare solo partendo dall'era del bronzo perchè in quel caso il saggio di crescita sarebbe esponenziale), depurando il dato, questo viene tagliato in modo vertiginoso, ma tutto sommato rimane accettabile. Anche risolto il problema del confonto, rimane un errore clamoroso da parte dei pianificatori sovietici che testimonia della loro mancanza teorica, un errore da dilettanti (anche se è comprensibile data la novità dell'esperienza): la produttività viene misurata in termini fisici! Proprio in un sistema basato sul valore di scambio come il capitalismo, si tiene conto del valore d'uso! Si deve sempre ragionare in termini di valore, e questo non è neppure facile perchè nel mercato non si contrappongono MAI valori, ma prezzi (di costo e/o di mercato), il valore pur essendo un'astrazione concreta è comunque ideale, basti pensare che il saggio generale di profitto (capitali di uguale grandezza ottengono profitti uguali indipendentemente dalla composizione organica rispettiva, dal tempo di rotazione ...) già in sè presuppone prezzi di costo che divergono dai valori (la determinazione del valore della merce in base al tempo socialmente necessario alla sua produzione); anche questo è comunque un errore evitabile e di poco conto se vogliamo (oltretutto occorre non confondere la produttività occidentale, che spesso cela solo una maggiore intensità nell'uso della forza-lavoro, con la reale produttività, che è solo la produzione di maggiore plusvalore relativo nello stesso tempo e con la stessa tensione della forza-lavoro, insomma la produttività è solo quella del lavoro, e di quello sociale poi, non del singolo operaio!). Detto questo. Una delle fandonie pazzesche è stata la seguente: il saggio di profitto in URSS non cadeva alla stessa velocità che ne paesi occidentali, quindi è sintomo di socialismo! D'abord: questo è paradossalmente il sintomo dell'arretratezza del sistema sovietico: macchinari obsoleti che non venivano sostituiti velocemente e che quindi non facevano crescere il capitale costante (in valore ma anche in massa) rispetto al capitale variabile, è un sintomo di futura certa stagnazione (che comincerà infatti prestissimo a manifestarsi); è sintomo del fatto che l'industrializzazione procedeva in senso estensivo e mai intensivo, ed effettivamente si può parlare di sviluppo solo quando si passa alla qualità dopo aver negato positivamente la quantità e così via in un circolo senza fine (quantità-qualità-quantità ....). Non si deve poi dimenticare che se è vero (come è vero) che legge assoluta è la caduta del saggio di profitto, è pur sempre una tendenza, e quindi di necessità agiscono controtendenze, altrimenti il capitalismo sarebbe collassato su stesso da solo senza bisogno di rivoluzioni; oltrettutto il saggio di profitto può cadere senza che cada la massa (che anzi necessariamente cresce). L'economia sovietica insomma non presentava i caratteri occidentali perchè la si vedeva ideologicamente, era talmente arretrata che le leggi scoperte da Marx operavano molto lentamente (e già sono lente come i tempi della storia), e ideologicamente si vedeva in questo un superamento di tali leggi, quindi il socialismo! Un caso per tutti: il capitale reagisce alla caduta tendenziale del saggio di profitto aumentando la sua già presente tendenza alla concentrazione (cercando di compensare proprio la caduta del saggio con l'aumento della massa di profitto), in questo riesce contraddittoriamente però: aumenta proprio la caduta del saggio; in URSS questa controtendenza operava lentamente, perchè al di là dell'ideologia della proprietà statale dei mezzi di produzione, le unità operative erano frammentate e quindi poco concentrate! E' un altro sintomo della tragedia a cui andava incontro l'URSS (non per colpa di Stalin, ma per "colpa" delle ferree leggi economiche che impedivano a quel paese straccione di dominare il mercato mondiale del capitale, e quindi di vedersi imporre prezzi di mercato - quindi concorrenza - insostenibili per la propria arretrata struttura economica); allora avrebbe dovuto collassare subito? Qui sta l'errore dei faciloni, la proprietà giuridica(pur non essendo il socialismo) incide sui meccanismi economici, così occorre tenere conto non tanto delle unità operative (le fabbriche), ma delle unità di capitale (i trust statali accentrati anche se solo giuridicamente): un escamotage che però non può reggere a lungo.
Questo è il terreno su cui giudicare lo stalinismo!

Ti pregherei di rispondere a questo
 
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Psychedelic_Alexi
view post Posted on 6/2/2009, 22:43




CITAZIONE
Guarda Alexi che il compagno sta mettendo in discussione l'industrializzazione forzata, ne hai mai sentito parlare dei milioni di contadini spostati in massa, o meglio fatti spostare, da Stalin per industrializzare le zone della Russia?

«Tutta l’URSS ha contribuito: dalle fonderie di Leningrado, alle officine dell’Ucraina. Per tutto il Paese era corsa la parola d’ordine “Forza per Kusnetsk”, perché Kusnetsk apriva la strada all’industrializzazione della Siberia. Essa aveva già trasformato milioni di contadini in operai siderurgici e dato esperienza preziosa a centinaia di ingegneri». Costruzione di strutture e trasformazione di uomini erano i frutti di quel titanico sforzo che rese anche necessario, in molti casi, lo spostamento di intere popolazioni, quegli stessi spostamenti che la propaganda borghese bolla come “deportazioni”.


CITAZIONE
Altra cosa che sta contestando è il socialismo in un solo paese, peculiarità del non-marxismo e non-internazionalismo di Stalin.

Ma non si deve considerare la teoria del "socialismo in un solo paese" come nazionalista, anche perchè allora non si spiega il blocco sovietico, ovviamente dirai che quei paesi furono tutti brutalmente annessi sotto l'egida della dittatura sovietica.
Dimmi cosa c'è di male nel dimostrare la superiorità del socialismo così da far suscitare ammirazione nelle masse internazionali che in uno scontro con il socialismo si schiereranno dalla sua parte, come avvenne per i paesi dell'Est, addirittura alcune nazioni entarono nel blocco tramite elezione. Riflettiamo un attimo non dogmaticamente, anche ora, se avessimo la possibilità di instaurare il socialismo in Italia, davvero si avrebbe il coraggio di rifiutare, scegliendo quindi direttamente o indirettamente il capitalismo e permettendo alla borghesia di spegnere il moto rivoluzionario? Non si può pretendere la vittoria immediata su scala mondiale, anche se quello è il fine di ogni comunista.
 
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26 replies since 3/2/2009, 00:53   649 views
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