Forum Comunista Internazionalista

Vladimir Il'ič Ul'janov Lenin, 1870-1924

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Zinov'ev
view post Posted on 25/8/2008, 22:00




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Lenin , pseudonimo di Vladimir Il'ič Ul'janov, anche traslitterato come Vladimiro Ilyich Ulyanov o Vladimiro Ilich Uljanov, in alfabeto cirillico Владимир Ильич Ульянов, Ленин (Simbirsk, 22 aprile 1870 – Gorki Leninskije, 21 gennaio 1924) è stato un politico e rivoluzionario russo. Fu capo del partito bolscevico, Presidente del Consiglio dei Commissari del Popolo della Russia sovietica e poi dell'URSS.

Biografia
Il padre, Il'ja Nikolaevič (1831 - 1886), di religione ortodossa, era originario di Astrachan'; laureato in matematica col famoso professor Lobačevskij, uno dei fondatori delle geometrie non-euclidee, dal 1863 insegnò matematica e fisica nel ginnasio di Nižnij Novgorod, dove nello stesso anno conobbe e sposò Mar'ja Aleksandrovna Blank (1835 - 1916); nel 1869 accettò l'incarico di ispettore delle scuole elementari del governatorato di Simbirsk, e vi si trasferì con la moglie, già incinta di Vladimir, e con i due figli Anna (1864) e Aleksandr (1866 - 1887). Nel 1874 venne nominato direttore scolastico, col grado di consigliere di Stato e insignito dell'ordine di San Vladimiro, ottenendo l'inserimento nella piccola nobiltà e il diritto alla trasmissibilità del titolo.

La madre, figlia di un medico di origine tedesca, luterana non praticante, allevò altri tre figli, Ol'ga (1872 - 1891), Dmitri (1875 - 1943) e Mar'ja (1878 - 1937).

Nel 1879 Vladimir è iscritto alla I classe ginnasiale, nel 1883 il fratello maggiore Aleksandr si iscrive all'Università di Pietroburgo per studiare scienze naturali; il 12 gennaio 1886 muore il padre.

La situazione politica nella Russia prerivoluzionaria

La famiglia Ul'janov nel 1880Nella società russa, economicamente arretrata e rimasta feudale malgrado l'abolizione della servitù della gleba nel 1861, gli intellettuali raramente trovavano impieghi e incarichi attraverso i quali esercitare quell'influsso economico, politico e ideologico che essi ritenevano spettasse loro; essi non si uniscono alla borghesia mercantile, ancora rozza e ignorante, che disprezzano; di qui nasce il loro senso di frustrazione e l'ostilità verso i ceti privilegiati della nobiltà, economicamente parassitari ma che forniscono i quadri dell'esercito e della burocrazia, i fondamenti, insieme col clero, del regime autocratico zarista.

Le giovani generazioni di studenti divengono così i portatori di istanze rivoluzionarie. Le idee di progresso, largamente diffuse in tutta l'Europa, presupponevano che la cultura, l'istruzione, il pensiero critico favorissero l'evoluzione delle condizione dell'umanità. Gli intellettuali russi, gli unici possessori di un reale cultura nazionale, sarebbero così divenuti i promotori dell'elevamento del popolo, che per la Russia si identificava sostanzialmente con i contadini. Sono queste le tesi dei populisti, i narodniki (народники), che svolgono la propria propaganda politica presso i contadini, dai quali però non soltanto non sono compresi ma vengono anche rifiutati. Il passaggio al terrorismo, con gli attentati contro gli zar, i suoi ministri e i dirigenti della polizia, è breve. Essi si illudono di dare, mediante un'attività terroristica, una dimostrazione fattiva del loro interesse per le istanze popolari, sollecitandone l'adesione, e di conseguire il collasso del regime autocratico.

L'1 marzo 1887, anniversario dell'assassinio dello zar Alessandro II, la polizia arrestò i fratelli Anna e Aleksandr nella casa pietroburghese, da loro affittata per frequentare l'Università, con l'accusa di cospirazione contro lo zar Alessandro III. Effettivamente Aleksandr, insieme con altri quattro studenti, aveva progettato di attentare alla vita di Alessandro III e a tale scopo - essendo esperto di chimica - aveva confezionato le bombe da utilizzare nell'attentato. Nel processo, ammise le sue responsabilità, cercando di attenuare quelle dei complici; condannato a morte, il 5 maggio venne impiccato con i suoi compagni. La sorella Anna, del tutto estranea, venne rilasciata pochi giorni dopo.


La formazione politica

Vladimir Ul'janov nel 1887Il mese dopo, Vladimir concluse gli studi ginnasiali a pieni voti. A stilare le note caratteristiche di Vladimir è il direttore della scuola; è curioso che egli sia Fëdor Kerenskij, padre di quel Aleksandr Kerenskij, che sarà un futuro avversario politico di Lenin: «Assai dotato, costante e intelligente, Ul'janov è sempre stato in testa alla sua classe e alla fine del corso ha meritato la medaglia d'oro come allievo più degno per l'esito, il profitto e il comportamento. Né dentro né fuori della scuola si è mai verificato un caso in cui Ul'janov potesse meritare per la parola o per il gesto una valutazione non positiva da parte dei superiori e insegnanti. Alla sua istruzione ed educazione morale hanno vigilato con cura i genitori e, a partire dal 1886, dopo la morte del padre, la madre sola, che ha consacrato tutte le sue energie a tutelare e allevare la prole. Fondamento: la religione e un'intelligente disciplina. I benefici frutti dell'ambiente domestico risultano evidenti dalla condotta di Ul'janov. Osservando più dappresso il genere di vita familiare e il carattere di Ul'janov non ho potuto fare a meno di notare in lui un riserbo talvolta eccessivo e un atteggiamento scostante anche verso persone di sua conoscenza e, fuori del ginnasio, verso compagni che sono il vanto della scuola; in genere, è poco socievole. La madre di Ul'janov non intende lasciare il figlio durante i suoi studi universitari».

In realtà, Vladimir non era più credente da almeno un anno. La condanna di Aleksandr aveva creato il vuoto intorno alla famiglia Ul'janov nella provinciale cittadina di Simbirsk; per questo motivo, gli Ul'janov, in quella stessa estate si trasferirono a Kazan, e Vladimir si iscrisse alla facoltà di legge della locale Università.

Il 4 dicembre 1887 gli studenti di Kazan occuparono l'Università per tenervi un'assemblea, rivendicando miglioramenti dell'attività didattica; le autorità considerarono sovversiva l'iniziativa è quella stessa notte la polizia arrestò Vladimir e una quarantina di studenti. Si dice che all'osservazione del poliziotto che lo portava al commissariato, chiedendogli: «Perché vi ribellate, giovanotto? Avete davanti a voi un muro», abbia risposto: «Sì, un muro cadente; basterà una spinta». Venne rilasciato due giorni dopo ed espulso dall'Università.

Le autorità lo confinarono dapprima a Kokuskino, la cittadina di origine della madre che vi possedeva una casa e poi, nel 1888, concessero alla famiglia Ul'janov di abitare nuovamente a Kazan'. Qui Vladimir prese a frequentare un circolo della Narodnaja Vol'ja e per la prima volta si accostò al marxismo studiando Capitale di Marx. Nel 1889, gli Ul'janov, sempre sorvegliati dalla polizia per i trascorsi di Aleksandr, di Vladimir e della sorella Anna, andarono ad abitare a Samara, dove la madre aveva acquistato una piccola proprietà agricola: è lo stesso anno in cui il circolo populista di Kazan' venne sciolto d'autorità e i suoi membri arrestati. Intanto Vladimir continuò a studiare privatamente legge e ottenne dai dirigenti scolastici di poter sostenere gli esami come studente esterno nell'Università di San Pietroburgo, laureandosi nel novembre 1891. L'anno dopo si iscrisse all'Albo degli avvocati: la sua brevissima attività professionale consisterà nel patrocinio di sole dieci cause giudiziarie, perdendole tutte. Quando, nella primavera del 1893, si trasferì a San Pietroburgo, la sua formazione politica era ormai definita.

La polemica contro il populismo

Foto segnaletica di Lenin, 1895Il suo primo scritto, terminato nel 1893 ma pubblicato solo nel 1923, Nuovi spostamenti economici nella vita contadina, si occupa della obščina (община), la tradizionale comunità rurale, di origine feudale, dei villaggi russi; Lenin osserva che in essa si producono differenze di classe, in quanto una piccola minoranza riesce ad accumulare progressivamente una maggiore quantità di terra, mentre la maggioranza dei contadini s'impoverisce; questi ultimi, costretti al lavoro salariato nelle proprietà dei contadini più ricchi, acquisiscono in compenso mezzi monetari a loro prima sconosciuti, favorendo così la disgregazione dell'economia naturale della comunità e il sorgere di una economia di mercato, favorendo così lo sviluppo del capitalismo.

La sua analisi è una polemica contro le tesi dei populisti, che esaltano invece la comunità primitiva russa, da loro ritenuta una società di eguali, contrapposta alle forme economiche capitalistiche, produttrici di disuguaglianze, senza tuttavia avvedersi delle trasformazioni in senso capitalistico che anche in essa sono ormai operanti.

Nel 1894 scrisse il breve saggio Che cosa sono 'Gli amici del popolo' e come lottano contro i socialdemocratici, dove esalta la superiorità scientifica del marxismo e rimproverando i populisti di soggettivismo sociologico: »Le condizioni storiche che avevano dato ai nostri soggettivisti il materiale per la loro teoria consistevano e consistono tuttora in rapporti antagonistici e hanno generato l'espropriazione del produttore [cioè la trasformazione del piccolo contadino e dell'artigiano in lavoratore salariato]. Non riuscendo a capire questi rapporti antagonistici, non riuscendo a trovare in essi elementi sociali che possano riscuotere l'adesione degli individui isolati, i soggettivisti si sono limitati a costruire teorie che consolino questi individui isolati, affermando che in realtà la storia è stata fatta da loro». I populisti, secondo Lenin, non si rendono conto delle trasformazioni che sono già in atto nella realtà della Russia, non cogliendo così né le contraddizioni dello sviluppo della società russa, né le contraddizioni dello stesso capitalismo.

L'organizzazione del partito rivoluzionario

Nadežda Krupskaja, moglie di LeninNello stesso anno 1894 entrò in contatto con il movimento, fondato dal maggior teorico marxista russo del tempo, Plekhanov, da Axel'rod e da Vera Zasulic, Emancipazione nel lavoro, che confluirà nel 1898 nel POSDR, il Partito operaio socialdemocratico russo, fondato, sempre nel 1898, a Minsk. Nel dicembre 1895 Lenin venne arrestato durante gli scioperi degli operai di San Pietroburgo e condannato a tre anni di deportazione in Siberia: qui scrisse Lo sviluppo del capitalismo in Russia, pubblicato nel 1899; nel luglio del 1898 sposò Nadežda Krupskaja, anch'ella detenuta per aver partecipato a uno sciopero. Nel 1900, scontata la pena, per evitare l'assillo della sorveglianza poliziesca, scelse volontariamente l'esilio, trasferendosi prima a Monaco di Baviera e poi a Zurigo, dove si unì a Plekhanov e a Martov con i quali fondò il periodico Iskra (La scintilla) che usciva a Monaco di Baviera e a Lipsia per essere poi diffuso clandestinamente in Russia.

Nel marzo 1901 fondò un'altra rivista da diffondere clandestinamente in Russia, Zarjà (L'alba). Dall'aprile cominciò a firmare i suoi articoli con lo pseudonimo di Lenin, che potrebbe risalire al nome del fiume Lena, così come il marxista russo Georgij Plechanov utilizzò lo pseudonimo Volgin in riferimento al Volga. Alcuni suggerirono che Lenin scelse il Lena poiché era più lungo e scorreva in direzione opposta rispetto al Volga, ma Lenin non era allora in polemica con Plechanov. Certamente non si riferisce, come pure si è sostenuto, al massacro del Lena, in cui l'esercito zarista represse una rivolta di minatori, causando circa 200 morti, dato che lo pseudonimo è precedente quell'avvenimento.

Nello stesso periodo fu raggiunto dalla moglie che aveva finito di scontare la detenzione in Siberia. L'anno 1902 si apre con i contrasti fra Lenin e Plechanov sui princìpi che devono guidare il partito; alle tesi programmatiche di Plechanov, Lenin risponde che «questo non è il programma di un partito che lotta praticamente, ma una dichiarazione di princìpi, quasi un programma di allievi del primo corso, là dove si parla del capitalismo in genere e non ancora del capitalismo russo». Secondo Lenin, a Plechanov sfuggiva il rapporto del capitalismo russo con l'economia rurale, il fenomeno della disgregazione delle comunità contadine e la relazione fra le vecchie e nuove realtà sociali che emergevano in Russia.

La concezione del partito come avanguardia rivoluzionaria e la coscienza di classe

Nel marzo 1902, Lenin pubblicò presso l'editore Dietz di Stoccarda il saggio Che fare?, composto dal maggio 1901 al febbraio 1902. Riprendendo il titolo di un noto romanzo dello scrittore russo Nikolaj Gavrilovič Černyševskij, che aveva affascinato più di una generazione di rivoluzionari russi, Lenin polemizza contro gli economicisti, per i quali «gli operai devono condurre una lotta economica [...] che abbracci anche la politica specificamente operaia, gli intellettuali marxisti devono fondersi con i liberali per la lotta politica»; in questo modo, secondo Lenin, essi finiscono per negare ogni funzione rivoluzionaria del partito. Negli anni Novanta ci fu una notevole estensione di scioperi spontanei: «Presi per sé, questi scioperi costituivano una lotta tradunionistica, ma non ancora socialdemocratica; annunciavano il risveglio dell'antagonismo tra operai e padroni, ma gli operai non avevano e non potevano avere ancora la coscienza dell'irriducibile antagonismo fra i loro interessi e tutto l'ordinamento politico e sociale contemporaneo, cioè la coscienza socialdemocratica. Gli scioperi della fine del secolo…restavano un movimento puramente spontaneo». La classe operaia, lasciata sola di fronte alle proprie condizioni, non supera i limiti dell'economicismo, del sindacalismo, non mette in discussione il sistema economico e sociale e resta succube della borghesia.

La coscienza politica socialista, secondo Lenin, è la comprensione del rapporto che lega il capitalista all'ordinamento economico, alle istituzioni politiche e allo Stato. È illusorio credere di poter combattere il proprio avversario di classe senza combattere l'ordinamento che lo difende e di cui è espressione. Per questo non bastano i sindacati ma è necessario un partito: «La socialdemocrazia rivoluzionaria ha sempre compreso nella propria azione la lotta per le riforme [... ] ma anche e innanzi tutto la soppressione del regime autocratico». Il pensiero politico socialista non è nato in conseguenza delle lotte economiche operaie, ma fu lo sviluppo del pensiero di intellettuali rivoluzionari: «La coscienza politica di classe può essere portata all'operaio solo dall'esterno, cioè dall'esterno delle lotte economiche, della sfera dei rapporti fra operai e padroni. Il solo campo dal quale è possibile raggiungere questa coscienza è il campo dei rapporti di tutte le classi, di tutti gli strati della popolazione con lo Stato e con il governo, il campo dei rapporti reciproci di tutte le classi».

Nel luglio 1903, nel corso del II Congresso del Partito socialdemocratico russo tenuto a Bruxelles e poi a Londra, emersero contrasti tra i socialisti russi: da un lato i bolscevichi (maggioritari), guidati da Lenin e Plechanov, sostengono la necessità di un partito fortemente centralizzato, diretto da rivoluzionari di professione, dall'altro i menscevichi (minoritari), Aksel'rod, Vera Zasulic e Martov, sostenevano la concezione di un partito più aperto alla società civile.

In Un passo avanti, due indietro (1904) Lenin commenta l'esito del II Congresso del Partito socialdemocratico russo e completa la sua teoria del partito, che per lui è un'organizzazione costruita dall'alto verso il basso: considerare autoritaria e burocratica questa concezione, come sostengono i menscevichi, ma anche la socialdemocratica (poi comunista) tedesca Rosa Luxemburg, «con la loro tendenza ad andare dal basso in alto, dando a qualsiasi professore, a qualsiasi studente di ginnasio, a ogni scioperante la possibilità di annoverarsi tra i membri del partito», significa privilegiare il movimento e la spontaneità contro la coscienza critica, significa diminuire il valore dell'iniziativa politica, avere una concezione deterministica dello sviluppo sociale - illudendosi di un presunto inevitabile crollo del capitalismo - e abbandonarsi alla politica del contingente, del caso per caso.

Pur essendo il partito della classe operaia, il partito non può identificarsi con essa, perché il partito rivoluzionario è la coscienza politica e teorica dell' avanguardia della classe, e questa avanguardia non può coincidere con coscienza politica di tutta la classe operaia: «Sarebbe codismo pensare che, con il capitalismo, tutta la classe operaia sia capace di elevarsi alla coscienza e all'attività dell'avanguardia [...]: dimenticare la differenza che esiste tra l'avanguardia e le masse che gravitano su di essa, dimenticare il dovere dell'avanguardia di elevare strati sempre più vasti al suo livello, vorrebbe dire ingannare se stessi»

La rivoluzione del 1905

Le conseguenze di una grave carestia e della sconfitta nella guerra contro il Giappone mostrano l'inefficienza e la corruzione dell'autocrazia zarista: il 22 gennaio 1905 una dimostrazione popolare a Mosca viene repressa nel sangue dai cosacchi. Si ammutina la guarnigione di marina a Kronstadt, nel Golfo di Finlandia, la corazzata Potemkin nel mar Nero e si estendono scioperi e manifestazioni; si costituiscono per la prima volta i Soviet, consigli di delegati delle forze produttive del Paese. Nel novembre Lenin giunse a Pietroburgo, clandestinamente, sotto il nome di Karpov: nel dicembre, al congresso del partito in Finlandia, chiede che i bolscevichi agiscano in piena autonomia dalle altre forze di opposizione al regime zarista. In questa occasione, per la prima volta Stalin incontrò Lenin: scriverà che, conoscendolo solo di fama, si era aspettato di vedere un gigante e quando vide che Lenin era un uomo perfettamente normale, ne restò deluso. Nel gennaio 1906 Lenin è a Mosca, per contrastare le elezioni del parlamento russo, la Duma, che considera manipolata dalle forze politiche reazionarie. Ai primi del 1907 lo zarismo restaura pienamente l'autocrazia sciogliendo la Duma.

La "dittatura" della classe operaia

Riflettendo sugli insegnamenti della fallita rivoluzione del 1905, Lenin afferma che il proletariato «deve sostenere qualunque borghesia, anche la peggiore, nella misura in cui lotti concretamente contro lo zarismo». La rivoluzione del 1905 fallì perché la borghesia russa, troppo debole ancora rispetto allo zarismo, non cercò il potere democratico, ma solo un accordo con l'autocrazia, perché era troppo forte, in essa, il timore di aprire la strada a una rivoluzione proletaria.

Per i menscevichi, invece, il proletariato deve sì appoggiare le rivoluzioni che abbiano un contenuto borghese, perché porterebbero a un regime democratico ove, in condizioni più favorevoli, la classe operaia può svolgere la sua lotta rivoluzionaria per il socialismo, ma non deve mettersi a capo di quella rivoluzione, non deve cercare di esserne protagonista ma deve rimanere all'opposizione.

Per Lenin, al contrario, solo se gli operai (i proletari) e i contadini (i piccolo borghesi) saranno i protagonisti di una rivoluzione democratica, questa sarà vittoriosa: «La lotta del proletariato per la libertà politica democratica è una lotta rivoluzionaria, perché mira alla piena sovranità del popolo. La lotta della borghesia per la libertà è una lotta opportunistica, perché mira alla divisione del potere fra l'autocrazia e le classi abbienti». Il proletariato deve operare, insieme con la borghesia, l'abbattimento del potere reazionario zarista, instaurando una dittatura democratica degli operai e dei contadini; quando fossero realizzate le libertà democratiche, il proletariato e il partito socialdemocratico che lo guida dovranno abbattere le istituzioni democratiche per l'instaurare il socialismo, attraverso la dittatura della classe operaia. Già nel 1898, del resto, con l'articolo I compiti dei socialdemocratici russi, Lenin aveva affermato che il partito era socialdemocratico - appunto, socialista e democratico insieme - nel senso che era democratico battendosi, in una società assolutista, per la conquista della democrazia «borghese», e socialista perché dovevano battersi per affermare il socialismo rovesciando la società capitalistica. Due erano le rivoluzioni da compiere, almeno in Russia, e se allora egli non si era posto il problema se vi dovesse essere un intervallo fra le due rivoluzioni, certamente il proletariato e il partito socialdemocratico dovevano essere protagonisti di entrambe le rivoluzioni. Sono i temi che si presenteranno, in forme concrete e drammatiche, nel 1917.


Materialismo ed empiriocriticismo

Nel 1909 Lenin pubblicò Materialismo ed empiriocriticismo, in polemica con il compagno di partito Aleksandr Bogdanov, uno dei fondatori del bolscevismo e dirigente della corrente di sinistra, con un ruolo preminente nel 1905), il quale sosteneva che l'unica realtà è costituita dall'esperienza e che il marxismo vada aggiornato sulla base delle conclusioni degli scienziati positivisti (Bogdanov stesso era uno scienziato). La posizione filosofica di Bogdanov venne valutata da Lenin una variante dell'empiriocriticismo di Richard Avenarius e di Ernst Mach, sebbene Bogdanov proponesse una visione parzialmente diversa, basata sull'unificazione delle esperienze psichiche e fisiche, da lui denominata empiriomonismo.


Ernst MachRestando sul solco di Plechanov, Lenin afferma che «l'unica proprietà della materia [...] è la proprietà di essere una realtà obiettiva, di esistere fuori della nostra coscienza [...]. Le nostre sensazioni, la nostra coscienza, sono solo l'immagine del mondo esterno». Pertanto, secondo Lenin, seguendo Engels, la realtà non è, come sostengono gli empiriocriticisti, «una forma organizzatrice dell'esperienza», ma è il modo di essere dell'oggetto a cui il pensiero umano si avvicina secondo una dialettica fra verità assoluta e relativa: il soggetto è il cervello umano, «materia organizzata in un certo modo», che segue le stesse leggi della materia.

Lenin sostiene questa polemica senza avere potuto conoscere tutta l'elaborazione filosofica di Marx, pubblicata dopo la sua morte. Più tardi tenterà una rifondazione teorica dei presupposti filosofici marxisti nel breve articolo Tre fonti e tre parti integranti del marxismo, dove ripete la spiegazione di Engels secondo cui il marxismo è il prodotto originale del confluire di tre grandi filoni di pensiero rappresentativi dei «punti più elevati» raggiunti dal pensiero europeo nel secolo precedente: il socialismo francese, la filosofia tedesca e l'economia inglese.

Non tutti i seguaci della politica leninista hanno condiviso tutte le riflessioni filosofiche di Lenin, in particolare la teoria del «riflesso». Il problema è il ruolo della prassi, concetto centrale nel pensiero filosofico di Marx. Se la verità è l'adeguamento del soggetto conoscente all'oggetto esistente di per sé, si contraddice forse la centralità del ruolo della prassi enunciata da Marx nelle sue Tesi su Feuerbach. Se la prassi - l'attività del soggetto sull'oggetto - è la mediazione fra conoscente e conosciuto, è il mezzo stesso del conoscere, essa diviene in Lenin una mera derivazione del riflesso.


L'imperialismo

Dal 1912 al 1916 studia il fenomeno dell'imperialismo. Già il socialdemocratico austriaco Rudolf Hilferding nel suo Il capitale finanziario, nel 1909, aveva individuato nella formazione del capitale finanziario - fusione di capitale bancario e industriale - la premessa delle politiche imperialistiche. Lenin gli rimprovera di trascurare la divisione del mercato mondiale operata dai trusts internazionali e la formazione di una classe parassitaria di possessori di reddito azionario: «il capitalismo ha la proprietà di staccare il possesso del capitale dal suo impiego nella produzione, il capitale liquido dal capitale industriale e produttivo, di separare il 'rentier', che vive soltanto del profitto tratto dal capitale liquido, dall'imprenditore [...] l'imperialismo, cioè l'egemonia del capitale finanziario, è lo stadio supremo del capitalismo in cui tale separazione assume le maggiori dimensioni».

Ne sono conseguenze i diversi fenomeni speculativi, finanziari, di Borsa, dei terreni, immobiliari. Se la forma dominante del capitale non è più quella industriale, ma è quella finanziaria, se «per il vecchio capitalismo, sotto il pieno dominio della libera concorrenza, era caratteristica l'esportazione di merci, per il nuovo capitalismo, sotto il dominio dei monopoli, è caratteristica l'esportazione del capitale [...] la necessità dell'esportazione di capitale è determinata dal fatto che in alcuni paesi il capitalismo è diventato più che maturo e al capitale [...] non rimane più un campo di investimento redditizio».

In questa fase, secondo la visione leniniana, si mostra più palesemente il carattere antisociale e l'irrazionalità del capitalismo e la conflittualità che esso provoca fra la sua necessità di profitto e i bisogni sociali della popolazione. Si può riassumere la definizione leniniana di imperialismo come «capitalismo giunto alla fase dello sviluppo in cui si è formato il dominio dei monopoli e del capitale finanziario, ha acquisito grande importanza l'esportazione dei capitali, è iniziata la divisione del mondo fra i trust internazionali e i maggiori paesi capitalistici si sono divisi l'intera superficie terrestre».

La prima guerra mondiale

Allo scoppio della prima guerra mondiale, i partiti socialisti francese e tedesco votarono i crediti di guerra, sostenendo lo sforzo bellico dei rispettivi governi; Lenin denunciò il fallimento della Seconda Internazionale, che avrebbe tradito lo spirito dell'internazionalismo: nelle conferenze di Zimmerwald, nel 1915, e di Kienthal, nel 1916, sostenne la necessità di trasformare la guerra, che definisce imperialista, in rivoluzione. Fra le parti in guerra non c'è differenza; il significato di nazionale, che ogni borghesia cerca di attribuire alla propria guerra, nasconde il reale contenuto di rapina: «La Germania si batte non per liberare ma per opprimere le nazioni. Non è compito dei socialisti aiutare il brigante più giovane e forte a depredare i briganti più vecchi e nutriti».

Si può distinguere tra guerra giusta e ingiusta: indipendentemente da colui che attacca per primo, è aggressore colui che opprime; se l'oppresso lotta contro l'oppressore, conduce una guerra giusta. La parola d'ordine della difesa della patria è legittima e progressista in caso di guerra di liberazione nazionale, ma è reazionaria nel caso di guerra imperialista: «Il periodo dal 1789 al 1871 fu l'epoca di un capitalismo progressivo in cui l'abbattimento del feudalesimo, dell'assolutismo e la liberazione dal giogo straniero erano all'ordine del giorno della storia. Su questa unica base si poteva ammettere la 'difesa della patria', cioè la lotta contro l'oppressione. Oggi si potrebbe ancora applicare questa concezione in una guerra contro le grandi potenze imperialistiche, ma sarebbe assurdo applicarla in una guerra fra queste grandi potenze, in cui si tratta di sapere chi saprà spogliare meglio i paesi balcanici, l'Asia minore ecc. [...] una classe rivoluzionaria non può, durante una guerra reazionaria, che augurarsi la sconfitta del proprio governo [...] la rivoluzione in tempo di guerra è la guerra civile; la trasformazione della guerra dei governi in guerra civile è facilitata dalla sconfitta di questi governi».


La rivoluzione del 1917

Le Tesi di aprile

Quando scoppiò la rivoluzione in Russia nel febbraio del 1917, Lenin era ancora esule in Svizzera. Rientrato a Pietroburgo il 3 aprile, con il famoso viaggio in treno, entro un vagone piombato, attraversando i territori controllati dalla Germania, tracciò per i bolscevichi, nelle Tesi di Aprile, un programma in 10 punti pubblicato il 7 aprile:

«La guerra rimane incontestabilmente una guerra imperialistica di brigantaggio, in forza del carattere capitalistico di questo governo, non è ammissibile la benché minima concessione al "difensivismo rivoluzionario" [...] Data l'innegabile buona fede di larghi strati dei rappresentanti delle masse favorevoli al difensivismo rivoluzionario, che accettano la guerra come una necessità e non per spirito di conquista, e poiché essi sono ingannati dalla borghesia, bisogna spiegar loro con particolare cura, ostinazione e pazienza, l'errore in cui cadono, svelando il legame indissolubile esistente fra il capitale e la guerra imperialistica, dimostrando che è impossibile metter fine alla guerra con una pace veramente democratica, e non imposta con la forza, senza abbattere il capitale. Organizzare la propaganda più ampia di questa posizione nell'esercito combattente. Fraternizzare».
«L'originalità dell'attuale momento in Russia consiste nel passaggio dalla prima fase della rivoluzione, che ha dato il potere alla borghesia a causa dell'insufficiente grado di coscienza e di organizzazione del proletariato, alla sua seconda fase, che deve dare il potere al proletariato e agli strati poveri dei contadini [...]».
«Non appoggiare in alcun modo il Governo provvisorio, dimostrare la completa falsità di tutte le sue promesse, soprattutto di quelle concernenti la rinuncia alle annessioni. Smascherare questo governo, invece di "rivendicare" - ciò che è inammissibile e semina illusioni - che esso, governo di capitalisti, cessi di essere imperialistico».
«Riconoscere che il nostro partito è in minoranza [...] nella maggior parte dei Soviet dei deputati operai, di fronte al blocco di tutti gli elementi opportunistici piccolo-borghesi [...] Spiegare alle masse che i Soviet dei deputati operai sono l'unica forma possibile di governo rivoluzionario [...] svolgeremo un'opera di critica e di spiegazione degli errori, sostenendo in pari tempo la necessità del passaggio di tutto il potere statale ai Soviet dei deputati operai [...]».
«Niente repubblica parlamentare - ritornare ad essa dopo i Soviet dei deputati operai sarebbe un passo indietro - ma Repubblica dei Soviet di deputati degli operai, dei salariati agricoli e dei contadini in tutto il paese, dal basso in alto. Sopprimere la polizia, l'esercito e il corpo dei funzionari. Lo stipendio dei funzionari - tutti eleggibili e revocabili in qualsiasi momento - non deve superare il salario medio di un buon operaio [...]».
«Nel programma agrario spostare il centro di gravità sui Soviet dei deputati dei salariati agricoli. Confiscare tutte le grandi proprietà fondiarie. Nazionalizzare tutte le terre del paese e metterle a disposizione di Soviet locali di deputati dei salariati agricoli e dei contadini. Costituire i Soviet dei deputati dei contadini poveri [...]».
«Fusione immediata di tutte le banche del paese in un'unica banca nazionale, posta sotto il controllo dei Soviet dei deputati operai».
«Il nostro compito immediato non è l'"instaurazione" del socialismo, ma, per ora, soltanto il passaggio al controllo della produzione sociale e della ripartizione dei prodotti da parte dei Soviet dei deputati operai».
«Compiti del partito: convocare immediatamente il congresso del partito; modificare il programma del partito, principalmente: sull'imperialismo e sulla guerra imperialistica; sull'atteggiamento verso lo Stato e sulla nostra rivendicazione dello "Stato-Comune"; emendare il programma minimo, ormai invecchiato; cambiare il nome del partito».
«Rinnovare l'Internazionale [...]».
Le tesi di Lenin disorientarono i suoi compagni di partito che, nella prima riunione del comitato di partito di Pietrogrado, l'8 aprile, le respinsero a larghissima maggioranza: essi non riuscivano a concepire, nell'attuale momento, la possibilità di una trasformazione in rivoluzione socialista della rivoluzione borghese, che essi ritenevano appena iniziata e bisognosa di un lungo tempo per dare alla Russia le strutture democratiche. Come i menscevichi, essi ritenevano che i Soviet dovessero limitarsi a esercitare un controllo sull'attività del Governo provvisorio, espressione della borghesia imprenditoriale. Ma già alla conferenza del partito della capitale, tenuta il 14 aprile, e in quella panrussa del 24 aprile, le tesi di Lenin guadagnarono l'approvazione della grande maggioranza dei delegati: in essa si condannava il Governo per la sua collaborazione con «la controrivoluzione dei borghesi e dei latifondisti» e impegnava il partito a realizzare «il rapido passaggio di tutti i poteri statali ai Soviet dei deputati degli operai e dei soldati» e alle altre forme di potere, quale l'Assemblea costituente.

Con la caduta del primo Governo provvisorio e la costituzione, in maggio, di un nuovo governo costituito da una coalizione di cadetti - il partito della grande borghesia - e di socialisti moderati, espressione dei Soviet, si era cercato di risolvere il dualismo dei poteri esistente tra Governo e Soviet: in realtà, il Governo era intenzionato a proseguire, a fianco degli Inglesi e dei Francesi che avevano largamente investito capitali nelle industrie russe, una guerra da cui si ripromettevano grandi conquiste territoriali, senza risolversi ad attuare una riforma agraria, dati i contrasti esistenti in proposito fra cadetti e socialisti.

Il 3 luglio si svolse a Vyborg, sobborgo operaio di Pietrogrado, una manifestazione spontanea di centinaia di migliaia di operai e di soldati della guarnigione della capitale. La presenza dei militari rischia di trasformare la manifestazione, indetta ancora per il giorno successivo, in una rivolta che i bolscevichi intendono scongiurare, giudicandola del tutto prematura; a questo scopo, il giorno dopo, vi aderiscono ufficialmente con l'intenzione di controllarla, limitandone gli slogans alla richiesta della pace e del passaggio del potere ai Soviet. Il 4 luglio si accesero sparatorie fra cosacchi e allievi ufficiali, fedeli al governo, e soldati manifestanti, con decine di morti: i manifestanti sono dispersi, le sedi del partito e dei giornali bolscevichi chiuse, diversi dirigenti arrestati. Non Lenin che, accusato di aver organizzato una sommossa e persino di essere una spia tedesca, si nascose prima nella stessa Pietrorado, poi, dal 12 luglio, in una capanna presso Razliv e, dal 22 agosto, a Helsingfors, in Finlandia, allora regione dell'Impero russo.

Stato e rivoluzione

Seguendo Marx ed Engels, Lenin sostiene che lo Stato - qualunque Stato - è l'organo con il quale la classe dominante esercita il suo potere: «la dittatura di una sola classe è necessaria non solo per ogni società classista in generale, non solo per il proletariato dopo aver abbattuto la borghesia, ma per l'intero periodo storico che separa il capitalismo dalla "società senza classi", dal comunismo. Le forme degli Stati borghesi sono straordinariamente varie, ma la loro sostanza è unica: tutti questi Stati sono [...] una dittatura della borghesia. Il passaggio dal capitalismo al comunismo, naturalmente, non può non produrre un'enorme abbondanza e varietà di forme politiche, ma la sostanza sarà inevitabilmente una sola: la dittatura del proletariato».

Come una democrazia borghese resta, secondo Lenin, una forma di dittatura esercitata con i mezzi dello Stato, così anche una democrazia socialista sarà una dittatura del proletariato: «la democrazia non si identifica con la sottomissione delle minoranza alla maggioranza. La democrazia è uno Stato che riconosce la sottomissione della minoranza alla maggioranza, cioè l'organizzazione sistematica della violenza esercitata da una classe contro un'altra, da una parte della popolazione contro l'altra».

A differenza dello società borghese, che considera lo Stato una necessità permanente per la sua esistenza, nella società socialista lo Stato è destinato a estinguersi e dovrà essere organizzato in modo che cominci a estinguersi: «Noi ci assegniamo come scopo finale la soppressione dello Stato, cioè di ogni forma organizzata e sistematica di ogni violenza esercitata contro gli uomini in generale. Noi non auspichiamo l'avvento di un ordinamento sociale in cui non venga osservato il principio della sottomissione della minoranza alla maggioranza. Ma, aspirando al socialismo, abbiamo la convinzione che esso si trasformerà in comunismo, e che scomparirà quindi ogni necessità di ricorrere in generale alla violenza contro gli uomini [...] perché gli uomini si abitueranno a osservare le condizioni elementari della convivenza sociale, senza violenza e senza sottomissione».

L'ottobre

Il tentativo controrivoluzionario del generale Kornilov, che tentò di ripristinare il vecchio regime con la connivenza dei grandi industriali e del partito dei cadetti, per quanto sventato, compromise definitivamente la credibilità del Governo provvisorio di Kerenskij a favore dei Soviet e degli stessi bolscevichi, che avevano sempre appoggiato il passaggio del potere agli organismi popolari e risultavano ora il primo partito nei Soviet di Pietrogrado e di Mosca. Tutti i dirigenti bolscevichi arrestati vennero rilasciati mentre Lenin, dalla clandestinità, fece pubblicare il 6 settembre l'articolo Sui compromessi, [6] proponendo la formazione di un governo di menscevichi e SR che goda della fiducia dei Soviet e che abbia un programma democratico avanzato. La proposta viene accettata il 13 settembre dal Comitato centrale del partito. Il 14 si apriva a Pietrogrado la Conferenza democratica, che avrebbe dovuto discutere della formazione di un nuovo governo e degli assetti istituzionali della Repubblica russa ma non riuscì a prendere nessuna decisione; intanto, attraverso due nuove lettere, I bolscevichi devono prendere il potere e Il marxismo e l'insurrezione, Lenin, paventando che reazionari e moderati intendessero abbandonare la capitale nelle mani dei tedeschi per soffocare la rivoluzione, e giudicando ormai mature le condizioni, proponeva improvvisamente ai compagni di partito di preparare segretamente e in tempi brevi l'insurrezione armata, rifiutando ogni compromesso, definito «cretinismo parlamentare», con la Conferenza democratica. Il Comitato centrale bolscevico respinse tuttavia la sua proposta.

Lenin rientrò allora clandestinamente a Pietrogrado il 9 ottobre: nella riunione del 10 la maggioranza si rovescia a suo favore, e il partito decide di preparare l'insurrezione armata: una grave difficoltà viene creata il 18 ottobre con la pubblicazione sulla rivista «Novaja Žizn'» di una lettera inviata da Kamenev che, in disaccordo con la maggioranza, rende di dominio pubblica la preparazione dell'insurrezione; il dissidio tuttavia rientra e il partito organizza, per la prima volta nella sua storia, un Politburo incaricato di sovrintendere l'insurrezione, mentre il Soviet di Pietrogrado, a maggioranza bolscevica, costituisce un Comitato militare rivoluzionario. All'alba del 25 ottobre 1917, le guardie rosse, milizie operaie bolsceviche, e i reggimenti della guarnigione della capitale, occupano i punti strategici della città e il Palazzo d'Inverno, sede del governo, arrestando alcuni ministri: altri, fra cui Kerenskij, riescono a fuggire. La «Rivoluzione d'ottobre» ha vinto senza quasi incontrare resistenza.


La conquista del potere

Il 26 ottobre [7] il II Congresso panrusso dei Soviet degli operai e dei soldati dichiara decaduto il governo provvisorio di Kerenskij, approva i decreti sulla pace e sulla terra: vengono confiscate senza indennizzo le terre dei proprietari fondiari e della Chiesa; ratifica la nomina del nuovo governo – il Consiglio dei commissari del popolo (Sovnarchom) – a capo del quale è Lenin ed è costituito da soli bolscevichi – e nomina il Comitato esecutivo centrale panrusso (VCIK), organo facente funzione di parlamento, che è composto di 101 rappresentanti, dei quali, per il ritiro dei Socialisti rivoluzionari (SR) di destra e della maggioranza dei menscevichi dal Congresso dei Soviet, [8] 62 sono bolscevichi, 29 SR di sinistra e 10 menscevichi internazionalisti; per attività controrivoluzionaria vengono soppressi dal Comitato militare rivoluzionario i quotidiani Birževye Vedomosti (Informazioni della borsa), Den (Il Giorno), giornale menscevico finanziato dalle banche, Novoe Vremja (Il tempo nuovo) e Russkaja Volja (La volontà russa), di estrema destra, Russkie Vedomosti (Informazioni russe) e Reč (Il discorso), organi dei cadetti.

Superato il primo momento di sorpresa, si organizza la reazione: il 27 ottobre il generale Duchonin, nel suo Quartier generale di Mogilëv, si nomina capo dell’esercito e prende contatto con Kerenskij il quale, con le truppe del generale Krasnov, marcia su Pietrogrado; il generale Kaledin controlla il sud della Russia dove ha costituito una "Repubblica dei cosacchi" mentre una parte dell’Ucraina si costituisce in Repubblica indipendente con capitale Kiev. A Mosca, il colonnello Rjabtsev, comandante del Distretto militare, occupa il Cremlino uccidendo centinaia di soldati disarmati[citazione necessaria]: la guerra civile è di fatto iniziata.

Il generale Duchonin, destituito da Lenin, che pone al suo posto il sottotenente Krylenko, rifiuta di chiedere l'armistizio ai tedeschi e fa liberare i generali golpisti Kornilov, Denikin, Lukomskij e Romanovskij. Prima ancora che Krylenko e le sue truppe giungano a Mogilëv, Duchonin è arrestato e fucilato dai suoi stessi soldati. Intanto, le truppe di Krasnov sono battute e si sbandano: Kerenskij fugge, mentre il generale Krasnov, catturato e rilasciato sulla parola di non combattere più contro la Rivoluzione, va nel bacino del Don dove riorganizza un nuovo esercito controrivoluzionario.

Mentre si costituiscono, dal 28 ottobre, milizie operaie alle dirette dipendenze del Soviet, un decreto del 10 novembre stabilisce, per eliminare ogni formale distinzione di classe sociale, l'abrogazione di ogni privilegio, dei gradi civili, dei titoli nobiliari e onorifici, e si afferma l'eguaglianza dei diritti fra uomini e donne.

Il 12 novembre si tengono le elezioni, che si svolgono suffragio universale, per la elezione dei membri dell'Assemblea Costituente, avente lo scopo di redigere la nuova costituzione della Russia: su 707 seggi, i SR ne ottengono 410, il 58%, i bolscevichi 175, il 25%, i partiti nazionalisti 86, il 9%, i cadetti 17 e i menscevichi 16, il 4% ciascuno. Se per i bolscevichi le elezioni sono una sconfitta, in parte prevista, il clamoroso successo dei SR è in realtà solo apparente: già solo due giorni dopo, al Congresso panrusso dei Soviet dei contadini, i SR si scindono in due frazioni, delle quali l'ala sinistra ottiene la maggioranza. Il VCIK viene allargato da 108 membri a 350 (poi ridotti a 200) divenendo il Comitato esecutivo centrale panrusso degli operai, dei soldati e dei contadini e tre esponenti della sinistra SR entrano a far parte del governo. Il 22 novembre vengono aboliti i precedenti organismi giudiziari e tutte le leggi incompatibili con il nuovo regime; al loro posto si costituiscono tribunali popolari locali, eletti dai Soviet cittadini. Il 6 dicembre vengono requisite le grandi abitazioni, il 7 dicembre viene costituita la Čeka (Commissione straordinaria), diretta da Dzeržinskij, incaricata di condurre la lotta contro la controrivoluzione e il boicottaggio e il 27 dicembre vengono nazionalizzate le banche.

L'Assemblea costituente

La convocazione dell'Assemblea costituente, così come si era costituita in base al risultato elettorale, avrebbe legittimato un'opposizione al regime dei Soviet e del governo bolscevico e infatti tutti i partiti antibolscevichi richiesero l'apertura dei suoi lavori. Lenin affrontò il problema con le sue Tesi sull'Assemblea Costituente, apparse sulla Pravda del 13 dicembre 1917. [9] Se è vero che «in una Repubblica borghese l'Assemblea costituente è la forma più alta di democrazia» è anche vero, secondo Lenin, che tutte le forze socialdemocratiche le avevano opposto la Repubblica fondata sui Soviet come «una forma di democrazia più elevata» e «l'unica forma capace di assicurare il passaggio al socialismo nel modo meno doloroso». pertanto, richiedere la convocazione dell'Assemblea significava significava rifiutare il passaggio al socialismo, rimanendo «nell'ambito della democrazia borghese», proprio ora che la Rivoluzione d'ottobre aveva «strappato il dominio politico dalle mani della borghesia per darlo al proletariato e ai contadini poveri». Secondo Lenin, «la guerra civile, cominciata con l'insurrezione controrivoluzionaria dei cadetti e dei seguaci di Kaledin [...] ha inasprito la lotta di classe e ha eliminato ogni possibilità di risolvere, per una via formalmente democratica», i problemi della Russia.

Già dal febbraio 1917 la Rivoluzione antizarista aveva vissuto il dualismo dei poteri del Governo provvisorio liberale e del Soviet socialista: ora il governo bolscevico era deciso a risolverlo. Il sovnarchom convocò l'Assemblea costituente per il 5 gennaio 1918, mentre il VCIK, convocando il III Congresso panrusso dei Soviet per l'8 gennaio, preparò un progetto di Dichiarazione dei Diritti del Popolo Oppresso e Sfruttato, che l'Assemblea costituente avrebbe dovuto approvare, che all'articolo 1° del I paragrafo recitava: «La Russia è una Repubblica di Soviet dei deputati degli operai, dei soldati e dei contadini. Tutti i poteri, centrali e locali, appartengono a questi Soviet», e al IV paragrafo affermava che «L'Assemblea costituente, appoggiando il potere sovietico e i decreti del Sovnarchom, ritiene di esaurire i propri compiti, stabilendo le basi fondamentali della trasformazione socialista della società».

L'Assemblea respinse a grande maggioranza la Dichiarazione e continuò i suoi lavori per tutta la notte finché, all'alba del 6 gennaio, la minoranza bolscevica e SR di sinistra abbandonarono la seduta. A quel punto, il comandante della guardia, il marinaio Železnjakov, fa presente al presidente dell'Assemblea, Černov, che «la guardia è stanca» e l'Assemblea va chiusa. Così fu e la Costituente non si riunì più. [10]

Il 20 gennaio 1918 il governo emise il decreto con il quale viene riconosciuta a tutti i cittadini la libertà di coscienza - in particolare la libertà di professare qualunque religione - e, avendo stabilito il principio della separazione fra Stato e Chiesa, si abrogano, oltre i priviligi di cui al decreto del 10 novembre, anche i sussidi statali di cui la Chiesa godeva. L'insegnamento della religione ortodossa, già obbligatorio nelle scuole statali, è abolito.


Il trattato di pace

Dopo lunghi e duri contrasti in seno al partito, nel quale Lenin, che chiedeva di raggiungere la pace al più presto, è posto più volte in minoranza, il 3 marzo il governo russo stipula, con il Trattato di Brest-Litovsk, la pace con gli Imperi Centrali a condizioni durissime: la Russia deve cedere la Polonia, la Lituania, la Lettonia, l'Estonia, la Finlandia, parte della Bielorussia, alcuni territori alla Turchia, riconoscere la Rada ucraina, pagare 6 miliardi di marchi e smobilitare l'esercito e la marina. I SR di sinistra non solo lasciano il governo ma si avviano a una politica di netta opposizione.



Il 14 giugno 1918 il VCIK espulse i menscevichi e i SR di destra e chiede ai soviet locali di fare altrettanto. Il 6 luglio l'ambasciatore tedesco a Mosca, Wilhelm von Mirbach-Harff, è assassinato da due SR, membri della Čeka, allo scopo di provocare l’intervento dell’esercito tedesco in appoggio al contemporaneo tentativo insurrezionale della capitale: l’operazione è finanziata dalla Francia. La maggior parte dei delegati SR al V Congresso panrusso dei Soviet, compresa la dirigente SR Marija Spiridonova, vengono arrestati e 13 SR, membri della Čeka, sono fucilati. La Spiridonova confessa di essere la mandante dell’omicidio ma, riconosciuta inferma di mente, viene liberata qualche mese dopo.

Con l’aperto intervento straniero in appoggio alla rivolta zarista, la posizione politica dei menscevichi e dei SR diviene delicata: essi non potevano sperare nulla da una vittoria dei "Bianchi" né rimanere indifferenti di fronte all’invasione straniera. Il congresso menscevico tenuto a Mosca alla fine dell’ottobre 1918 riconosce la «necessità storica» della Rivoluzione d’ottobre, rifiuta ogni collaborazione con la controrivoluzione, promette di appoggiare le operazioni militari contro gli stranieri e chiede la fine della repressione poliziesca e del «terrore politico ed economico». Analogamente stabiliva il congresso SR tenuto a Pietrogrado nel febbraio 1919, cosicché il VCIK riammise, rispettivamente il 30 novembre 1918 e il 25 febbraio 1919 le due formazioni politiche Ciò non toglie che la Čeka continuasse a rendere difficile, con arresti e perquisizioni, la vita dei dirigenti dei due partiti, Dan, Martov, Cernov, che infatti finirono per emigrare.


La Costituzione della RSFSR


Il 10 luglio 1918 entra in vigore la nuova Costituzione: i primi due articoli stabiliscono che la Russia è «una Repubblica di Soviet dei deputati degli operai, dei soldati e dei contadini», i quali appartengono i poteri centrali e locali, «istituita sulla base di una libera unione di nazioni libere, come federazione di repubbliche nazionali sovietiche». L'articolo 3 delibera che, proponendosi la soppressione di «ogni sfruttamento dell'uomo sull'uomo, l'annullamento completo della divisione della società in classi, lo sterminio completo degli sfruttatori» e l'edificazione del socialismo, «la proprietà privata della terra è abolita»; riafferma il «controllo operaio» sulle fabbriche «per assicurare il potere dei lavoratori sugli sfruttatori»; annulla tutti i prestiti contratti dal governo zarista, «primo colpo portato al capitale finanziario internazionale delle banche», che sono nazionalizzate; stabilisce il lavoro obbligatorio «per annientare le classi parassite della società»; decreta «l'armamento degli operai e dei contadini, la formazione dell'Armata rossa socialista degli operai e dei contadini e il disarmo completo delle classi possidenti».

L'articolo 65 stabilisce che non possono essere né elettori né eleggibili «a) le persone che impiegano salariati con lo scopo di aumentare il loro profitto; b) le persone che vivono di redditi non derivanti dsl loro lavoro, come: rendite utili su fabbricati, profitti su immobili, ecc.; c) i commercianti privati e i mediatori di commercio; d) i frati, i cppellani di culto e delle chiese; e) gli impiegati e gli agenti della vecchia polizia, del corpo scelto dei gendarmi, delle sezioni della polizia segreta e i membri delle ex-famiglie regnanti; f) gli alienati, i deboli di mente e le persone sotto tutela; g) i condannati per furto e delitti infamanti».

Il Terrore rosso

In concomitanza con l'avvicinarsi di truppe controrivoluzionarie cecoslovacche a Ekaterinburg, dove erano agli arresti i Romanov, il 16 luglio il Governo ordina l'uccisione della famiglia imperiale, i cui corpi, sepolti nei pressi, saranno ritrovati dopo la fine dell'URSS: l'ex-zar Nicola Romanov, del quale furono riconosciuti alcuni resti, è ora venerato come santo dalla Chiesa ortodossa.

Ai primi di agosto lasciano la Russia gli ambasciatori delle potenze dell'Intesa, che decide di appoggiare direttamente la controrivoluzione: il 15 agosto 1918 truppe inglesi e americane sbarcano ad Archangelsk e a Murmansk, mentre il 30, a Mosca, la SR Fanny Kaplan, con due colpi di rivoltella, ferisce gravemente Lenin e a Pietrogrado è ucciso il dirigente della Čeka Uritskij. Il Governo concede alla Čeka un'autorità illimitata, autorizzando la fucilazione senza processo di tutti i criminali politici e degli speculatori, l'arresto dei SR di destra, la presa di ostaggi fra i «borghesi» e gli ufficiali: il 7 settembre vengono rese note 512 fucilazioni a Pietrogrado, un centinaio a Kronštadt, 60 a Mosca, 86 a Perm, 41 a Nižnij-Novgorod.

Il VCIK, il 25 ottobre, dichiara che «vista la situazione, il terrore, come mezzo di sicurezza, s'impone. È indispensabile, se si vuole salvare la repubblica sovietica contro i suoi nemici, isolare questi ultimi in campi di concentramento e fucilare tutti coloro che saranno sorpresi nelle organizzazioni, nei complotti e nelle sommosse delle guardie bianche».

Il comunismo di guerra

Nel corso del 1918 era scoppiata la guerra civile tra le "armate bianche", che lottavano per la restaurazione dell'impero zarista (esse trovarono in alcune zone l'iniziale appoggio delle masse rurali contrarie alle requisizione effettuate dal governo sovietico, ma poi lo persero per la volontà dei "bianchi" di restaurare sistematicamente nei territori conquistati tutti gli antichi privilegi della nobiltà e del clero), e le "armate rosse" comuniste. Le armate bianche erano finanziate e appoggiate militarmente dalle potenze dell'Intesa (Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia, Giappone e Italia), contrarie alla nascita di uno stato anticapitalista. Le armate rosse dovevano anche affrontare una guerra contro la Polonia per il possesso di ampie zone di confine (che si concluderà col trattato di Riga del 1921) e le numerose sommosse anti-comuniste promosse da contadini, menscevichi e populisti.

In conseguenza della situazione precaria, Lenin (con l'appoggio degli altri dirigenti del partito bolscevico), al fine di poter vincere la guerra e poter quindi realizzare la rivoluzione socialista e l'eliminazione della "classe borghese", autorizzò la promulgazione e l'attuazione di una serie di provvedimenti (in vigore tra il 1918 ed il 1921), che vanno complessivamente sotto il nome di "comunismo di guerra".

Vengono decisi il razionamento delle derrate alimentari e la requisizione forzata delle eccedenze cerealicole dei contadini (la popolazione rurale rispose con sollevazioni ai tentativi del governo di sequestrare le derrate agricole, le quali furono duramente represse), il che, in comune con i danni causati dagli scontri della guerra civile e dalla prima guerra mondiale, provocherà carestie che provocarono (tra il 1918 ed il 1922) la morte di un numero di persone stimato fra i 2 ed i 5 milioni, soprattutto tra le più indigenti.

Il comunismo di guerra consistette principalmente nel controllo statale della produzione (per fini bellici) e della distribuzione di alimenti e prodotti (che dovevano essere razionati per le esigenze legate alla guerra). La politica di razionamenti avrebbe determinato la crisi dell'economia di scambio basata sulla moneta a favore di una forma di economia basata sul baratto (il governo russo ovvierà a tale situazione a partire dal 1921).

Per le esigenze legate alla produzione bellica, viene vietato lo sciopero e viene attuata la militarizzazione del lavoro, con turni di lavoro forzato.

Per impedire la diffusione tra il popolo di idee controrivoluzionarie ritenute "pericolose", viene soppressa la libertà d'opinione, viene reintrodotta (essa era stata abrogata subito dopo la rivoluzione d'ottobre) la pena di morte (per il solo ma vago reato di "controrivoluzione"), viene abolita la libertà di stampa (con conseguente ufficializzazione della censura, già praticata), si inizia la persecuzione di tutti coloro che vengono considerati "non lavoratori" e amplissimi poteri vengono dati alla čeka, la polizia politica che diviene il simbolo della repressione leniniana (il cosiddetto "terrore rosso", che determinò la morte o la detenzione di migliaia di civili; Lenin, basandosi sull'esperienza francese, considerava il terrore indispensabile per la realizzazione di una qualsiasi rivoluzione)


La NEP

Col decimo congresso del Partito comunista nel marzo 1921, Lenin annuncia l'abbandono del "comunismo di guerra" e l'inizio la "Nuova Politica Economica" (NEP). Egli rinuncia alla realizzazione immediata di un sistema economico pianificato (di cui era possibile ravvisare alcuni elementi già durante il periodo del "comunismo di guerra" ed in quello immediatamente precedente), giudicando non pronta la popolazione: si ha la sostituzione delle requisizioni ai contadini con un'imposta in natura, la restaurazione della libertà di commercio e della proprietà privata delle piccole e medie imprese, l'abolizione del controllo operaio, la reintroduzione del cottimo e il ristabilimento dell'azione sindacale. La scelta di abbandonare il comunismo di guerra viene presa dopo una serie di ribellioni operaie e dopo l'ammutinamento della base navale di Kronstadt (tra l'1 e il 17 marzo 1921), i cui soldati erano stati determinanti nella presa di Pietrogrado durante la rivoluzione d'ottobre. Il bombardamento della base di Kronstadt da parte dell'Armata Rossa di Lev Trotskij è visto da alcuni storici come l'evento che pone fine al periodo rivoluzionario in Russia.

Gli ultimi anni e la morte

Al X congresso del partito viene decisa la lotta al "frazionismo" e si istituzionalizza il divieto di creare correnti in seno al partito. In tale occasione, il partito viene epurato di circa un terzo dei suoi membri e viene attribuita alla Segreteria di Partito il potere di scegliere i delegati al congresso dei soviet.

Nel 1921 si ha la reintroduzione nelle scuole dei sistemi educativi tradizionali, integrati colla propaganda di partito.[14] Si ha inoltre la creazione di associazioni giovanili a carattere ideologico socialista: i "Pionieri" (cui sono iscritti i bambini sino ai 15 anni) e la "Gioventù Comunista" o "Komsomol" (cui sono iscritti i ragazzi al di sopra dei 15 anni), che seleziona i candidati al partito (nella fase iniziale queste organizzazioni non erano di massa).[14]

Il 6 febbraio 1922 la Cheka viene sciolta e sostituita dalla Gpu, una nuova polizia politica che nasce ufficialmente per ripristinare la "legalità rivoluzionaria" e per porre fine alle procedure extragiudiziarie. Tuttavia, la Gpu mantiene gli organici della Cheka ed ottiene la facoltà di poter punire (anche colla morte) senza processo tutti coloro che vengono considerati responsabili di "banditismo" (16 ottobre ).

Nel marzo viene decisa la requisizione degli oggetti di culto preziosi appartenenti al clero, ufficialmente allo scopo di rimediare agli effetti della carestie che si erano accompagnate durante la guerra. Tuttavia, molti ritengono che tale provvedimento fosse in realtà finalizzato a provocare la reazione degli ecclesiastici (che consideravano i paramenti liturgici sacri), per poterli perseguitare "con ragione". Infatti si ebbero circa un migliaio di episodi di "resistenza", a seguito dei quali i Tribunali rivoluzionari comminarono la pena di morte a 28 vescovi e 1215 preti e la pena detentiva a circa 100 vescovi e diecimila preti.[14] In tutto, durante tale "iniziativa", vennero uccisi circa ottomila membri del clero. In dicembre viene organizzata una campagna pubblica per irridere il Natale; simili manifestazioni si avranno l'anno seguente anche in occasione della pasqua e della festa ebraica del Yom Kippur.

Nel medesimo anno viene creata la carica di Segretario Generale del partito (che viene ricoperta da Stalin).

Il 30 dicembre la Russia si trasforma in Unione Sovietica (il Partito Comunista Russo diventerà Partito Comunista dell'Unione Sovietica).

Lenin spese gli ultimi anni della propria vita, una volta conclusa la guerra e resosi conto delle proprie precarie condizioni di salute, principalmente nel cercare di designare il suo "successore" alla guida del partito.


Il corpo di Lenin nel MausoleoSubisce il primo attacco della sua malattia il 25 maggio 1922 (un ictus che comporta un parziale deficit del lato destro del corpo, tanto che è costretto a imparare a scrivere con la sinistra); solo il 2 ottobre comincia a tornare all'attività ma il 16 dicembre subirà un secondo attacco, il 23 dicembre riprende forze e lucidità ma le sue condizioni si aggravarono progressivamente, dal 6 marzo 1923 non è più in grado di comunicare, fino alla completa paralisi ed alla morte il 24 gennaio 1924[15].

Data la giovane età di Lenin (aveva solo 53 anni alla data della morte), si sono diffuse nel tempo diverse teorie riguardanti la morte di Lenin: vi fu e vi è chi sostiene che la causa della prematura morte di questi sia da rintracciare in una forma di sifilide. A seguito di un'autopsia compiuta sul cadavere (poco tempo dopo dal decesso) per conto del governo russo, la causa ufficiale della morte venne identificata in un'arteriosclerosi cerebrale. Tuttavia solo 8 dei 27 medici curanti concordarono che l'arteriosclerosi era la vera causa della morte e perciò solo costoro firmarono il referto autoptico.

Il culto della salma

Al momento della morte, la vedova dichiarò che il desiderio di Lenin era di essere sepolto accanto alla madre, ma Stalin e soprattutto Felix Dzerzhinsky, capo della polizia segreta, la famigerata Čeka, vollero fare del suo corpo un simbolo da esporre e da venerare in un apposito mausoleo ai piedi delle mura del Cremlino. All'inizio si pensò di congelare il corpo, ma il rapido deteriorarsi nell'attesa che venisse costruita un'apposita camera refrigerata ne rese necessaria l'imbalsamazione.

L'anatomista ucraino Vladimir Vorobiov e il dottor Boris Zbarsky, a capo di un gruppo di medici, utilizzarono una tecnica che non è stata ancora completamente svelata. Da più di ottant'anni la salma viene fatta oggetto di trattamenti periodici e attenzioni costanti affinché conservi sempre un aspetto "da vivente": oltre ad essere ispezionata settimanalmente per rivelare eventuali tracce di muffa o fenomeni degenerativi, ogni anno e mezzo viene immersa per trenta giorni in un bagno di glicerolo e acetato di potassio (ma è verosimile che venga aggiunto qualche altro componente tenuto ancora segreto).

Il trattamento è stato interrotto solo una volta, dal 1941 al 1945 quando, con l'esercito tedesco alle porte, la salma è stata nascosta in Siberia in un anonimo deposito, pur venendo sempre controllata dall'apposita équipe di medici.

La stessa équipe si occupò nel 1952 dell'imbalsamazione della salma di Stalin, che per otto anni condivise il mausoleo con Lenin. Poi, a seguito delle mutate condizioni politiche, questa venne sepolta sotto le mura del Cremlino.

Con il crollo dell'Unione Sovietica, i fondi governativi destinati alla costosa manutenzione della salma di Lenin si sono assottigliati, ma il culto continua tuttora, verosimilmente grazie a donazioni di facoltosi privati. Di recente è stata ventilata la possibilità che anche la salma di Lenin venga inumata
 
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lotusflower
view post Posted on 26/8/2008, 10:29




veramente uomo di ferro è stali, lenin viene dal fiume lena, presso il quale era deportato-
 
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Valko Cervenkov
view post Posted on 26/8/2008, 10:33




che dire sul grande Lenin
 
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MA07
view post Posted on 30/8/2008, 12:24




Sottoscrivo la grandezza del più grande rivoluzionario marxista.
Tuttavia, non credo sia giusto marxianamente parlando inconizzarlo..
sono per una visione più majakovskjana di Lenin.
"Era un uomo umano, in ogni vena. / Portate la sua bara e struggetevi per l'angoscia / uomini"
 
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vopos
view post Posted on 30/8/2008, 19:51




CITAZIONE (MA07 @ 30/8/2008, 13:24)
Sottoscrivo la grandezza del più grande rivoluzionario marxista.
Tuttavia, non credo sia giusto marxianamente parlando inconizzarlo..
sono per una visione più majakovskjana di Lenin.
"Era un uomo umano, in ogni vena. / Portate la sua bara e struggetevi per l'angoscia / uomini"

neanche le sue volontà finali sono state eseguite.. ora il suo corpo è un'attrazione da museo una mummia imbalsamata!
un uomo come Lenin che ha dato molto e anche di più alla classe operaia avrebbe meritato maggior rispetto! manco a dirlo la colpa è del baffo <_<

 
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Valko Cervenkov
view post Posted on 30/8/2008, 20:05




CITAZIONE
manco a dirlo la colpa è del baffo

smentisco le tue infamità con le porole degli stessi Trotzki e Lenin:

Trotszky sul cosiddetto "Testamento di Lenin"
Vladimir Ilic non ha lasciato nessun “testamento”, e lo stesso carattere dei suoi rapporti col partito, come il carattere del partito stesso, escludevano la possibilità di un tale “testamento”. La stampa dell’emigrazione, la stampa estera borghese e quella menscevica di solito ricordano come “testamento” una lettera di Vladimir Ilic (tanto alterata da essere irriconoscibile) contenente consigli di carattere organizzativo. Il XIII Congresso ha esaminato con grande attenzione anche questa lettera, come tutte le altre, e ne ha tratto le conclusioni conformi alle condizioni e alle circostanze del momento. Qualsiasi chiacchiera sull’occultamento o sulla violazione del “testamento” è una maligna invenzione ed è interamente diretta contro l’effettiva volontà di Vladimir Ilic e gli interessi del partito da lui creato.
L. Trotski Articolo “A proposito del libro di Eastman – Dopo la morte di Lenin – Bolscevik n°16, 1° settembre 1925

UN passo FONDAMENTALE dal cosiddetto "Testamento di Lenin":
“Non mi dilungherò sulle caratteristiche personali degli altri membri del CC. Ricordo soltanto che l’episodio di ottobre di Zinoviev e Kamenev non è naturalmente dovuto al caso, ma lo si può ascrivere a loro colpa personale tanto poco quanto a Trotski il suo non bolscevismo ”..
 
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MA07
view post Posted on 30/8/2008, 21:45




Quanto siete ridicoli voi stalinisti.

http://www.marxists.org/italiano/lenin/192.../testamento.htm

ma cosa vi raccontano in sezione?
 
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Valko Cervenkov
view post Posted on 31/8/2008, 10:06




CITAZIONE
Quanto siete ridicoli voi stalinisti.

Nell’articolo Sul significato politico delle ingiurie Lenin ha detto: “[...] in politica le ingiurie nascondono frequentemente l’assenza di idee e l’impotenza totale, l’impotenza rabbiosa degli insolenti

 
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Zinov'ev
view post Posted on 9/9/2008, 13:02




Valko, ma taci! Negate anche l'evidenza. Siete degli anticapitalisti ora, voi stalinisti, ma nemici di classe, dopo la rivoluzione!
 
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MA07
view post Posted on 9/9/2008, 13:15




Sottoscrivo il commento di Zinoviev.
 
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Valko Cervenkov
view post Posted on 9/9/2008, 13:16




l’impotenza rabbiosa degli insolenti
 
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leo nucleo s.
view post Posted on 16/10/2008, 19:43




e smettetela co ste cose,se parla di mao e scappa fori troski e stalin,si parla dei bolscevichi e scappa fori troski e stalin,si parla de do anna a magna e chi riscappa fori?troski e stalin...che palle sto teatrino.
qui sotto riporto un passo tratto dalla poesia Vladimir Ilic Lenin di majakovskij:
stelle a cinque punte
hanno marchiato sulle nostre schiene
i condottieri di pan
Vivi,
fino alla testa,
c'hanno interrato le bande
di Mamontov.
Nei forni delle locomotive
c'hanno arrostito i giapponesi,
empiendoci la bocca di piombo e di stagno.
"Abiurate!"ruggivano,
ma dalle
strozze arse
solo tre parole:
"Viva il comunismo!"


 
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Josif Vissarionovic Dzugasvili
view post Posted on 8/11/2008, 17:01




"Lenin non poteva fare a meno di Stalin neppure per un solo giorno - scrisse Pestkovski -. Durante la giornata lo chiamava un numero infinito di volte oppure compariva nell'ufficio mio e di Stalin e se lo portava via. Stalin passava la maggior parte delle ore con Lenin nello studio di quest'ultimo"

H. Montgomery Hyde, Stalin, Ed. Dall'Oglio, pag. 162
 
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Sakiemi
view post Posted on 13/11/2008, 18:06




Viva Lenin, il vero padre dei popoli e della rivoluzione, altro che Stalin...
 
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Aleninche
view post Posted on 6/12/2008, 00:25




CITAZIONE
Viva Lenin, il vero padre dei popoli e della rivoluzione, altro che Stalin...

Ben detto Pasquale!! Mi hai tolto le parole di bocca!! ;)
Quoto!
 
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46 replies since 25/8/2008, 22:00   4598 views
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