Forum Comunista Internazionalista

Lettera di Stalin al compagno Ivanov, riguardante il socialismo in un solo paese

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Psychedelic_Alexi
icon14  view post Posted on 3/2/2009, 00:53




Spero non me ne vengano a male i compagni che non condividono l'operato di Stalin, però la trovo un interessante lettera che forse può chiarire alcune cose, ne consiglio la lettura.


Lettera di Ivanov al compagno Stalin

AL COMPAGNO STALIN
da porte di Ivanov, propagandista
titolare del Comitato di Settore della
Gioventù comunista leninista dell’URSS
a Manturov (regione di Kursk).


Caro compagno Stalin,

Vi prego caldamente di chiarirmi la questione seguente:
qui da noi, sul posto, come anche nel Comitato regionale della Gioventù Comunista, esistono due maniere di concepire la vittoria definitiva del socialismo nel nostro paese, si confonde cioè, il primo gruppo di contraddizioni con il secondo. Nelle vostre opere sui destini del socialismo nell'Unione Sovietica si parla di due gruppi di contraddizioni: quelle interne e quelle esterne.
Quanto al primo gruppo di contraddizioni, è chiaro che le abbiamo risolte: il socialismo nell’interno del paese ha trionfato.
Vorrei avere una risposta circa il secondo gruppo di contraddizioni, e cioè quelle esistenti tra il paese del socialismo e i paesi capitalistici. Voi indicate che la vittoria definitiva del socialismo significa la soluzione delle contraddizioni esterne, la completa garanzia contro 1'intervento e, di conseguenza, contro l'instaurazione del capitalismo. Ma questo gruppo di contraddizioni può essere risolto solo mediante gli sforzi degli operai di tutti i paesi.
E anche il compagno Lenin ci insegnava che “si può vincere definitivamente solo su scala mondiale, solo mediante gli sforzi uniti degli operai di tutti i paesi” .
Al corso per i propagandisti titolari presso il Comitato regionale della Gioventù Comunista leninista dell'U.R.S.S. io ho detto, basandomi sulle vostre opere, che la vittoria del socialismo può essere definitiva solo su scala mondiale; ma i militanti del Comitato regionale, Urogenko (primo segretario del Comitato regionale della Gioventù Comunista) e Kazelkcov (istruttore alla propaganda) qualificano il mio intervento di uscita trotzkista.
Ho dato loro lettura di citazioni di vostre opere su questa questione ma Urogenko mi ha detto di chiudere il mio volume, affermando che “il compagno Stalin lo diceva nel 1926, mentre ora siamo già nel 1938; allora non avevamo
ancora la vittoria definitiva, mentre ora l’abbiamo, e non si tratta punto ora per noi di pensare all’intervento e alla restaurazione”. Inoltre egli dice: “Noi abbiamo ora la vittoria definitiva del socialismo e abbiamo la piena garanzia contro l’intervento e contro la restaurazione del capitalismo”. Così mi hanno considerato complice del trotzkismo, mi hanno tolto dal lavoro di propaganda, e
hanno posto la questione di sapere se posso restare nella Gioventù Comunista.
Vi prego, compagno Stalin, di spiegarmi se abbiamo la vittoria definitiva del socialismo o se non l'abbiamo ancora. Forse non ho trovato finora la documentazione complementare d’attualità su questa questione, in rapporto con
i recenti cambiamenti?
Io considero anche come antibolscevica la dichiarazione di Urogenko, che pretende che le opere di Stalin su questa questione sono un po’ invecchiate. E i militanti del Comitato regionale hanno poi avuto ragione di considerarmi un
Trotzkista? Ciò mi mortifica molto e mi offende.
Vi prego, compagno Stalin, di volermi rispondere al seguente indirizzo: Ivan Filippovic Ivanov, Soviet del villaggio Pervi Zassiem, distretto di Manturov, regione di Kursk.
18-1-38 Firmato: U. lvanov.



Lettera di Stalin al compagno Ivanov

Al compagno Ivan Filippovic Ivanov,
Voi avete naturalmente ragione, compagno Ivanov, e sono i vostri avversari ideologici, cioè i compagni Urogenko e Kazelkov, che hanno torto. Ed ecco perché.
E' fuor di dubbio che la questione della vittoria del socialismo in un solo paese, in questo caso nel nostro, ha due diversi aspetti.
Il primo aspetto della questione della vittoria del socialismo nel nostro paese abbraccia il problema dei rapporti tra le classi all’interno del nostro paese. Questo è il campo dei rapporti interni. Può la classe operai del nostro
paese sormontare le contraddizioni con i nostri contadini e stabilire con essi un'alleanza, una collaborazione? Può la classe operaia del nostro paese, in alleanza con i contadini, battere la borghesia del nostro paese, strapparle
la terra, le officine, le miniere, ecc., e costruire con le sue proprie forze una nuova società senza classi, una compiuta società socialista?
Questi sono i problemi legati al primo aspetto della questione della vittoria del socialismo nel nostro paese.
Il leninismo risponde a questi problemi affermativamente.
Lenin insegna che “noi abbiamo tutto ciò che è necessario per l’edificazione di una compiuta società socialista”. Noi possiamo e dobbiamo dunque, con le nostre proprie forze, vincere la nostra borghesia e costruire la società socialista. Trotzki, Zinoviev, Kamenev e simili messeri, divenuti in seguito spie e agenti del fascismo, negavano la possibilità di edificare il socialismo nel nostro paese senza che prima la rivoluzione socialista avesse vinto negli altri paesi, nei paesi capitalistici. Questi messeri, in sostanza, volevano riportare il nostro paese indietro sulla via dello sviluppo borghese, coprendo la loro apostasia con falsi argomenti sulla “vittoria della rivoluzione” negli altri paesi. E' proprio su questo punto che si è svolta la discussione nel nostro partito con questi signori. L’ulteriore andamento dello sviluppo del nostro paese ha mostrato che il Partito aveva ragione, e che Trotzki e compagnia
avevano torto.
Infatti, nel frattempo siamo riusciti a liquidare la nostra borghesia, a stabilire una fraterna collaborazione con i contadini ed a costruire, nell'essenziale, la società socialista, sebbene la rivoluzione socialista non abbia vinto negli altri paesi.
Così stanno le cose per quel che riguarda il primo aspetto della questione della vittoria del socialismo nel nostro paese.
Io penso, compagno Ivanov, che la vostra controversia coi compagni Urogenko e Kazelkov non riguardi questo aspetto della questione.
Il secondo aspetto della questione della vittoria del socialismo nel nostro paese abbraccia il problema dei rapporti del nostro paese con gli altri paesi, con i paesi capitalistici, il problema dei rapporti della classe operai del
nostro paese con la borghesia degli altri paesi. Questo è il campo dei rapporti esterni internazionali. Può il socialismo vincere in un paese, che è circondato da potenti paesi capitalistici, considerarsi completamente garantito dal pericolo di un'invasione armata (intervento) e, di conseguenza dal tentativo di restaurazione del capitalismo del nostro paese? Possono la nostra classe operaia e i nostri contadini con le loro forze, senza un serio aiuto della classe operaia dei paesi capitalistici, vincere la borghesia degli altri paesi, così come hanno vinto la propria borghesia? In altre parole: si può considerare la vittoria del socialismo nel nostro paese definitiva, cioè liberata del pericolo di un’aggressione militare e di tentativi di restaurazione del capitalismo, mentre la vittoria del socialismo esiste solo in un paese, mentre continua ad esistere l'accerchiamento capitalistico.
Tali sono i problemi che si ricollegano al secondo aspetto della questione della `vittoria del socialismo nel nostro paese. Il leninismo risponde a questi problemi negativamente. Il leninismo insegna che e la vittoria definitiva del socialismo nel senso di una piena garanzia contro la restaurazione dei rapporti borghesi è possibile solo su scala internazionale (vedi la nota risoluzione della 14.a conferenza del Partito Comunista dell’U.R.S.S.). Ciò significa che il serio aiuto del proletariato internazionale è quella forza senza la quale non può essere risolto il problema della vittoria definitiva del socialismo in un solo paese. Ciò non significa, naturalmente, che noialtri dobbiamo starcene con le braccia incrociate ad aspettare un aiuto dal di fuori. Al contrario, l'aiuto del proletariato internazionale deve essere congiunto col nostro lavoro per il rafforzamento dell’Esercito Rosso e della Flotta Rossa per la mobilitazione di tutto il paese per la lotta contro l’aggressione militare ai tentativi di restaurazione dei rapporti borghesi.
Ecco quel che, a questo proposito, scrive Lenin:
“Noi viviamo non solo in uno Stato, ma in un sistema di Stati, e l'esistenza della Repubblica Sovietica accanto agli Stati imperialisti per un periodo di tempo non è concepibile. Alla fine, o l'uno o l’altro deve vincere. E nell’attesa che giunga questa fine una serie di scontri terribili tra la Repubblica Sovietica e gli Stati borghesi è inevitabile. Ciò significa che la classe dominante, il proletariato se vuole dominare e dominerà, deve dimostrarlo
anche con la sua organizzazione militare” (Vol 24 pagina 122 ediz. russa).
E più in là:
“Noi siamo circondati da uomini, da classi, da governi che esprimono apertamente il loro odio contro di noi. Noi dobbiamo ricordare che siamo sempre a un capello da un’invasione”. (Vol. 27, pag. 117).
Ciò è detto con acutezza e con forza, ma onestamente e schiettamente, senza fronzoli, come sapeva parlare Lenin
Sulla base di queste premesse, nelle questioni di leninismo di Stalin è detto:
<la vittoria definitiva del socialismo è la piena garanzia contro i tentativi di intervento, e, quindi di restaurazione, poiché un tentativo un po’ serio di restaurazione può aver luogo solo con il serio appoggio dal di fuori, solo con l’appoggio del capitale internazionale. Perciò il sostegno della nostra rivoluzione da parte di tutti gli operai dei paesi, e tanto più la vittoria di questi operai, se non altro in alcuni paesi, è la condizione necessaria per la
piena garanzia del primo passo vittorioso contro i tentativi di intervento e di restaurazione, la condizione necessaria per la vittoria definitiva del socialismo” (Questioni di leninismo, 1937, pag. 134).
Infatti sarebbe ridicolo e sciocco chiudere gli occhi sul fatto dell'accerchiamento capitalistico e pensare che i nostri nemici esterni, ad esempio i fascisti, non tenteranno all'occasione, di compiere un'aggressione armata contro l’U.R.S.S. Possono pensare così solamente dei ciechi fanfaroni e i nemici nascosti, che vogliono addormentare il popolo. Non sarebbe meno ridicolo negare che nel caso di minimo successo dell’intervento militare, gli interventisti tenderebbero, nelle zone da essi occupate, di distruggere il regime sovietico e di restaurare il regime borghese. Denikin e Kolciak non hanno forse restaurato il regime borghese nelle zone da essi occupate? In che cosa i fascisti sono migliori di Denikin e Kolciak? Negare il pericolo di un intervento militare e di tentativi di restaurazione mentre esiste l'accerchiamento capitalistico, possono farlo solo i confusionari e i nemici nascosti che vogliono nascondere con delle fanfaronate la propria ostilità o che cercano di smobilitare il popolo. Ma è possibile considerare la vittoria del socialismo in un solo paese definitiva se questo paese ha intorno a sé un accerchiamento capitalistico, e se esso non è garantito pienamente contro la minaccia di un
intervento e di restaurazione? E' chiaro che non è possibile.
Così stanno le cose per quel che riguarda la questione della vittoria del socialismo in un solo paese.
Ne deriva che questa questione contiene due problemi differenti.
a) il problema dei rapporti interni del nostro paese, cioè il problema della vittoria sulla nostra borghesia e dell'edificazione del socialismo integrale;
b) il problema dei rapporti esterni del nostro paese, cioè il problema della piena garanzia del nostro paese contro i pericoli di un intervento militare e di restaurazione.
Il primo problema è già stato da noi risolto, poiché la nostra borghesia è già liquidata e il socialismo è già edificato nell’essenziale. Questo, da noi, si chiama vittoria del socialismo o, più esattamente, vittoria dell'edificazione
socialista in un solo paese. Noi potremmo dire che questa vittoria è definitiva, se il nostro paese si trovasse su un’isola, e se intorno ad esso non vi fossero numerosi altri paesi, dei paesi capitalistici. Ma poiché noi viviamo non su un'isola ma in un “sistema di stati” di cui una parte considerevole è ostile al paese del socialismo, creando così il pericolo di un intervento ed una restaurazione, noi diciamo apertamente a onestamente che la vittoria del socialismo nel nostro paese non è ancora definitiva. Ma da questo consegue che il secondo problema non è ancora risolto e che bisognerà risolverlo. Più ancora: non è possibile risolvere il secondo problema nello stesso modo in cui è stato risolto il primo problema cioè mediante i soli sforzi del nostro paese.
Il secondo problema lo si può risolvere soltanto mediante l’unione dei seri sforzi del proletariato internazionale con gli sforzi ancora più seri di tutto il nostro popolo sovietico. Bisogna rafforzare e consolidare i legami proletari internazionali della classe operaia dell’U.R.S.S. con la classe operaia dei paesi borghesi, bisogna organizzare l’aiuto politico della classe operaia dei paesi borghesi alla classe operaia del nostro paese per il caso di un’aggressione militare, contro il nostro paese, così come bisogna organizzare ogni sorta di aiuto della classe operaia del nostro paese alla classe operaia dei paesi borghesi; bisogna rafforzare e consolidare con tutti i mezzi il nostro Esercito Rosso, la nostra Flotta Rossa, la nostra Aviazione Rossa, la nostra Società d’incoraggiamento alla difesa aero-chimica. Bisogna tenere tutto il nostro popolo in uno stato di mobilitazione perché sia pronto a fare fronte al pericolo di un’aggressione militare, perché “nessun caso” e nessuna manovra dei nostri nemici esterni ci possa cogliere alla sprovvista...
Dalla Vostra lettera risulta che il compagno Urogenko ha un altro punto di vista, non del tutto leninista. Egli, infatti, afferma che “noi non abbiamo adesso la vittoria definitiva del socialismo e abbiamo la piena garanzia contro l'intervento e contro la restaurazione del capitalismo”. Non vi può essere dubbio che il compagno Urogenko ha fondamentalmente torto. Una simile affermazione del compagno Urogenko può essere spiegata solo con una incomprensione della realtà che ci circonda e con l'ignoranza dei princìpi elementari del leninismo, oppure con la sterile vanteria di un giovane burocrate infatuato della sua persona. Se veramente “abbiamo la piena garanzia contro la restaurazione del capitalismo” abbiamo noi bisogno di un potente Esercito Rosso, d'una Aviazione Rossa, d'una potente Società d’incoraggiamento della difesa aereo-chimica, del rafforzamento e del consolidamento dei legami proletari internazionali? Non sarebbe meglio adoperare i miliardi che spendiamo per rafforzare l’Esercito Rosso, per altri scopi e ridurre al minimo l'Esercito Rosso o anche scioglierlo del tutto? Persone come il compagno Urogenko anche se soggettivamente sono devote alla nostra causa, oggettivamente sono pericolose per la nostra causa, poiché con la loro vanteria, volontariamente o involontariamente,(è lo stesso) addormentano il nostro popolo, smobilitano
gli operai e i contadini e aiutano i nemici a coglierci alla sprovvista nel caso di complicazioni internazionali.
Per quel che riguarda il fatto, compagno Ivanov, che a quanto pare “vi hanno tolto dal lavoro di propaganda e hanno posto la questione di sapere se potete restare nella Gioventù Comunista” non dovete preoccuparvi. Se gli uomini del Comitato regionale della Gioventù Comunista vogliono veramente assomigliare al sottufficiale Priscibeiev, il noto personaggio di Cechov, si può essere certi che ci perderanno. Nel nostro paese i Priscibeiev non piacciono.
Adesso potete giudicare se è invecchiato il noto passo del libro “Questioni di leninismo”, a proposito della vittoria del socialismo in un solo paese. Vorrei molto io stesso fosse invecchiato, perché al mondo non vi fossero più cose così spiacevoli come l’accerchiamento capitalistico, il pericolo di una aggressione armata, il pericolo della restaurazione del capitalismo, e così via. Ma purtroppo, queste cose spiacevoli seguitano a esistere.
,12-2-1938 STALIN

 
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Bèla Kun
view post Posted on 3/2/2009, 13:58




CITAZIONE
costruire con le sue proprie forze una nuova società senza classi, una compiuta società socialista?

ma quali proprie forze? anzi con le sue proprie? é tramite lo Stato e l'enorme apparato organizzativo di questo che è stato possibile togliere (anche se via via la classe borghese il potere se l'è ripreso, tramite la corruzione e l'insediamento sia negli apparati di partito sia nelle realtà industriali) e comunque o c'è lo Stato (diretto o meno dai comunisti) o c'è la società socialista (senza classi nè Stato)



CITAZIONE
Trotzki, Zinoviev, Kamenev e simili messeri, divenuti in seguito spie e agenti del fascismo

ci credi?? :blink:


CITAZIONE
Infatti, nel frattempo siamo riusciti a liquidare la nostra borghesia, a stabilire una fraterna collaborazione con i contadini ed a costruire, nell'essenziale, la società socialista, sebbene la rivoluzione socialista non abbia vinto negli altri paesi.

Quindi esisterebbero diversi gradi di società socilaista? quella compiuta e quella invece costruita "nell'essenziale"?


CITAZIONE
Ciò significa che il serio aiuto del proletariato internazionale è quella forza senza la quale non può essere risolto il problema della vittoria definitiva del socialismo in un solo paese. Ciò non significa, naturalmente, che noialtri dobbiamo starcene con le braccia incrociate ad aspettare un aiuto dal di fuori. Al contrario, l'aiuto del proletariato internazionale deve essere congiunto col nostro lavoro per il rafforzamento dell’Esercito Rosso e della Flotta Rossa per la mobilitazione di tutto il paese per la lotta contro l’aggressione militare ai tentativi di restaurazione dei rapporti borghesi.

" l'aiuto del proletariato internazionale deve essere congiunto col nostro lavoro..." solo questo? non sarà che il primo compito per i lavoratori organizzati negli altri Paesi è quello di lottare contro la propria borghesia?? l'internazionalismo si esaurisce completamente nel difendere la presunta Patria del socialismo??


lasciando perdere i luoghi comuni, che vorrebbero Stalin il rappresentante del comunismo con la c maiuscola, sistema totalitario, utopico, sanguinario e che ha fallito (sanguinario di sicuro) ho notato che spesso chi difende il bafffone ha il vanto di credere che egli avrebbe se non altro costruito qualcosa, difeso, mentre chi lo critica è perso solo nel suo idealismo, dogmatismo e che comunque queste critiche rimasero ciritiche nel senso più vago del termine senza incidere su nulla e pergiunta facili perchè fatte col senno di poi.
No, i compagni che hanno avverso il baffone, non la sua persona bensì la politica che esso portava avanti, la politica del PCUS, del Comintern, provenivano dalla stessa leva di quella generazione di marxisti che diede vita alla III Internazionale. Non militanti o dirigenti della prima ora, ma compagni chehanno vissuto a stretto contatto con la classe, conducendo quella lotta assieme a Lenin che portò alla rottura con la socialdemocrazia. Penso ai dirigenti del partito fondato a Livorno nel '21, penso ai compagni olandesi, tedeschi, allo stesso Nin ucciso da agenti stalinisti, tutta quella generazione di bolscevichi della primissima ora (difficilmente inquadrabile con l'etichetta "troskisti") scomparsa...
Compagni che si sono battuti prima che con la degenerazione staliniana, con la borghesia del proprio paese, hanno diretto lotte sociali, lottato contro i movimenti fascisti (quelli veri), fondato partiti comunisti.

Anche se non mi piace mettere citazioni, ne metto alcune che introducono il già citato "Dialogato con Stalin" del compagno Bordiga con la premessa che non mi ritengo assolutamente 'bordighista', ma solo un comunista del XXI secolo


(...)
In Russia, checché ne sia di polizie silenziatrici che scandalizzano l'occidente (in cui le risorse imbecilizzanti e standardizzanti di cranii sono dieci volte maggiori, e più schifose) il problema di definire lo stadio sociale che si attraversa, e l'ingranaggio economico che è in moto, si impone da sé, e perviene al dilemma: dobbiamo seguitare a dire che la nostra è un'economia socialista, comunista dello stadio inferiore, ovvero dobbiamo riconoscere che è un'economia retta dalla legge del valore propria del capitalismo, malgrado l'industrialismo di stato? Stalin sembra fronteggiare tale riconoscimento, e frenare i troppo spinti economisti e capi d'azienda che vanno nel secondo avviso; in realtà prepara la non lontana (e utile anche in senso rivoluzionario) confessione. L'imbecillità organizzata del mondo libero legge che ha annunziato il passaggio allo stadio pieno, superiore del comunismo!

Per mettere a fuoco una tale questione Stalin abborda il metodo classico. Sarebbe facile giocare la carta di abbandonare ogni obbligo con la tradizione di scuola, con Marx e con Lenin teorici, ma in questa fase del gioco il banco stesso potrebbe saltare. Ed allora invece ricominciamo ab ovo. Bene, è quel che vogliamo, noi che non abbiamo puntate da far fruttare alla roulette della storia, e imparammo al primo balbettio che la nostra era la causa proletaria, e nulla aveva da perdere.

Occorre dunque alla data 1951 di «un testo di studio dell'economia politica marxista» e non solo per la gioventù sovietica ma per i compagni degli altri paesi; impuberi ed immemori, attenti, dunque! (...)

(...)
Il richiamo dei primi elementi della dottrina economica sono per discutere del «sistema di produzione di merci in regime socialista». Abbiamo in vari testi (che beninteso a loro volta si guardavano bene dal dire alcunché di nuovo) sostenuto che ogni sistema di produzione di merci è sistema non socialista, e andremo a ribadirlo: ma Stalin (Stalin, Stalin; noi ci occupiamo di un articolo che potrebbe anche essere dovuto ad una commissione che - «tra cent'anni» - surroghi uno Stalin defunto o inabilitato: comunque il simbolismo colle sue notazioni, nei limiti convenzionali di una pratica di comodo, serve anche a noi) potrebbe avere scritto: sistema di produzione di merci dopo la conquista proletaria del potere, ed allora non saremmo alla bestemmia ancora.

Evidentemente alcuni «compagni» in Russia hanno enunciato - riferendosi ad Engels - che il conservare, dopo la nazionalizzazione dei mezzi di produzione, il sistema di produzione di merci, ossia il carattere di merci ai prodotti, significa avere conservato il sistema economico capitalistico. In linea teorica non c'è Stalin che possa provare che abbiano torto. Quando e se dicono che, potendo abolire la produzione a tipo mercantile, si è trascurato o scordato di farlo, allora possono sbagliare.

Ma Stalin vuole provare che in un «paese socialista» - termine di dubbia scuola - può esistere la produzione di merci, e se ne rifà alle definizioni di Marx e alla loro limpida sintesi - forse non assolutamente impeccabile - in un opuscoletto di propaganda di Vladimiro.
(...)


Secondo Giuseppe Stalin si può stare in ambiente mercantile e dettare piani sicuri, senza che il terribile Mælstrøm attiri l'incauto pilota al centro del gorgo e lo inghiotta nell'abisso capitalista. Ma il suo articolo denunzia, a chi legge da marxista, che i giri si stringono e si accelerano - come la teoria ha stabilito.

Merce, come ricorda Lenin, è un oggetto che ha due caratteri: essere utile ai bisogni dell'uomo - potersi scambiare con altro oggetto. Ma le righe che precedono il passo, citato tanto dall'alto, sono semplicemente queste:
«Nella società capitalistica domina la produzione delle merci; e perciò l'analisi fatta da Marx comincia con la analisi della merce».

E dunque la merce ha quelle due prerogative, e merce diventa solo quando la seconda si giustappone alla prima.

Questa, il valore d'uso, è del tutto comprensibile anche ad un piatto materialista come noi, anche ad un bimbo, è organolettica; lecchiamo lo zucchero la prima volta, e stenderemo la mano per la zolletta. Lunga è la via, e Marx la fa di volo in quel paragrafo straordinario, perché lo zucchero si investa di un valore di scambio, e perché si arrivi al delicato problema di Stalin, stupito che gli fissassero una equivalenza grano-cotone.

Marx, Lenin, Stalin e noi sappiamo molto bene quale diavoleria succede quando il valore di scambio è nato. Lo dica dunque Vladimiro. Dove gli economisti borghesi vedevano dei rapporti tra cose, Marx scoprì dei rapporti tra uomini! E che cosa dimostrano i tre tomi di Marx e le 77 paginette di Lenin? Una cosa facile. Dove l'economia corrente vede la perfetta equivalenza di uno scambio, noi non vediamo più i due oggetti permutati, ma vediamo uomini in moto sociale, e non vediamo più l'equivalenza, ma la fregatura. Carlo Marx parla di uno spiritello che dà alla merce questo carattere miracoloso e a prima vista incompensabile. Lenin con ogni altro marxista avrebbe inorridito all'idea che si possono produrre e scambiare merci espellendone con esorcismi quel diavoletto: Stalin forse lo crede? O vuole solo dirci che il diavolino è più forte di lui?

Come i fantasmi dei cavalieri medievali si vendicano della rivoluzione di Cromwell infestando i castelli inglesi, borghesemente ceduti ai landlords, cosi dunque il folletto-feticcio della merce corre irrefrenabile per le sale del Kremlino e ghigna dai diffusori dei milioni di parole del XIX congresso.

Volendo stabilire che non è assoluta la identificazione tra mercantilismo e capitalismo, Stalin impiega una volta ancora il metodo nostro. Risale nei secoli, e con Marx ricorda che
«sotto certi regimi (schiavista, feudale, ecc.) la produzione di merci è esistita senza aver portato al capitalismo».
Questo infatti è detto nella potente scorsa storica Marx in quel passo, ma a ben altro fine e con ben altro sviluppo. L'economista borghese proclama che per collegare la produzione al consumo non potrà mai esistere altro meccanismo che quello mercantilistico, in quanto sa molto bene che fin che quel meccanismo è in piedi il capitale resta signore del mondo. Marx ribatte: andremo adesso a vedere quale è la tendenza storica del domani; per ora vi costringo a constatare i dati innegabili del passato: non sempre il mercantilismo ha provveduto a portare il risultato del lavoro fino a chi aveva bisogno di consumarlo; e cita le economie primitive di raccolte dei cibi per immediato consumo, i tipi antichi di famiglia e di clan, le isole chiuse del sistema feudale a consumo diretto interno senza che i prodotti dovessero assumere la forma di merci. Con lo svolgersi e il complicarsi della tecnica e del bisogno si aprono settori cui provvede il baratto prima e poi il commercio vero e proprio, ma (per la stessa via che ci è servita a proposito della proprietà privata) resta provato che il sistema mercantile non è «naturale», ossia come il borghese pretende permanente ed eterno. Ora questo tardivo apparire del mercantilismo (o sistema di produzione delle merci come Stalin dice) questo può coesistere a margini di altri sistemi, serve appunto a mostrare come, divenuto sistema universale appena dilaga il sistema capitalistico di produzione, dovrà insieme ad esso morire.

Lungo sarebbe riportare come tante volte facemmo i passi di Marx contro Proudhon, Lassalle, Rodbertus e cento altri, che si riducono all'accusa di voler conciliare il mercantilismo con l'emancipazione socialista del proletariato.

Difficile appare accordare con tutto questo, che Lenin chiama la pietra angolare del marxismo, la tesi attuale cosi riferita: «non c'è alcuna ragione perché, nel corso di un determinato periodo, la produzione di merci non possa servire anche ad una società socialista» ovvero: «la produzione di merci riveste un carattere capitalistico solo quando i mezzi di produzione sono nelle mani di interessi privati, e l'operaio, che non ne dispone, è costretto a vendere la sua forza di lavoro». L'ipotesi è evidentemente assurda poiché nell'analisi marxista ogni volta che una massa di merci appare egli è perché i proletari privi di ogni riserva hanno dovuto vendere la forza di lavoro, e quando in passato vi furono quei (limitati) settori di produzione di merci, fu in quanto la forza di lavoro non era venduta «spontaneamente» come oggi, ma estorta colle armi a schiavi prigionieri o a servi legati da rapporti di dipendenze personali.

Dobbiamo ancora una volta ristampare le prime due righe del Capitale?
«La ricchezza delle società nelle quali domina il modo capitalista di produzione si manifesta come un'immensa accolta di merci».


Il testo che ci occupa, dopo avere con maggiore o minore abilità ostentato di voler risalire alle fonti dottrinarie, si porta sul terreno della presente economia russa, per far tacere quelli che avrebbero affermato che il sistema di produzione delle merci deve portare inevitabilmente alla restaurazione del capitalismo, o noi che più chiaramente diciamo: il sistema della produzione per merci sopravvive in quanto siamo in pieno capitalismo.

Sull'economia russa vi sono nel notevole testo le seguenti ammissioni. Se le grandi fabbriche industriali sono statizzate, non sono tuttavia espropriate le piccole e medie industrie, anzi il farlo «sarebbe stato un delitto». L'orientamento sarebbe di svilupparle in cooperative di produzione.

Vi sono due settori della produzione di merci: da una parte la produzione di Stato che è nazionale. Nelle imprese statali sono di proprietà nazionale i mezzi di produzione e la produzione stessa, ossia i prodotti. Semplice: in Italia verbigrazia sono dello Stato i tabacchifici, e così le sigarette, che esso smercia. Ma basta questo a dare il diritto di dire che siamo in fase di «liquidazione del salariato» e che l'operaio «non è costretto a vendere la sua forza di lavoro»? No, di sicuro.

Passiamo all'altro settore, quello agricolo: nei colcos, dice lo scritto sebbene la terra e le macchine siano proprietà dello Stato, il prodotto del lavoro non appartiene allo Stato, ma al colcos stesso. E questo non se ne disfá se non come merce di scambio per i beni di cui abbisogna. Non esistono tra i colcos delle campagne e le città altri legami che quelli dati da questo scambio:
«la produzione, la vendita e lo scambio di merci costituiscono per noi una necessità, non meno di quanto avveniva 30 anni fa».

Tralasciamo ora l'argomentare sulla molto lontana possibilità di superare una tale situazione. Resta stabilito che non si tratta qui di dire, come Lenin nel 1922: abbiamo il potere politico nelle mani e sosteniamo la situazione militare, ma nell'economia dobbiamo ripiegare sulla forma mercantile, pienamente capitalistica. Il corollario di una tale constatazione era: lasciamo per ora di costruire economia socialista, ci torneremo dopo la rivoluzione europea. Altri ed opposti sono i corollari di oggi.

Non si tratta nemmeno di cercare di stabilire la tesi: nel trapasso dal capitalismo al socialismo, tuttavia, per un certo tempo, una certa sezione della produzione avviene in forma di merci.

Qui si dice: tutto è merce; e non vi è altro quadro economico che lo scambio mercantile, e per stretta conseguenza anche la compera della forza lavoro salariata nelle stesse grandissime aziende di Stato. Ed infatti: i generi di sussistenza dove li trova l'operaio di fabbrica? Li vende il colcos per un tramite di mercanti privati, o magari li vende allo Stato da cui compra attrezzi, concimi ed altro, e l'operaio va a prendere i generi, pagandoli in moneta, nei magazzini di Stato. Può lo Stato distribuire ai suoi operai direttamente prodotti di cui è proprietario? No certamente, dato che il lavoratore (russo soprattutto) non consuma trattori, automobili, locomotive, e tanto meno... cannoni e mitragliatrici. Gli stessi oggetti di vestiario ed arredamento sono evidente campo di produzione di quelle intatte medie e piccole private aziende.

Lo Stato non può dunque dare altro che il salario in denaro ai suoi dipendenti, che con tale denaro acquistano quello che vogliono (formula borghese, che vuol dire quel poco che possono). Che il padrone erogatore di salario sia lo Stato che «idealmente» o «legalmente» rappresenta gli operai stessi, nulla significa fino a quando un tale Stato non ha nemmeno potuto cominciare a distribuire alcunché fuori del mercantile meccanismo, alcunché di statisticamente apprezzabile.
 
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|Inverno|
view post Posted on 3/2/2009, 14:45




CITAZIONE (Psychedelic_Alexi @ 3/2/2009, 00:53)
Trotzki, Zinoviev, Kamenev e simili messeri, divenuti in seguito spie e agenti del fascismo

Ma come si fa a non sentire puzza di bruciato leggendo certe affermazioni? come si fa ad accettarle per vere? come si fa a credere che chi usa certi termini, possa essere in buona fede dall'alto del suo potere?
Questi signori sono stati protagonisti e artefici della rivoluzione socialista al fianco di lenin.. e agenti del fascismo?
Stupore e un po' di pietà per chi è disposto a credere a tali colossali fandonie.
 
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Bèla Kun
view post Posted on 3/2/2009, 18:39




CITAZIONE
un po' di pietà

cerchiamo di non scivolare nelle offese gratuite compagni
 
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Psychedelic_Alexi
view post Posted on 5/2/2009, 01:01




CITAZIONE (|Inverno| @ 3/2/2009, 14:45)
CITAZIONE (Psychedelic_Alexi @ 3/2/2009, 00:53)
Trotzki, Zinoviev, Kamenev e simili messeri, divenuti in seguito spie e agenti del fascismo

Ma come si fa a non sentire puzza di bruciato leggendo certe affermazioni? come si fa ad accettarle per vere? come si fa a credere che chi usa certi termini, possa essere in buona fede dall'alto del suo potere?
Questi signori sono stati protagonisti e artefici della rivoluzione socialista al fianco di lenin.. e agenti del fascismo?
Stupore e un po' di pietà per chi è disposto a credere a tali colossali fandonie.

Vogliamo dire che nel Partito non c'era alcun infiltrato, alcuna spia, alcun controrivoluzionario, alcun sabotatore? Vogliamo negare che molte delle loro fandonie, in particolare di Trotsky, divennero propaganda per fascisti e borghesi? E' vero o no che Trotsky era talmente ossessionato che preferiva attaccare l'URSS invece di condannare l'aggressione nazista? Riteneva che l'unica possibilità di rovesciare il bolscevismo fosse quella di un intervento esterno ("La spinta per il movimento rivoluzionario degli operai sovietici sarà dato, verosimilmente, da avvenimenti esterni” Trotsky "Programma di Transizione")
Altra citazione: "Berlino sa perfettamente fino a quale grado di demoralizzazione la cricca del Cremlino ha trascinato l'esercito e la popolazione a causa della sua lotta per la propria sopravvivenze. (...) Stalin continua a demolire la forza morale e la resistenza del paese in generale. I carrieristi senza onore nì coscienza sui quali egli è obbligato sempre più a contare tradiranno il paese nei momenti più difficili."

Trotsky esortava i nazisti ad attaccare l'URSS perchè tanto avrebbero vinto facilmente e non ci sarebbe stata resistenza poichè l'esercito e la popolazione erano ormai demoralizzati, pensava che tanto si sarebbero arresi subito poichè non avevano nulla da guadagnare (anzi sembra voglia dire che dovevano accogliere il nazismo a braccia aperte) ...peccato per lui che la storia andò in un altro verso, fortuna per il mondo che non andò come Trotsky profetizzava altrimenti con buona probabilità a quest'ora stavamo parlando in tedesco.

Inoltre dovresti sapere che quei signori che tu etichetti con "protagonisti e artefici della rivoluzione socialista al fianco di lenin", inizialmente votarono contro l'insurrezione armata. Ti domandi come mai abbiano tradito la rivoluzione e il socialismo? Non c'è molto da stupirsi. La storia del movimento comunista è piena di rinnegati del genere, basti vedere Kautsky, che veniva quasi definito erede di Marx ed Engels, ma dopo la loro morte divenne il principale esempio di rinnegato del marxismo. Restando in Russia, che dire di Martov, uno dei primi marxisti russi che partecipò alla creazione delle prime organizzazioni rivoluziarie per in seguito diventare un capofila menscevico.

Ora non voglio inondare il messagio con citazioni e testimonianze, concludo solamente dicendoti che lo stupore e un pò di pietà lo provo per certe persone che si sono fatte ammaliare dalle "verità" della borghesia, da coloro che pensano che Stalin fosse quello cattivo e Trotsky, Kamenev, Zinoviev, Bucharin e marmaglia varia come stinchi di santo, giusti e innocenti, quando non sai niente sui processi e condanne, ma ti basta dirti a te stesso che se hanno confessato e perchè sono stati costretti e torturati. Ebbero anche più possibilità, ma alla fine le prove dei loro complotti, delle loro coalizioni clandestine, dei loro attentati e sabotaggi erano così tante e così schiaccianti che loro stessi capirono che era meglio parlare e lo fecero tutti con serenità, addirittura alcuni scherzando e contrastando alcune cose con cui non erano d'accordo.


Per Bèla Kun: appena posso nei prossimi giorni cercherò di risponderti (a parte il secondo punto che spero di aver già chiarito come la vedo) poichè ora è un pò tardi ed è una discussione più ampia.
 
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matteo.morganti
view post Posted on 5/2/2009, 16:24




CITAZIONE
Alexi: Vogliamo dire che nel Partito non c'era alcun infiltrato, alcuna spia, alcun controrivoluzionario, alcun sabotatore? Vogliamo negare che molte delle loro fandonie, in particolare di Trotsky, divennero propaganda per fascisti e borghesi? E' vero o no che Trotsky era talmente ossessionato che preferiva attaccare l'URSS invece di condannare l'aggressione nazista? Riteneva che l'unica possibilità di rovesciare il bolscevismo fosse quella di un intervento esterno ("La spinta per il movimento rivoluzionario degli operai sovietici sarà dato, verosimilmente, da avvenimenti esterni” Trotsky "Programma di Transizione")

Come non capire niente da un gigante del comunismo: eccone l'esempio. In questo scritto come nella "Rivoluzione Tradita" il combattente Trotsky porta avanti la propria tesi sulla particolare natura sociale dell'URSS: uno "stato operaio degenerato" in cui il proletariato sarebbe stato espropriato della propria funzione di guida (politica, culturale, spirituale... e chi più ne ha più ne metta), ragion per cui (a detta di Trotsky) sarebbe stata necessaria una rivoluzione non sociale (che c'era già stata con l'Ottobre ed i cui lasciti erano ancora in gran parte vivi), ma politica (in particolare antiburocratica) contro la dirigenza staliniana e la sua cricca annidiata nel PCUS, nei Soviet, nei Sindacati, e soprattutto nell'esercito e nella burocrazia retrograda a capo dei programmi di pianificazione (si pensi all'enorme potere del GOSPLAN e dei vari ministeri economici addetti). Trotsky (erede politico di Lenin, pur con qualche mancanza d'impostazione dialettica) era inoltre ancora convinto della necessità (di vita o di morte) della rivoluzione sociale nel cuore dell'Imperialismo, pena la sconfitta anche in URSS: quanto aveva ragione il vecchio Leone, e quanto si sbaglieranno i suoi tragici epigoni della IV Internazionale, nonché i fanciulli che rimpiangono i bei tempi andati di Baffone.
Quanto all'epoca dei grandi processi ... mi unisco alla pena del compagno Inverno, non tanto per chi scrive certe nefandezze, quanto per quei compagni che morirono a pugno chiuso e cantando l'internazionale davanti al plotone d'esecuzione armato da Caino Stalin e dalle frazioni della borghesia imperialista che lo avevano eletto a giudice e boia dell'Ottobre.
Invito pertanto Alexi a pensare bene a quello che scrive perchè la Storia ed il suo tribunale non perdonano le infamie ai danni del progresso sociale (prima o poi); lo invito anche a leggere alcune pietre miliari del compagno Bucharin, due su tutte:
- Bucharin Nikolaj / Economia del periodo di trasformazione, Jaca Book, 1971, 180 p. (purtroppo il titolo originale è stato tristemente cambiato, meglio sarebbe stato conservare il concetto di "transizione" al posto di trasformazione).
- Bucharin Nikolaj / L'economia mondiale e l'imperialismo, Samonà e Savelli, 1966, 340 p. (con prefazione entusiasta - a metà - di Lenin)
 
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Metal Messiah
view post Posted on 5/2/2009, 16:46




Stalin dev'essere odiato come viene odiato Mussolini
 
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Bèla Kun
view post Posted on 5/2/2009, 17:18




troppo vago, in che senso?? potrebbe dirlo anche un anticomunista
 
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Psychedelic_Alexi
view post Posted on 5/2/2009, 20:14




CITAZIONE
Come non capire niente da un gigante del comunismo: eccone l'esempio. In questo scritto come nella "Rivoluzione Tradita" il combattente Trotsky porta avanti la propria tesi sulla particolare natura sociale dell'URSS: uno "stato operaio degenerato" in cui il proletariato sarebbe stato espropriato della propria funzione di guida (politica, culturale, spirituale... e chi più ne ha più ne metta), ragion per cui (a detta di Trotsky) sarebbe stata necessaria una rivoluzione non sociale (che c'era già stata con l'Ottobre ed i cui lasciti erano ancora in gran parte vivi), ma politica (in particolare antiburocratica) contro la dirigenza staliniana e la sua cricca annidiata nel PCUS, nei Soviet, nei Sindacati, e soprattutto nell'esercito e nella burocrazia retrograda a capo dei programmi di pianificazione (si pensi all'enorme potere del GOSPLAN e dei vari ministeri economici addetti). Trotsky (erede politico di Lenin, pur con qualche mancanza d'impostazione dialettica) era inoltre ancora convinto della necessità (di vita o di morte) della rivoluzione sociale nel cuore dell'Imperialismo, pena la sconfitta anche in URSS: quanto aveva ragione il vecchio Leone, e quanto si sbaglieranno i suoi tragici epigoni della IV Internazionale, nonché i fanciulli che rimpiangono i bei tempi andati di Baffone.
Quanto all'epoca dei grandi processi ... mi unisco alla pena del compagno Inverno, non tanto per chi scrive certe nefandezze, quanto per quei compagni che morirono a pugno chiuso e cantando l'internazionale davanti al plotone d'esecuzione armato da Caino Stalin e dalle frazioni della borghesia imperialista che lo avevano eletto a giudice e boia dell'Ottobre.
Invito pertanto Alexi a pensare bene a quello che scrive perchè la Storia ed il suo tribunale non perdonano le infamie ai danni del progresso sociale (prima o poi); lo invito anche a leggere alcune pietre miliari del compagno Bucharin, due su tutte:
- Bucharin Nikolaj / Economia del periodo di trasformazione, Jaca Book, 1971, 180 p. (purtroppo il titolo originale è stato tristemente cambiato, meglio sarebbe stato conservare il concetto di "transizione" al posto di trasformazione).
- Bucharin Nikolaj / L'economia mondiale e l'imperialismo, Samonà e Savelli, 1966, 340 p. (con prefazione entusiasta - a metà - di Lenin)

Puoi dire quello che ti pare, girare qua e là, ma è innegabile che certi discorsi di Trotsky divennero anche il cavallo di battaglia di nazisti, borghesi e anticomunisti di ogni risma.
Alla faccia dell'erede di Lenin! Lo stesso Lenin definì Trotsky un "non bolscevico", simpatica poi la sua presa di posizione antiburocratica quando per lo stesso Lenin, Trotsky aveva una "tendenza eccessiva a considerare il lato puramente amministrativo dei problemi", come non ricordare poi il suo militarismo. Curioso poi come venga ricordato come buono e antiautoritario.
Guarda caso le sue posizioni vacillarono nel corso del tempo, inizialmente si oppose all'insurrezione, poi si schiero a favore, successivamente disse che il socialismo era impossibile in Russia, poi si dovette ricredere e fu costretto dai fatti ad ammetterlo, solamente doveva inventarsi una stortura voluta, che secondo lui era il Partito e la burocrazia.

"I dati concreti indicano che la "Ezovscina" (la Grande Purga) deve essere ridefinita. Non era stata il prodotti di una burocrazia fossilizzata che minava dei dissidenti e distruggeva dei vecchi rivoluzionari radicali. In realtà, è possibile che le purghe fossere proprio il contrario. Non è incompatibile con i dati disponibili argomentare che le Purghe fossero una reazione radicale, anche isterica, contro la burocrazia. I funzionari ben sistemati erano eleminati dal basso e dall'altro in un'ondata caotica di volontarismo e puritanesimo rivoluzionario" J.Arch Getty

Gli elementi burocratici e opportunisti, c'erano, eccome se c'erano. Ma sia sotto Lenin, sia sotto Stalin vennero combattuti ed epurati, che poi si commisero degli errori, lo stesso Stalin lo disse, anche perchè si deve tener conto di questi burocrati, opportunisti, infiltrati, che spesso si ritorcevano contro veri compagni, in realtà innocenti. Ma ciò non era certo colpa del Partito o di Stalin, è evidente che se non sarebbero stati presi provvedimenti la situazione degenerava veramente.


Vorrei postare anche queste citazioni se possibile:


Estratti del libro, pubblicato nel 1943 a Zurigo, di J.E. Davies «Ambasciatore degli Stati Uniti a Mosca. Relazioni autentiche e confidenziali sull'Unione Sovietica fino all’ottobre 1941.»

Davies ha seguito – tutti i diplomatici potevano farlo – i processi di Mosca, come osservatore (era giurista).

Il 17 Marzo 1938 egli inviò a Washington le sue impressioni sul processo di Bukharin e altri a Mosca. Il dispaccio è così concepito (estratti):

«Nonostante i miei pregiudizi (...) dopo aver osservato quotidianamente i testimoni e il loro modo di deporre, e in ragione di fatti finora sconosciuti, giustificati (...) sono arrivato alla conclusione che gli accusati abbiano effettivamente violato le leggi sovietiche enumerate negli atti d'accusa. Le stesse, confermate nel contraddittorio, provano le accuse d'alto tradimento e giustificano le condanne emesse contro di loro. L'opinione dei diplomatici che hanno assistito regolarmente ai dibattiti è stata unanime: il processo ha denunciato l'esistenza di una congiura d'opposizione politica di altissimo livello. Il processo ha permesso loro di capire fatti che erano fino ad allora incomprensibili.» (p. 209)

Davies aveva già nel 1937 assistito al processo di Radek e altri, e il 17 febbraio dello stesso anno aveva inviato un rapporto in merito al Segretario di Stato degli Stati Uniti. In esso affermava (p.33):

«Una ragione oggettiva (...) mi ha fatto concludere – a malincuore - che lo Stato ha realmente provato le accuse. Non esiste alcun dubbio sull'esistenza di una cospirazione assai grave fra i dirigenti contro il governo sovietico, e sul fatto che le violazioni della legge indicate nei capi d'accusa siano realmente state commesse, e siano dunque punibili. Ho parlato con praticamente tutti i membri del corpo diplomatico qui presenti, e tranne, forse, una sola eccezione, tutti sono dell’avviso che i dibattiti abbiano stabilito l’effettiva esistenza di un piano segreto e di una cospirazione miranti ad eliminare il governo.»

Nel suo diario, l’11 Marzo 1937, Davies ha annotato quest'episodio:

«Un altro diplomatico ha fatto ieri una considerazione istruttiva. Parlavamo del processo ed egli ha affermato: "Gli accusati sono senza alcun dubbio colpevoli, abbiamo tutti assistito al processo, siamo unanimi. Ma per il mondo esterno, al contrario, le descrizioni del processo hanno il carattere di una messinscena". Sapeva come ciò non rispondesse al vero, ma apparentemente era bene che il resto del mondo avesse questa impressione.» (p.86)

Davies parla di numerosi arresti ed "epurazioni" avvenuti il 4 luglio su ordine del ministro degli Affari esteri Litvinov.

A proposito di quest’ultimo, riporta:

«Litvinov (...) ha dichiarato che grazie a queste epurazioni è certo che nessun tradimento a favore di Berlino o Tokyo sarebbe più possibile. Un giorno il mondo capirà che ciò che è stato fatto era necessario. Occorreva che proteggessero il loro governo da questo "tradimento minaccioso". In effetti, hanno reso servizio al mondo intero, preservando dal pericolo del dominio mondiale dei nazisti di Hitler. L'Unione Sovietica è un forte bastione contro il pericolo nazionalsocialista. Verrà un giorno in cui il mondo intero potrà riconoscere quale grande uomo fu Stalin.» (p.128)

Ricca d’insegnamenti è anche la descrizione della conversazione avuta con Stalin, contenuta nella lettera del 9 giugno 1938 a sua figlia. Egli rimase impressionato dalla personalità di Stalin:

«Se riesci ad immaginare un personaggio totalmente diverso, in tutti i sensi, da ciò che i suoi più feroci avversari sono arrivati a descrivere, allora hai un'immagine di quest’uomo. La situazione che constato qui e la sua personalità sono diametralmente opposte. La spiegazione di questo risiede forse nel fatto che questi uomini sono pronti a fare per una religione o una "causa" ciò che non avrebbero mai fatto altrimenti.» (p. 276)

Dopo l'aggressione dell'Unione Sovietica da parte dei fascisti, Davies riassume le sue opinioni nel 1941 affermando che «i processi per alto tradimento hanno messo in rotta la quinta colonna di Hitler». (p.209)

Nel 1936 ebbero luogo i processi contro Zinoviev e altri. L'avvocato britannico D.N. Pritt (K.C.) potè assistervi. Scrisse le sue impressioni nel libro "From Right to Left" uscito nel 1965 a Londra.

«La mia impressione è che il processo sia stato condotto equamente, e che gli accusati fossero realmente colpevoli. La stessa sensazione è condivisa da tutti i giornalisti con i quali ho potuto parlare. E certamente pensavano la stessa cosa tutti gli osservatori stranieri (ce n’erano molti, soprattutto diplomatici). Ho sentito uno di loro affermare: "Naturalmente, sono colpevoli. Ma per ragioni di propaganda, dobbiamo negare.» (p. 110-111)

Dalle affermazioni di esperti di legge quali i non-comunisti Davies e Pritt, appare evidente che gli accusati dei processi di Mosca del 1936, 1937 e 1938 furono condannati perché le accuse sono state provate. In questo contesto è utile ricordare ciò che Berthold Brecht scrisse su questi processi, per esempio la concezione degli accusati.

«Una falsa concezione li ha condotti ad un profondo isolamento e al crimine. Tutte le canaglie del Paese e dell’estero, tutti questi parassiti hanno visto instaurarsi in loro il sabotaggio e lo spionaggio. Avevano gli stessi obiettivi dei criminali. Sono persuaso che questa è la verità, e che come tale sarà intesa nell’Europa dell'Ovest, anche dai lettori nemici...Il politicante che ha bisogno della disfatta per impadronirsi del potere, persegue la disfatta. Colui che vuol essere il "salvatore" opera per mettere in atto una situazione nella quale potrà "salvare", e quindi una situazione cattiva... Trotsky ha dapprima interpretato il crollo dello Stato operaio come una conseguenza della guerra, o meglio del pericolo da essa rappresentato, ma più avanti la stessa è divenuta per lui un presupposto alla sua azione pratica. Se la guerra arrivasse, la costruzione "precipitata" sprofonderebbe, l'apparato sarebbe isolato delle masse. All’esterno occorrerà rinunciare all’Ucraina, alla Siberia orientale, ecc... All'interno, bisognerà fare concessioni, tornare alle forme capitaliste, rinforzare o lasciare rinforzarsi i gulag; ma tutto ciò va nella direzione di una nuova azione, il ritorno di Trotsky. I centri anti-stalinisti non hanno la forza morale di ricorrere al proletariato, non tanto perché siano vigliacchi, quanto piuttosto perché non possiedono una reale base organizzata in seno alle masse, non hanno niente da proporre, non hanno compiti da assegnare alle forze produttive del Paese. Dunque, confessano. E possiamo pensare che confessino anche più di quanto non ci si aspetterebbe. » (B.Brecht, scritti sulla politica e la società, L.I. 1919-1941. Aufbau-Verlag. Berlino e Weimar 1968 - p.172 e segg.)

Edited by Psychedelic_Alexi - 5/2/2009, 20:41
 
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matteo.morganti
view post Posted on 5/2/2009, 20:52




Ti capisco perchè sei un fanciullo, la comprensione (e giustificazione) però non è condivisione di simili infamie. Questi sono i classici discorsi di chi se fosse vissuto in URSS sarebbe stato il primo lacchè di qualsiasi potente di turno, ma nemmeno questo sarebbe un grosso problema, i saltafossi sono e saranno sempre in buona compagnia, come diceva un vecchio compagno: basta saperlo! Ora lo so e ognuno al proprio posto nella barricata, io sto da una parte (quella della repubblica dei soviet), tu dall'altra (quella dello stato oppressore di ogni dissenso): basta saperlo! Guarda siamo sinceri: io non ho bisogno di fare il difensore d'ufficio nè di Trotsky nè di Bucharin, si sono saputi difendere benissimo da soli per quello che hanno potuto e la loro opera vivrà nei secoli (come diceva il vecchio Engels all'orazione funebre per la morte del compagno); non ho neppure bisogno di difendere quei tanti compagni anonimi purgati dalla controrivoluzione borghese: hanno avuto talmente tanta dignità nel morire, che ogni parola non è degna della loro figura; il punto è che io difendo gli interessi di una classe ben precisa, tu quelli di una frazione della borghesia (spesso la più reazionaria) compradora, i nepmen impellicciati che hanno imperversato in lungo e in largo sotto quel regime: basta saperlo! Qualcuno dirà che il nemico sta da un'altra parte, stava nella grande borghesia russa (e delle altre nazionalità) in costituzione e ora nella grande borghesia proprietaria del grande capitale monopolistico finanziario transnazionale: ed è tutto vero, ma: basta saperlo! Ed i compagni questo lo sanno; l'insegnamento troppo poco ascoltato è stato invece quello di combattere l'aristocrazia operaia, il canagliume infiltrato nei partiti operai, la testa di ponte del nemico di classe. Buon lavoro, ad ognuno il suo.
 
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Psychedelic_Alexi
view post Posted on 5/2/2009, 21:36




CITAZIONE
Ti capisco perchè sei un fanciullo, la comprensione (e giustificazione) però non è condivisione di simili infamie. Questi sono i classici discorsi di chi se fosse vissuto in URSS sarebbe stato il primo lacchè di qualsiasi potente di turno, ma nemmeno questo sarebbe un grosso problema, i saltafossi sono e saranno sempre in buona compagnia, come diceva un vecchio compagno: basta saperlo! Ora lo so e ognuno al proprio posto nella barricata, io sto da una parte (quella della repubblica dei soviet), tu dall'altra (quella dello stato oppressore di ogni dissenso): basta saperlo! Guarda siamo sinceri: io non ho bisogno di fare il difensore d'ufficio nè di Trotsky nè di Bucharin, si sono saputi difendere benissimo da soli per quello che hanno potuto e la loro opera vivrà nei secoli (come diceva il vecchio Engels all'orazione funebre per la morte del compagno); non ho neppure bisogno di difendere quei tanti compagni anonimi purgati dalla controrivoluzione borghese: hanno avuto talmente tanta dignità nel morire, che ogni parola non è degna della loro figura; il punto è che io difendo gli interessi di una classe ben precisa, tu quelli di una frazione della borghesia (spesso la più reazionaria) compradora, i nepmen impellicciati che hanno imperversato in lungo e in largo sotto quel regime: basta saperlo! Qualcuno dirà che il nemico sta da un'altra parte, stava nella grande borghesia russa (e delle altre nazionalità) in costituzione e ora nella grande borghesia proprietaria del grande capitale monopolistico finanziario transnazionale: ed è tutto vero, ma: basta saperlo! Ed i compagni questo lo sanno; l'insegnamento troppo poco ascoltato è stato invece quello di combattere l'aristocrazia operaia, il canagliume infiltrato nei partiti operai, la testa di ponte del nemico di classe. Buon lavoro, ad ognuno il suo.

Anch'io sta dalla parte della Repubblica dei Soviet e come tale mi oppongo ad ogni falsità borghese e a ogni critica "di sinistra" piccolo-borghese.
Dici: "stato oppressore di ogni dissenso" questo non fa che confermare che se pieno di propaganda borghese e filo-americana, involontariamente suppongo, ma lo sei, perchè purtroppo è quello che arriva a noi, avendo l'occidente momentaneamente "vinto".
"Stato oppressore di ogni dissenso", lo dicono tutti gli anticomunisti per riferisi al comunismo, ma dall'alto della loro analisi marxista c'è da crederci. Forse ci si dimentica che la rivoluzione "è un atto autoritario" e "non è un pranzo di galà", però su una cosa ti do ragione, era uno stato oppressore, oppressore della borghesia e di tutti i suoi lacchè travestiti, in buona o mala fede, di rosso. La classe dei nepmen fece la fine della classe dei kulaki, vennero "eliminati come classe". Quindi c'è poco da fantasticare e da inventarsi. Ne ho letto qualcuno di questi opuscoletti troscoidi-bordighisti, ma a quanto pare s'appigliano alle stesse cose.
Inoltre non si tiene mai conto che l'URSS è stata la prima esperienza di socialismo (chiamatelo come vi pare) e come tale non si può pretendere la sua perfezione, anche perchè lo stesso socialismo non è perfetto, poichè ci sono sempre elementi capitalisti.
Però ovviamente tocca sorbirci i giudizi dei dogmatici, che pretendono di avere la ragione in pugno e che pensano che il socialismo debba essere fatto con lo stampino.
Se non faccio miei i giudizi di questi dogmatici idealisti, non è mia la colpa. Le divergenze ideologiche fra compagni sono soprattutto dal punto di vista storico, ma non condivido assolutamente questo "distruggere" e "sputare" questa storia, la storia del movimento comunista. Rinnegando queste esperienze, si torna alla fine dell'ottocente e agli inizi del novecento, significa cancellare il pezzo fondamentale della storia del movimento.
Inoltre c'è da dire che molte delle infamie su Stalin e sul comunismo, vennero da quell'opportunista di Kruschev, che guarda caso pose le basi per la stagnazione economica e burocratica dello stato sovietico, però di questo poco se ne parla. Quando veramente lo stato divenne burocratico, poichè il burocratismo non si combatteva più ma anzi lo si fomentava, ci sono solo vocine sparse che l'etichettano come il proseguo di una politica stalinista.
Siate ogni tanto onesti intellettualmente, ammettete che siete pieni di pregiudizi e propaganda borghese grazie anche ad esseri come Trotsky e Kruschev, anche involontariamente, e che ogni difesa dell'URSS di Lenin e soprattutto di Stalin vi pare una cosa abominevole perchè così vi hanno detto e quando vi dicono che in realtà era la borghesia al potere (come si fa a crederci poi!) voi vi sentite più sollevati perchè credete almeno che quei "crimini" non li hanno commessi i comunisti. Non mi riferisco affatto a te, ma per molti è così fidati.
Torno un attimo su un pezzo del precedente post: "Gli accusati sono senza alcun dubbio colpevoli, abbiamo tutti assistito al processo, siamo unanimi. Ma per il mondo esterno, al contrario, le descrizioni del processo hanno il carattere di una messinscena".
E' così! E' la prova delle monotone accuse che continuate a fare. Avete fatto proprie le accuse del mondo esterno, questo l'ha detto l'ambasciatore degli USA!

Ora sinceramente mi incomincio un pò a stufare, se sei convinto di ciò che dici non ci posso fare niente, ma non fare il grande che ha la verità in pugno e che non può far altro che compatire i più piccoli.
Tanti saluti.
 
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matteo.morganti
view post Posted on 5/2/2009, 22:16




Se invece di riportare lunghissime citazioni che producono il rumore di una caffetterria in ebollizione tale è il loro procedere confuso, e se invece di attaccare a testa bassa, ti impegnassi nella lettura delle tesi altrui, eviteresti di produrti in quelle prove pedanti e scolastiche. Non ci siamo per niente capiti, ora provo ad essere esplicito fino a rasentare la banalità. Non mi interessa Stalin, nè Lenin, nè Trotsky, nè Don Chisciotte o Sancio Panza, chiaro? Il soggettivismo ed il culto del capo lo lascio ai nostalgici, chiaro? Le nostre due sono opposte posizioni di classe, questo è il punto essenziale: tu difendi uno Stato corrotto da politiche antioperaie e reazionarie, io difendo la resistenza disperata dei nuclei bolscevichi sopravvissuti alla morte del vecchio (come chiamavano Lenin), ma non la difendo in quanto soggettività, ma in quanto avanguardia del proletariato, chiaro? Mi sta benissimo la tua posizione, ora so con chi ho a che fare, ed ognuno per la sua strada. Per quanto riguarda la figura personale di Stalin... ho studiato le sue opere a fondo, e fanno quasi tenerezza per l'infantilità delle tesi espresse, è stato il degno capo dei Togliatti e socialdemocratici vari del dopoguerra, il cui spessore teorico era pari all'altezza della carta su cui scrivevano, o come si diceva una volta: il loro pensiero non vale neppure il prezzo della carta su cui è vergato.
Sarebbe più utile discutere dell'insulsa teoria del socialismo in un solo paese, madre di tutte le fandonie riformiste, da questa aberrazione sono nate le varie: via italiana al socialismo, nuovo modello di sviluppo, coesistenza, blocchi contrapposti.......e chi più ne ha più ne metta. Io preferisco navigare nelle acque della teoria concreta che germoglia sempre dal seno fecondo della prassi, se si vuole scadere nel personalismo, si faccia pure, ma mi asterrò dal commentare tali diatribe. Per essere chiari: ho chiuso con la questione Stalin e sono disposto a discutere in merito alla teoria revisionista del socialismo in un solo paese.
P. S. I processi di Mosca, sono stati una farsa colossale: il grande accusatore Andrej Vyšinskij riportava accuse palesemente false in tutto e per tutto simili a quelle usate dai pubblici ministeri nazisti nei giorni seguenti la notte dei cristalli; si organizzavano omicidi e poi si faceva ricadere la colpa sull'opposizione cosiddetta di sinistra (rammento che il termine sinistra è stato usato dallo stalinismo come arma ideologica e quindi ecclettica: a seconda delle circostanze diventavi di sinistra o destra, mentre nell'analisi scientifica marxista questa "categoria" non ha mai trovato posto in quanto non derivante dalla struttura socio-economica, ma appunto dalla sovrastruttura in questo caso ideologica; i comunisti marxisti parlano di classi e dei loro rapporti, non di maleodoranti parole). Chiusa anche questa farsa nostalgica. Ognuno al fianco di chi ritiene opportuno, portando la propria tesi, basta con le diatribe sulle icone: compagni, parliamo dei rapporti di proprietà diceva Brecht al congresso degli scrittori
Mefistofele: dove manca il concetto, ecco all'uopo spuntare la parola. (Goethe, Faust)
 
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Psychedelic_Alexi
view post Posted on 5/2/2009, 23:05




CITAZIONE
tu difendi uno Stato corrotto da politiche antioperaie e reazionarie, io difendo la resistenza disperata dei nuclei bolscevichi sopravvissuti alla morte del vecchio

Ma questo è un tuo parere, pur assurdo che sia. Se tu non vedi altro che uno Stato corrotto da politiche antioperaie e reazionari, tanto piacere se t'hanno convinto di sta cosa, certo che se uno lo dicesse dello Stato di Lenin (mi riferisco al tempo di Lenin, come quando mi riferisco al Stalin, mi riferisco al periodo di Stalin) alla fine non lo smuoveresti da quella posizione nemmeno con i fatti.
Se addirittura vedi in una piccola minoranza clandestina, l'avanguardia del proletariato, non è problema mio, come dicevi tu prima: basta saperlo! Inutile dire che Lenin condannava il frazionismo, inoltre certi figuri il centralismo democratico non sapevano dove stava di casa.
Continuate ancora a prendervela con il socialismo in un solo paese, quando almeno è stato l'unico che ci ha provato e si è applicato, tenendo conto le necessità storiche. Al tempo c'erano due alternative, è quella del socialismo in un solo paese era quella più concreta e meno utopica.

La "tua" opinione sui processi di Mosca, non mi pare nulla di nuovo, roba tritata e ritritata
Così giusto per curiosità metto un pezzo dell'interrogatorio a Bucharin, comunque sui processi ho già postato alcune cose, penso che bastino già, ma se vi interessa sapere altro, basta che chiedete.

V.: Nel 1918, non eravate favorevole all'assassinio dei dirigenti del nostro partito e del governo?
B.: No, non lo ero.
V.: Eravate favorevole all'arresto di Lenin?
B.: All'arresto? Vi sono stati due casi di questo genere: il primo, l'ho raccontato allo stesso Lenin; sul secondo, non gli ho detto niente, per ragioni relative alla cospirazione. Se volete, posso spiegarvi i particolari. Ve ne sono parecchi.
V.: Ve ne sono?
B.: Sì.
V.: E per uccidere Vladimir Ilijch?
B.: Dapprima avevamo parlato di arrestarlo per ventiquattr'ore. C'era questa formula, e poi la seconda...
V.: E se Vladimir Ilijch non si fosse arreso?
B.: Ma Vladimir Ilijch, come sapete, non si batteva mai a mano armata, non era uno spadaccino.
V.: Contavate dunque che Vladimir Ilijch non avrebbe oppo
sto resistenza quando vi foste presentati per arrestarlo?
B.: Vedete, posso fare riferimento a un'altra persona. Quando i socialisti rivoluzionari "di sinistra" hanno arrestato Dzerzinskij, questi non ha opposto la minima resistenza armata.
V.: Questo dipende, caso per caso, dalla situazione concreta.
Dunque, all'occorrenza, voi non prevedevate alcuna resistenza?
B.: No.
V.: E per l'arresto del compagno Stalin, nel 1918, la prevedevate?
B.: Vi sono stati, in quel periodo, numerosi incontri riguardanti...
V.: Non vi sto interrogando sugli incontri, ma sul piano per arrestare il compagno Stalin.
B.: Siccome non concordo con voi, quando parlate di un piano, consentitemi di chiarire alla Corte che cosa è accaduto in realtà. Si può dire dunque che allora non avevamo un piano, ma abbiamo avuto un incontro.
V.: A quale proposito?
B.: Abbiamo avuto un incontro relativo alla formazione di un nuovo governo, composto di "comunisti di sinistra".
V.: Io vi chiedo: nel 1918 avevate un piano per l'arresto del compagno Stalin?
B.: Non di Stalin. C'era un piano per l'arresto di Lenin, Stalin e Sverdlov.
V.: Di tutti e tre, Lenin, Stalin e Sverdlov?
B.: Precisamente.
V.: Dunque, non del compagno Stalin, ma dei compagni Lenin, Stalin e Sverdlov?
B.: Precisamente.
V.: C'era un piano per l'arresto?
B.: Ho detto: non c'era un piano, ma abbiamo avuto degli incontri su questo argomento.
V.: E a proposito dell'assassinio dei compagni Stalin, Lenin e Sverdlov?
B.: Niente di tutto questo.
V.: Per chiarire questo punto, chiederò alla Corte di citare oggi, alla fine di questa udienza o alla prossima, i seguenti testimoni: Iakovleva, ex dirigente del gruppo dei "comunisti di sinistra"; Ossinskij, ex dirigente del gruppo dei "comunisti di sinistra"; Mantsev e poi i socialisti rivoluzionari di "sinistra", membri del Comitato Centrale dei socialisti rivoluzionari "di sinistra", Karelin e Kamkov, per interrogarli al fine di sapere se Bukarin e i "comunisti di sinistra" che egli dirigeva in quel periodo, insieme con i socialisti rivoluzionari "di sinistra" avevano un piano – e quale piano – per l'arresto e l'assassinio dei compagni Lenin, Stalin e Sverdlov. Per il momento non ho altre domande da fare.

 
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Psychedelic_Alexi
view post Posted on 5/2/2009, 23:46




Non vorrei sembrare petulante ma penso sia interessante la lettura della Sentenza del Processo al Centro Trotzkista-Zinovievista davanti al Tribunale Militare della Corte Suprema dell'Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche.

Per gli interessati lo metto fra spoiler: (ah, esorto gentilmente a lasciare da parte le artificiose "critiche" in stile wikipediano, grazie :) )
SPOILER (click to view)
dalla Sentenza del Processo al Centro Trotzkista-Zinovievista davanti al Tribunale Militare della Corte Suprema dell'Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche.

Mosca 24 agosto 1936
... L'istruttoria e i dibattiti del processo hanno stabilito quanto segue:
Nell'autunno del 1932, in virtù di una direttiva di L. Trotzkij, ricevuta da I.N. Smirnov, dirigente dell'organizzazione trotzkista clandestina nell'URSS, ha avuto luogo l'unificazione dei gruppi controrivoluzionari clandestini trotzkisti e zinovievísti, che hanno formato un "centro unificato" formato da Zinoviev, Kamenev, Evdokimov e Bakaiev (di parte zinovievista) e da Smirnov, Ter-Vaganian e Mrashkovskij (di parte trotzkista).
L'unificazione di questi gruppi controrivoluzionari è stata realizzata sulla base dell'applicazione del terrorismo individuale contro i dirigenti del partito comunista dell'URSS e del governo sovietico.
Trotzkisti e zinovievisti, conformemente alle dirette indicazioni di Trotzkij, trasmesse al "centro unificato" tramite gli imputati Smirnov, Goltzman e Dreitzer, durante il periodo che va dal 1932 al 1936, hanno concentrato tutta la loro attività ostile al governo sovietico e al partito comunista dell'URSS, sull'organizzazione del terrorismo contro i dirigenti di quest'ultimo.
Il tribunale ha stabilito che il "centro unificato", grazie alle immediate direttive di Trotzkij e di Zinoviev, ha organizzato e realizzato, il 1° dicembre 1934, per mezzo del gruppo terroristico clandestino zinovievista di Leningrado — Nikolaiev-Kotolynov — l'abominevole assassinio di Serghiej Mironovich Kirov, membro dell'Ufficio del Comitato Esecutivo Centrale dell'URSS e del Comitato Centrale del partito comunista dell'URSS.
Non limitandosi all'assassinio del compagno Kirov, il centro trotzkista-zinovievista ha preparato una serie di atti terroristici contro i compagni Stalin, Voroscilov, Zdanov, Kaganovich, Orgionikidze, Kossior e Postyscev.
Dal materiale fornito dai dibattiti e dalle confessioni degli imputati Zinoviev, Kamenev, Evdokimov, Bakaiev, Mrashkovskij e Dreitzer, è stato stabilito che L. Trotzkij, dall'estero, e Zinoviev all'interno del Paese, hanno affrontato con ogni mezzo i preparativi dell'assassinio del compagno S.M. Kirov. A tale scopo, Kamenev si è recato, nel giugno 1934, su missione del centro trotzkista-zinovievista unificato, a Leningrado, dove ha condotto con Iakovlev capo di uno dei gruppi terroristici di Leningrado — il cui caso sarà oggetto di un processo a parte — trattative sull'organizzazione di un atto terroristico contro il compagno Kirov.
Il tribunale ha del pari stabilito che, su missione del "centro unifìcato", anche l'imputato Bakaiev si è recato a Leningrado, nel novembre 1934, per controllare a che punto fosse il gruppo terroristico Nikolaiev-Kotolynov di Leningrado, per l'esecuzione dell'assassinio del compagno Kirov. Durante una riunione clandestina dei membri di questo gruppo terroristico di Leningrado, Bakaiev ha ricevuto il resoconto orale di Leonid Nikolaiev, futuro assassino del compagno Kirov e, in nome del centro trotzkista-zinovievista unificato, ha dato a lui e ai suoi complici una serie di indicazioni pratiche sull'organizzazione dell'assassinio del compagno S.M. Kirov. In base a queste indicazioni L. Nikolaiev e i suoi complici il 1° dicembre 1934 hanno perpetrato l'abominevole assassinio del compagno S.M. Kirov.
Il tribunale ha del pari stabilito che nel 1934 gli imputati Bakaiev, Reingold e Dreitzer, in base alle decisioni del "centro unificato", hanno cercato, in due riprese, di attentare alla vita del compagno Stalin.
Al fine di meglio realizzare gli atti terroristici che aveva deciso di eseguire, il "centro unificato" ha formato a Mosca, nel 1933, un'organizzazione detta "centro terroristico di Mosca" che si coniponeva degli imputati Reingold, Pikel e Dreitzer, sotto la direzione dell'imputato Bakaiev, membro del "centro unificato". Il "centro unificato" incaricò l'imputato Bakaiev dei preparativi pratici per realizzare l'assassinio dei compagni Stalin e Kirov, e l'imputato Dreitzer, membro del "centro terroristico di Mosca", dell'organizzazione di un "azione terroristica" contro il compagno Voroscilov.
L. Trotzkij non contento di organizzare, sotto la direzione immediata del "centro unificato", una serie di azioni terroristiche contro i dirigenti dello Stato sovietico e del partito comunista dell'URSS ha inviato sistematicamente, dal 1932 al 1936 dall'estero nell'URSS, parecchi terroristi per questi stessi fini.
Nel novembre del 1932 L. Trotzkij ha inviato nell'URSS Berman-Iurin e Fritz David, i quali, prima della loro partenza, ricevet-tero da Trotzkij in persona delle istruzioni sull'organizzazione dell'assassinio del compagno Stalin.
Lo stesso anno, L. Trotzkij ha inviato a Mosca da Berlino il terrorista Nathan Lurié. Con Franz Weiz, agente della Gestapo e uomo di fiducia di Himmler (attuale capo della Gestapo), che a quell'epoca abitava a Mosca come osservatore straniero, Nathan Lurié preparava attentati contro la vita dei compagni Stalin, Voroscilov, Kaganovich e Orgionikidze.
Durante l'inverno 1932-33, quando Franz Weiz lasciò Mosca, Nathan Lurié e il suo gruppo terroristico continuarono a preparare queste azioni terroristiche assieme all'imputato Mosè Lurié che, nel marzo 1933, era arrivato a Mosca da Berlino e che aveva del pari ricevuto da Trotzkij il compito di affrettare le azioni terroristiche contro dirigenti del potere sovietico e del partito comunista dell'URSS.
Nel 1934, mentre si trovava ai cantieri di Celiabinsk, Nathan Lurié ha cercato di attentare alla vita dei compagni Kaganovich e Orgionikidze. Infine, il 1° maggio 1936 lo stesso Nathan Lurié, su direttiva di Mosè Lurié, e in seguito a un precedente accordo con questi, ha tentato di compiere un attentato contro il compagno Zdanov durante la manifestazione del 1° maggio a Leningrado.
Durante l'estate del 1935, L. Trotzkij, tramite suo figlio L. Sedov, ha fatto passare dalla Germania nell'URSS il terrorista V. Olberg che usufruiva di un passaporto falso della Repubblica dell'Honduras. Questo passaporto è stato acquistato da V. Olberg con l'aiuto della Gestapo, la polizia segreta tedesca, dopo che aveva già ottenuto, tramite Sedov, figlio di L. Trotzkij, il consenso di quest'ultimo, di servirsi a questo scopo della collaborazione della polizia segreta tedesca.
Al suo arrivo nell'URSS, V. Olberg è entrato in contatto con il gruppo terroristico controrivoluzionario trotzkista della città di Gorkij e ha preparato parecchi terroristi che, il 1° maggio 1936,
avrebbero dovuto compiere a Mosca, sulla piazza Rossa, un attentato terroristico contro i dirigenti del governo sovietico e del partito comunista dell'URSS.
I dibattiti hanno del pari stabilito che il centro terroristico trotzkista-zinovievista, oltre alla preparazione di azioni terroristiche contro i compagni Stalin, Voroscilov, Zdanov, Kaganovich, Orgioníkidze, preparava nello stesso tempo azioni terroristiche contro i compagni Kossior e Postyscev, con l'aiuto del gruppo terroristico ucraino che agiva sotto la direzione del trotzkista Mukin, il cui caso sarà oggetto di un processo a parte ...

Ovviamente la sentenza era tratta dalle prove e dalle confessione degli imputati tra cui possiamo trovare quella di Zinoviev, per chi interessa metterò anche questa fra spoiler:

SPOILER (click to view)
Interrogatorio dell'imputato Zinoviev durante l'udienza antimeridiana del 20 agosto 1936


Zinoviev incomincia la sua deposizione con il racconto della istituzione del centro trotzkista-zinovievista unificato nel 1932. Zinoviev fa notare che, in fondo, non c'erano state divergenze essen¬ziali tra trotzkisti e zinovievisti.
« Le nostre divergenze con Trotzkij », dice Zinoviev, « dopo .il XV Congresso, durante il quale Trotzkij ha usato all'indirizzo mio e di Kamenev il termine "tradimento", non erano altro che una scappatoia, un alterco. Non abbiamo commesso nessun tradimento contro Trotzkij, non abbiamo tradito, ancora una volta, nient'altro che il partito di cui facevamo parte. Ma è proprio a questo punto che ci siamo lanciati completamente nel doppio gioco, incominciato già molto prima fin dal 1926 e dal 1927; ma solo dal 1928, dopo il XV Congresso del partito comunista dell’URSS, non potevamo più fare un paso o dire una parola, senza tradire, in un modo o nell’altro, il partito, senza cadere nel doppio gioco.
Dal 1928 al 1932 non ci furono mai sostanziali differenze tra noi e i trotzkisti. Così fummo trascinati verso il terrorismo dalla forza delle cose. Abbiamo basato i nostri calcoli sulla crescita delle difficoltà, sperando che queste assumessero proporzioni tali da ren¬dere possibile un'azione scoperta per noi, per la destra, per i trotz¬kisti e i piccoli gruppi ad essi vicini. Abbiamo pensato di agire su un fronte unico. Allora pensavamo che la destra avesse più possibilità di riuscita, poiché i loro pronostici si sarebbero in gran parte avverati ed i loro uomini avrebbero avuto più ascendente. In quel periodo, abbiamo cercato soprattutto di far risaltare ciò che mag-giormente ci avvicinava alla destra.
Nello stesso periodo », continua Zinoviev, « alcuni gruppi clandestini di tendenze di destra, al pari delle cosiddette "sinistre", cercavano di stabilire un contatto con me e Kamenev. Questi tenta¬tivi provenivano da ciò che restava dell` “opposizione operaia”: Chliapnikov, Medvedev, dai cosiddetti "gruppi di sinistra": fra cui Lominadze, Sciatskin, Sten e altri, e da certi isolati, quali Smilga, e, fino a un certo punto, Sokolnikov. Nella seconda metà del 1932 avevamo capito che i nostri calcoli sulla crescita delle difficoltà nel Paese erano sbagliati. Incominciavamo a capire che il partito e il suo Comitato Centrale avrebbero vinto queste difficoltà; ma, duran¬te la prima e la seconda metà del 1932, bruciavamo di odio contro il Comitato Centrale del partito e contro Stalin.
Eravamo convinti », dice Zinoviev, « che bisognava a tutti i costi rimpiazzare i dirigenti e questo cambio della guardia doveva essere fatto da noi d'accordo con Trotzkij. E' stato in queste circo¬stanze che mi sono incontrato con Smirnov, che durante questo processo mi accusa spesso di mentire. È vero, ho mentito spesso; ho incominciato a mentire dal momento in cui mi sono messo sulla strada della lotta contro il partito bolscevico. Poiché anche Smirnov ha imboccato questa strada di lotta contro il partito, anche lui men¬te. Ma la differenza tra me e lui sta probabilmente in questo: io, in questo momento, ho preso la ferma decisione di dire tutta la ve¬rità, mentre lui sembra averne presa un'altra ».
Vyshinskij: In questo momento, voi dite tutta la verità?
Zinoviev: In questo momento e fino alla fine dirò tutta la verità.
V.: Ricordatevi che anche il 15 e il 16 gennaio del 1935, all’Udienza del Tribunale militare della Corte suprema, voi sostenevate di dire tutta la verità.
Z.: Il 15 e il 16 gennaio del 1935 non ho detto tutta la verità.
V.: Non l'avete detta, ma affermavate di dirla.
Zinoviev continua la sua deposizione dicendo che nel 1931, nel corso dei suoi colloqui con Smirnov, erano arrivati entrambi al¬la decisione di unificare i trotzkisti e gli zinovievisti sulla base del terrorismo, seguendo in ciò la direttiva di Trotzkij.
« Anche Smirnov », dice Zinoviev, « era completamente d'ac¬cordo con questa direttiva e la diffondeva con calore e convinzio¬ne. Abbiamo parlato a lungo con Smirnov della scelta degli uomini per l'azione terroristica, e abbiamo stabilito contro quali persone essa doveva essere diretta. Abbiamo nominato, prima di tutti, Sta¬lin, poi Kirov, Voroscilov e gli altri dirigenti del partito e del go¬verno. Fu creato un centro terroristico trotzkista-zinovievista, per realizzare tale piano; in questo centro io avevo il ruolo principale, al pari di Smirnov che rappresentava i trotzkisti ».
Vyshinskij: Riassumendo le vostre deposizioni, si può arriva¬re alla conclusione che, nell'organizzazione del blocco e del centro terroristico trotzkista-zinovievista, il ruolo decisionale spettava da una parte a voi, che dirigevate gli zinovievisti, e dall'altra a Trotzkij per mezzo dei suoi rappresentanti?
Zinoviev: Esatto.
V.: In questo periodo, il principale rappresentante di Trotzkij, il suo sostituto nell'URSS era Smirnov?
Z.: E' così.
V.: Per l'unificazione tra trotzkisti e zinovievisti, riconoscere la necessità del terrorismo era condizione indispensabile?
Z.: Sì.
V.: Vi siete accordato con Smirnov sulla scelta delle persone che dovevano per prime essere colpite dall'azione terroristica? È vero che queste persone erano Stalin, Kirov, Voroscilov?
Z.: Questo problema è stato discusso nel centro.
Nel corso della sua deposizione e nelle sue risposte alle do¬mande del procuratore sui passi fatti per preparare l'assassinio dei dirigenti del partito e del governo, Zinoviev racconta poi che nel¬l'autunno del 1932 c'era stata una riunione a Ilinskoie, alla quale avevano preso parte Zinoviev, Kamenev, Evdokimov, Bakaiev, Ka¬rev. In questa riunione era stata affidata a Bakaiev la direzione pra¬tica dell'attività terroristica.
« Quando, dopo l'affare Rjutin, andammo in esilio con Kame¬nev, affidammo la direzione dell'attività terroristica a Evdokimov, Bakaiev e Smirnov. Riponevamo grandi speranze soprattutto in Smirnov.
In questo periodo », continua Zinoviev, « ho avuto dei collo¬qui con Tomskij, con cui ho parlato della nostra unificazione con i trotzkisti. Tomskij si è dimostrato pienamente solidale con noi. Al nostro ritorno dall'esilio ci siamo affrettati a mettere un riparo, se così si può dire, alla falla prodottasi nella nostra attività terroristica, a riparare allo smacco dei cospiratori. Avevamo fretta di riguadagnare la fiducia perduta per poter continuare la nostra attività terroristica. Riprendemmo la vecchia tattica che consisteva nel,combinare il doppio gioco sempre più sottile, sempre più subdolo, con la preparazione del complotto.
Dopo l'assassinio di S.M. Kirov », dice Zinoviev, « la nostra perfidia si spinse a tal punto che io inviai alla "Pravda" una necro¬logia su Kirov. L'articolo però non fu pubblicato. Per quanto mi ricordi anche Kamenev e forse lo stesso Evdokimov hanno scritto necrologie su Kirov. Comunque Kamenev sapeva che stavo per man¬dare il mio articolo ».
Vyshinskij: Dunque l'avete fatto avendolo concordato in pre¬cedenza?
Zinoviev: Se ricordo bene, ho detto a Kamenev che avrei man-dato una necrologia e mi sembra che egli abbia risposto che ne avrebbe mandata una anche lui, o che ci sarebbe stata, forse, una necrologia collettiva da parte della sua istituzione e lui l'avrebbe firmata.
Vyshinskij (a Kamenev): Imputato Kamenev, ve ne ricordate?
Kamenev: Non me ne ricordo; non sapevo nemmeno che Zi¬noviev aveva l'intenzione di scrivere una necrologia. Sapevo che Zinoviev, dopo gli eventi del 1° dicembre e dopo l'arresto di Ba¬kaiev e di Evdokimov, era venuto da me con la bozza di una lettera per Iagoda, commissario generale della polizia di Stato, nella quale dichiarava di essere preoccupato di questi arresti e chiedeva di es¬sere convocato per mettere in chiaro che lui, Zinoviev, non aveva niente in comune con questo delitto.
Vyshinskij (a Zinoviev): Imputato Zinoviev, il fatto si è svol¬to in questo modo?
Zinoviev: Sì.
Kamenev: Poi ho detto che non bisognava farlo, perché pen¬savo che, dopo quanto avevamo fatto, dovevamo conservare un po' di sangue freddo.
V.: Siete riuscito a conservare il vostro sangue freddo?
K.: Sì, non ho mai scritto una lettera simile.
Zinoviev racconta, poi, di aver inviato a Leningrado, nel 1934, Bakaiev per rendersi conto dell'andamento del lavoro fattovi in vi¬sta dell'assassinio di Kirov.
« Ho inviato a Leningrado Bakaiev, che aveva tutta la nostra fiducia e che conosceva perfettamente l'effettivo dei terroristi, per¬ché controllasse gli uomini, la situazione, il grado di preparazio¬ne, ecc. Al suo ritorno da Leningrado, Bakaiev mi informò che tut¬to era a posto ».
Vyshinskij: Eravate sicuro che andasse tutto bene?
Zinoviev: Ritenevo che tutto il lavoro fosse ormai finito.
V.: Avete sollecitato, avete affrettato l'assassinio di Kirov? Ci furono momenti in cui manifestaste scontento per una certa len-tezza da parte dei vostri uomini?
Z.: Sì, espressi un certo scontento.
V.: Si può dire, allora, che siete stato non solo organizzatore e ispiratore dell'assassinio di Kirov, ma anche artefice della sua pronta realizzazione?
Z.: A un certo punto cercai di accelerare i tempi.
Zinoviev parla dei suoi incontri con M. Lurié (Emel) che ave¬va portato direttive terroristiche da Trotzkij. « Sapevo », dichiara Zinoviev, « che M. Lurié era un trotzkista, e non solo un trotzkista, ma, quando parlava, si sentiva un linguaggio fascista ».
Vyshinskij: In che cosa si manifestava questo fascismo?
Zinoviev: Nel fatto che diceva nella situazione attuale, dob¬biamo utilizzare qualsiasi mezzo.
Dalle risposte di M. Lurié alle domande di Vyshinskij si viene a conoscenza del fatto che Zinoviev ha visto in tre riprese Lurié, al suo ritorno da Berlino, e che una conversazione a quattr'occhi ha avuto luogo in un incontro nell'appartamento di Zínoviev. Si trat-tava delle direttive terroristiche di Trotzkij, ricevute da M. Lurié a Berlino tramite Ruth Fisher e Maslov e trasmesse poi da M. Lurié a Zinoviev tramite Hertzberg.
« Ho chiesto a Zinoviev », dichiara M. Lurié, « se era al cor¬rente dell'affare Nathan Lurié. Zinoviev ha risposto affermativa¬mente ».
M. Lurié ha detto poi a Zinoviev che N. Lurié era in contatto con un certo Franz Weiz. Alla domanda di Zinoviev sull'identità di questo Franz Weiz, M. Lurié rispose che era l'uomo di fiducia di Himmler, attuale capo della Gestapo.
« Gli ho domandato di nuovo », dice M. Lurié, « se fosse al corrente della attività di questa organizzazione e Zinoviev ha rispo¬sto affermativamente. Alla mia perplessità sulla possibilità per dei marxisti di ricorrere al terrorismo individuale e di intrattenere re¬lazioni con gruppi fascisti, ricevetti la seguente risposta: "Siete pu¬re uno storico, Mosè Ilijch" e Zinoviev fece il confronto con Bi¬smark e Lassalle, aggiungendo: "Perché, nel momento attuale, non potremmo servirci di HimmIer? " ».
Dopo le dichiarazioni di Lurié, Zinoviev afferma che la frase su Lassalle e Bismark è stata pronunciata dallo stesso Lurié; rico¬nosce, tuttavia, di aver ricevuto la sua visita e di essersi intratte¬nuto con lui sul terrorismo. Rispondendo, poi, alle domande del presidente Ulrich sulla sua partecipazione alla preparazione del¬l'azione terroristica contro Stalin, l'imputato Zinoviev dichiara di avervi preso parte e di essere stato al corrente di due tentativi di
attentare alla vita di Stalin. A questi tentativi hanno partecipato Reíngold, Dreitzer e Pikel.
Zinoviev conferma del pari di aver raccomandato a Bakaiev, dirigente dei gruppi terroristici, il suo segretario personale Bogdan come esecutore dell'assassinio di Stalin.
Vyshinskij: Avete raccomandato Bogdan a Bakaiev perché rea¬lizzasse l'assassinio di Stalin. Lo confermate?
Zinoviev: Lo confermo.



Buonanotte!
 
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matteo.morganti
view post Posted on 5/2/2009, 23:58




Peccato non riporti mai la lettera segreta di Bucharin nota come il suo testamento politico in cui si è detto costretto a fare quelle dichiarazioni per circostanze politiche che sarebbe troppo complicato riproporre in un breve messaggio, e "casualmente" Kruschev non lo ho mai proposto, pur essendo a sua disposizione perchè in quel testo Bucharin faceva delle pesanti affermazioni (di stampo leninista) sul processo rivoluzionario che stava degenerando, e sempre "casualmente" l'unico a non essere stato riabilitato tra i purgati è stato proprio Bucharin.
Veniamo al dunque: dobbiamo parlare del socialismo in un solo paese? Così sia. Lascio da parte le sciocchezze sui processi farsa perchè lo stile Travaglio che spiattella documenti processuali senza conoscere le motivazioni politiche (la lotta di classe!) si schernisce da solo. Quanto alla baggianata sul piccolo numero degli esponenti dell'avanguardia ... unisciti pure al carrozzone che crede nei partitoni massa, non è una posizione marxista e prendo atto anche di questo tuo ennesimo allontanamento dal materialismo.
Il dibattito sulla natura sociale dell'URSS è vivo negli anni '20 e fino a metà degli anni '30; il contesto economico era cambiato, il PCUS aveva deciso di svoltare e avviare una politica di pianificazione. Si contrapponeva 2 tesi: i genetisti (che poi vennero sconfitti in sede di comitato centrale) secondo cui il piano doveva solo stabilire una direzione per l'industrializzazione; ed i teleologici (tra cui Bucharin e Leontiev) secondo cui un piano senza scopi sarebbe stato un non-sense, come un piano senza piano. Questa non è la sede di riportare le conseguenze di entrambe le tesi, ma se ci sarà tempo e modo lo faremo. Il 1° piano quinquennale fu rivisto più volte al ribasso perchè risultò essere un volontarismo insensato ed eccessivo, il 2° idem perchè i conti non tornavano. Insegna Marx che nell'operazione 2+2=4 non serve guardare oltre l'uguale, ma occorre analizzare il processo (il 2+2) che porta al risultato. Bene. I piani (pur nello sforzo teorico enorme: basti solo ricordare che molti dei dibattiti sono ripresi inconsapevolmente ancora oggi nelle aziende in sede di programmazione dei costi ..., ed a Leontiev si devono dei tentativi di elaborare un calcolo economico sulla base del socialismo, tentativi ripresi ad esempio da Bettelheim). Qui sta il nodo: era possibile il calcolo economico? Secondo l'analisi marxiana (non marxista!) il calcolo economico è possibile a livello di azienda, spingendosi ad un livello di concentrazione-centralizzazione del capitale ancora maggiore, è possibile anche a livello di settore, ma in sè (in quanto tale) il capitale è anarchico e i piani delle aziende (o settori) si contrapporranno producendo collisioni (questo perchè il capitale senza il molteplice, senza altri capitali, è un assurdo). Già questo basta per vedere che solo in una società in cui realmente siano stati socializzati i mezzi di produzione (almeno quelli dominanti) è possibile una pianificazione controllata, altrove è pregna di contraddizioni. Se vogliamo affermare che l'URSS degli anni 20-30 lo era: cadiamo nello scherno; non essendolo lo sviluppo economico accelerato non dimostrava l'esistenza del socialismo, ma esattamente il contrario: una società ancora capitalistica in cui una dirigenza rivoluzionaria (anche se in via di corruzione) direzionava quello sviluppo avendo come obiettivo la resistenza in attesa della rivoluzione europea (almeno). Lo sviluppo era realmente accelerato? Confrontato coi ritmi occidentali, senza dubbio, ma così si confrontano mele e pere, i dati devono essere depurati del fattore "base socio-economico di partenza" (altrimenti si arriverebbe all'assurdo che il socialismo si può sviluppare solo partendo dall'era del bronzo perchè in quel caso il saggio di crescita sarebbe esponenziale), depurando il dato, questo viene tagliato in modo vertiginoso, ma tutto sommato rimane accettabile. Anche risolto il problema del confonto, rimane un errore clamoroso da parte dei pianificatori sovietici che testimonia della loro mancanza teorica, un errore da dilettanti (anche se è comprensibile data la novità dell'esperienza): la produttività viene misurata in termini fisici! Proprio in un sistema basato sul valore di scambio come il capitalismo, si tiene conto del valore d'uso! Si deve sempre ragionare in termini di valore, e questo non è neppure facile perchè nel mercato non si contrappongono MAI valori, ma prezzi (di costo e/o di mercato), il valore pur essendo un'astrazione concreta è comunque ideale, basti pensare che il saggio generale di profitto (capitali di uguale grandezza ottengono profitti uguali indipendentemente dalla composizione organica rispettiva, dal tempo di rotazione ...) già in sè presuppone prezzi di costo che divergono dai valori (la determinazione del valore della merce in base al tempo socialmente necessario alla sua produzione); anche questo è comunque un errore evitabile e di poco conto se vogliamo (oltretutto occorre non confondere la produttività occidentale, che spesso cela solo una maggiore intensità nell'uso della forza-lavoro, con la reale produttività, che è solo la produzione di maggiore plusvalore relativo nello stesso tempo e con la stessa tensione della forza-lavoro, insomma la produttività è solo quella del lavoro, e di quello sociale poi, non del singolo operaio!). Detto questo. Una delle fandonie pazzesche è stata la seguente: il saggio di profitto in URSS non cadeva alla stessa velocità che ne paesi occidentali, quindi è sintomo di socialismo! D'abord: questo è paradossalmente il sintomo dell'arretratezza del sistema sovietico: macchinari obsoleti che non venivano sostituiti velocemente e che quindi non facevano crescere il capitale costante (in valore ma anche in massa) rispetto al capitale variabile, è un sintomo di futura certa stagnazione (che comincerà infatti prestissimo a manifestarsi); è sintomo del fatto che l'industrializzazione procedeva in senso estensivo e mai intensivo, ed effettivamente si può parlare di sviluppo solo quando si passa alla qualità dopo aver negato positivamente la quantità e così via in un circolo senza fine (quantità-qualità-quantità ....). Non si deve poi dimenticare che se è vero (come è vero) che legge assoluta è la caduta del saggio di profitto, è pur sempre una tendenza, e quindi di necessità agiscono controtendenze, altrimenti il capitalismo sarebbe collassato su stesso da solo senza bisogno di rivoluzioni; oltrettutto il saggio di profitto può cadere senza che cada la massa (che anzi necessariamente cresce). L'economia sovietica insomma non presentava i caratteri occidentali perchè la si vedeva ideologicamente, era talmente arretrata che le leggi scoperte da Marx operavano molto lentamente (e già sono lente come i tempi della storia), e ideologicamente si vedeva in questo un superamento di tali leggi, quindi il socialismo! Un caso per tutti: il capitale reagisce alla caduta tendenziale del saggio di profitto aumentando la sua già presente tendenza alla concentrazione (cercando di compensare proprio la caduta del saggio con l'aumento della massa di profitto), in questo riesce contraddittoriamente però: aumenta proprio la caduta del saggio; in URSS questa controtendenza operava lentamente, perchè al di là dell'ideologia della proprietà statale dei mezzi di produzione, le unità operative erano frammentate e quindi poco concentrate! E' un altro sintomo della tragedia a cui andava incontro l'URSS (non per colpa di Stalin, ma per "colpa" delle ferree leggi economiche che impedivano a quel paese straccione di dominare il mercato mondiale del capitale, e quindi di vedersi imporre prezzi di mercato - quindi concorrenza - insostenibili per la propria arretrata struttura economica); allora avrebbe dovuto collassare subito? Qui sta l'errore dei faciloni, la proprietà giuridica(pur non essendo il socialismo) incide sui meccanismi economici, così occorre tenere conto non tanto delle unità operative (le fabbriche), ma delle unità di capitale (i trust statali accentrati anche se solo giuridicamente): un escamotage che però non può reggere a lungo.
Questo è il terreno su cui giudicare lo stalinismo!
 
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26 replies since 3/2/2009, 00:53   649 views
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